Questo “rischio” si potrebbe concretizzare nel caso in cui una società italiana dovesse disporre nello stato estero di una struttura organizzativa, materiale e/o personale, per mezzo della quale l'impresa stessa eserciti la propria attività.
L’art. 7 del modello di convenzione OCSE (Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico), rubricato “Redditi di Impresa”, stabilisce il principio secondo il quale gli utili di un’impresa residente di uno Stato contraente sono imponibili soltanto in detto Stato, a meno che l’impresa non svolga la sua attività nell’altro Stato contraente per mezzo di una stabile organizzazione ivi situata. Se così fosse, gli utili di quell’impresa sarebbero imponibili anche nell’altro Stato limitatamente alla porzione di essi attribuibile alla stabile organizzazione.
Per procedere alla verifica della sussistenza di una stabile organizzazione è necessario fare riferimento a quanto statuito in sede OCSE che rappresenta il punto di riferimento su cui i vari Stati hanno negoziato i propri accordi bilaterali contro le doppie imposizioni. Il riferimento è all'art. 5 del Modello OCSE il quale distingue fra due ipotesi:
- la cosiddetta "stabile organizzazione materiale", disciplinata dai primi quattro paragrafi, che costituisce il criterio generale
- la stabile organizzazione "personale" (agent clause) di cui ai paragrafi 5 e 6, che costituisce un'estensione del concetto stesso di stabile organizzazione e, conseguentemente, della potestà impositiva dello Stato della fonte.
Stabile organizzazione materiale
L'art. 5, paragrafo 1, prevede un criterio generale secondo il quale "ai fini della presente Convenzione, l'espressione 'stabile organizzazione' designa una sede fissa di affari per mezzo della quale l'impresa esercita in tutto o in parte la sua attività”.
Il criterio della “sede di affari” prevede la verifica della presenza di una sede intesa in senso fisico, utile e strumentale allo svolgimento dell’attività economica. Si tratta, nella maggior parte dei casi, di locali, immobili o macchinari, impianti e attrezzature varie a disposizione dell'impresa estera, non rilevando, al riguardo, il titolo in base al quale l'impresa abbia tale disponibilità (una stabile organizzazione può configurarsi anche qualora la sede di affari non sia di proprietà dell’impresa, né sia dalla stessa detenuta in base a un contratto di locazione).
Inoltre affinché una sede fissa di affari configuri una stabile organizzazione occorre che l'impresa che ne fa uso svolga tramite essa (through which) la propria attività, integralmente o in parte.
Attività di carattere preparatorio o ausiliario
Il Paragrafo 4 dell’art. 5 Modello OCSE contempla alcuni casi in cui, seppur in presenza di una sede fissa di affari, non si configura la stabile organizzazione in quanto i servizi svolti per il tramite di quest’ultima hanno carattere meramente preparatorio o ausiliario rispetto alla fase in cui si formano i profitti dell’impresa. Si dice infatti che: "4. Nonostante le precedenti disposizioni del presente articolo, non si considera che vi sia una 'stabile organizzazione' se:
- a) si fa uso di un'installazione ai soli fini di deposito, di esposizione o di consegna di beni o merci appartenenti all'impresa
- b) i beni o le merci appartenenti all'impresa sono immagazzinate ai soli fini di deposito, di esposizione o di consegna
- c) i beni o le merci appartenenti all'impresa sono immagazzinate ai soli fini della trasformazione da parte di un'altra impresa
- d) una sede fissa di affari è utilizzata ai soli fini di acquistare beni o merci o di raccogliere informazioni per l'impresa
- e) una sede fissa di affari è utilizzata ai soli fini di svolgere, per l'impresa, qualsiasi altra attività che abbia carattere preparatorio o ausiliario
- f) una sede fissa di affari è utilizzata ai soli fini dell'esercizio combinato delle attività menzionate ai paragrafi da a) ad e), purché l'attività della sede fissa nel suo insieme, quale risulta da tale combinazione, abbia carattere preparatorio o ausiliario".
Stabile organizzazione "personale"
Precisa il paragrafo 5 dell’art. 5 del Modello OCSE, che quando una persona, diversa da un agente che goda di uno status indipendente, opera per l'impresa straniera, abitualmente e con stabili poteri legali di rappresentanza che le permettono di concludere contratti a nome dell'impresa stessa, si può considerare che tale impresa abbia una stabile organizzazione in quest’ultimo Stato.
Da quanto su riportato è possibile isolare due requisiti essenziali alla esistenza della stabile organizzazione personale, i quali necessariamente dovranno essere riscontrati nella persona fisica o giuridica:
- soggettivo: persona diversa da un agente con status indipendente il quale operi nel corso ordinario dei propri affari
- oggettivo: esercizio abituale, per conto di un’impresa, del potere di concludere contratti in nome dell’impresa stessa.
Resta esclusa l’ipotesi di stabile organizzazione in esame nel caso in cui l’attività dell’agente si limiti all’acquisto di merci per conto dell’impresa non residente o eserciti solo un'attività di tipo preparatorio o ausiliario, indipendentemente dal fatto che egli abbia o meno il potere di concludere contratti.
Il giudizio sul grado di indipendenza di un agente dall’impresa che egli rappresenta va fondato sotto il duplice profilo giuridico ed economico.
Sotto il primo profilo è necessario fare riferimento all’ampiezza degli obblighi che l’agente ha verso l’impresa e alla sussistenza di un potere di direzione e controllo da parte di quest’ultima.
Il giudizio sull’indipendenza economica dell’agente presuppone, invece, l’individuazione del soggetto su cui grava il rischio imprenditoriale: ove questo rischio gravi, infatti, sull’agente, quest’ultimo può essere considerato economicamente indipendente.
Oltre che giuridicamente ed economicamente indipendente, è necessario che l’intermediario operi nel “corso ordinario dei propri affari”.
L’ulteriore ed indispensabile requisito affinché si configuri una stabile organizzazione personale è rappresentato dall’effettivo esercizio abituale da parte dell’agente, per conto dell’impresa estera, del potere di concludere contratti in nome della medesima.
Sul concetto del “potere di concludere contratti” l’OCSE ha chiarito che lo stesso si concretizza allorché sia ravvisato nell’intermediario quell’autorità a negoziare tutti gli elementi e dettagli di fatto necessari ai fini della conclusione dei contratti, di per sé sufficiente a vincolare di fatto l’impresa estera alle clausole negoziali fissate dall’intermediario stesso in sede di trattativa, indipendentemente dal fatto che in capo all'agente sussista, o meno, un formale potere di firma dei contratti stessi.
A riguardo il Commentario specifica che l’assenza di un attivo coinvolgimento dell’impresa nelle transazioni può essere indicativa della concessione all'agente dell'autorità di concludere contratti. Ad esempio, si può ritenere che l'agente disponga dell'autorità di concludere contratti qualora richieda e riceva gli ordini e li invii direttamente a un magazzino dal quale i beni sono consegnati, laddove l'impresa estera approvi abitualmente le transazioni.
Natale Galimi