28 aprile 2023

Prova delle cessioni intracomunitarie: regole comunitarie e chiarimenti dell’Agenzia delle Entrate

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A tre anni dall’entrata in vigore del Regolamento Europeo 1912/2018, che ha introdotto delle presunzioni a favore del contribuente per dimostrare la fuoriuscita dei beni dal territorio nazionale e per semplificare la normativa in attesa della riforma dell’Iva, analizziamo l’impatto che ha avuto la norma.  

Prova delle cessioni intracomunitarie: regole comunitarie e chiarimenti dell’Agenzia delle Entrate

Regole comunitarie

L’art. 45-bis del Regolamento 282/2011/UE, in vigore dal 1° gennaio 2020, individua sul piano normativo, nel dettaglio, i documenti necessari e sufficienti a provare il trasporto intraunionale.

La norma fornisce un elenco di documenti considerati validi come prova dell’avvenuta cessione intraUE, in quanto atti a dimostrare che i beni sono stati spediti o trasportati dallo Stato membro di origine a quello di destinazione. L’art. 45-bis, al paragrafo 3, distingue due gruppi di prova.

Gruppo lettera a):

  • documento o lettera CMR riportante la firma dei soggetti coinvolti
  • polizza di carico
  • fattura di trasporto aereo
  • oppure una fattura emessa dallo spedizioniere.

Gruppo lettera b):

  • polizza assicurativa relativa alla spedizione o al trasporto dei beni, o i documenti bancari attestanti il pagamento per la spedizione o il trasporto dei beni
  • documenti ufficiali rilasciati da una pubblica autorità, ad esempio da un notaio, che confermano l'arrivo dei beni nello Stato membro di destinazione
  • ricevuta rilasciata da un depositario nello Stato membro di destinazione che confermi il deposito dei beni in tale Stato membro.

La medesima norma chiarisce anche che le prove da fornire sono diverse a seconda del soggetto che effettua il trasporto, ovvero il cedente (o da un terzo per suo conto) o il cessionario (o un terzo per suo conto).

Tali prove sono finalizzate alla semplificazione delle seguenti situazioni:

  • beni spediti/trasportati dal cedente, direttamente o per suo conto
  • beni spediti/trasportati dal cessionario o da terzi per suo conto

Nella prima fattispecie vi è la presunzione che i beni siano stati spediti/ trasportati dallo Stato membro di partenza verso la Stato membro di arrivo quando il cedente certifica che i beni sono stati spediti o trasportati da lui o da un terzo per suo conto e risulta in possesso:

  • di due elementi di prova di cui al gruppo a) rilasciati da due diverse parti indipendenti l’una dall’altra, oppure in alternativa
  • di uno qualsiasi degli elementi di prova del gruppo a) in combinazione con uno qualsiasi dei singoli elementi di prova del gruppo b) che confermano la spedizione o il trasporto, rilasciati da due diverse parti indipendenti l’una dall’altra.

Nella seconda fattispecie, la presunzione vale alle condizioni di cui sopra se il venditore dispone anche di una dichiarazione scritta dall’acquirente, ricevuta entro il decimo giorno del mese successivo alla cessione che certifica che i beni sono stati trasportati o spediti dall’acquirente, o da un terzo per suo conto, e che identifica lo Stato membro di destinazione dei beni e una serie di ulteriori specifiche informazioni.

Viene concesso agli Stati comunque la possibilità di confutare le presunzioni introdotte.

Problemi applicativi e risposte dell’Amministrazione Finanziaria

Con l’entrata in vigore del Regolamento - come è stato illustrato nella Circolare Ade 12/E/2020 - il contribuente ha la facoltà di scegliere:

  • se dimostrare l’arrivo a destinazione della merce secondo le indicazioni del Regolamento
  • oppure, seguendo le indicazioni della prassi nazionale.

Anche per il passato è possibile optare per le due soluzioni.

Ci sono tuttavia situazioni oggettive dove NON è possibile applicare le presunzioni del citato Regolamento.  Nelle Note esplicative quick fixes 2020, par.5.3.5), la Commissione Ue aveva chiarito fin da subito che: “la presunzione non può essere applicata se fornitore o acquirente effettuano il trasporto con mezzi propri, poiché gli elementi di prova devono essere emessi da parti diverse e indipendenti l’una dall’altra, dal venditore e dall’acquirente”.

Nella Circolare 12/E/2020 l’Ade ha osservato che nei casi in cui non si rendano applicabili le presunzioni previste dal citato regolamento, restano valide le indicazioni fornite dalla prassi nazionale antecedentemente all’entrata in vigore dello stesso. Resta inteso tuttavia che il possesso dei documenti alternativi non è sufficiente per l’operatore al fine di ottenere la presunzione legale e pertanto, gli stessi saranno soggetti alla valutazione caso per caso dell’Amministrazione Finanziaria.

Nelle vendite effettuate con il trasporto a carico del cliente estero (clausola incoterms EXW) l’applicazione del Regolamento può risultare particolarmente complessa. Il cedente, infatti, incontra non poche difficoltà nel reperimento della documentazione necessaria ai fini probatori, soprattutto ove manchi la collaborazione con il cliente. In sostanza, il cedente non controlla la fase del trasporto.

Il corredo documentale previsto dall’art. 45 bis prevede una lettera CMR firmata dal trasportatore e un ulteriore documento tra quelli citati precedentemente. A titolo meramente esemplificativo potrebbe essere la fattura del trasportatore, o il documento bancario che attesta il pagamento del trasporto. Si tratta tuttavia di documenti emessi nei confronti del cliente estero che difficilmente sarà disponibile a condividerli con l’operatore italiano.

Prassi nazionale

Nell’impossibilità di applicazione del Regolamento, sarà necessario seguire le indicazioni della prassi nazionale dove vengono richiesti una serie di documenti quali a titolo esemplificativo:

  • la corrispondenza commerciale
  • le fatture di vendita
  • i modelli Intrastat
  • e un documento con il quale il cliente confermi l’avvenuta ricezione della merce.

Si potrebbe trattare di CMR con la firma del trasportatore e del destinatario, oppure di una dichiarazione di ricezione della merce da parte del cliente. Da verificare, in quest’ultimo caso, se sia necessario che il documento debba avere le caratteristiche previste dal Regolamento.

Sul tema delle prove alternative - sempre in ambito cessione Ue con clausola EXW - l’Agenzia delle Entrate con la Risposta ad interpello n. 305 del 2020 non ha ritenuto sufficiente, al fine di provare l’avvenuto trasferimento all’estero, ottenere dal destinatario- cessionario al momento della consegna in Italia dei beni, una dichiarazione che attesti che le merci saranno trasportate all’estero. Inoltre per tali cessioni, la fattura emessa con Iva interna per carenze di prove non può essere rettificata con una successiva nota di variazione in diminuzione.

In particolare quindi l’Amministrazione finanziaria ha voluto ribadire tra le righe che, nell’impossibilità di reperire dei documenti richiesti dal Regolamento, può provare la “fuoriuscita” delle merci dal territorio nazionale solo mediante la documentazione presente nelle indicazioni della prassi che sono state riassunte nella sopracitata circolare n. 12/E/2020.

L’Agenzia si è pronunciata anche sui c.d. “documenti alternativi”. Con la risposta all’interpello n. 146/2022 ha chiarito che, al fine di provare l’uscita dei beni dal territorio dello Stato, è ammessa la possibilità di utilizzare il documento amministrativo elettronico (“DAA elettronico o e-AD), pur trattandosi di documenti introdotti per soddisfare esigenze diverse dal CMR e limitati nel loro impiego alle sole merci soggette ad accisa.

Sempre l’Agenzia, in una recentissima risposta ad un interpello (272/2023), si è pronunciata sulla validità dei sistemi EDI (Exchange data interchange) ai fini della prova della cessione intra Ue. Secondo l’Ade la documentazione può essere raccolta in formato elettronico o si può ricorrere a sistemi come l’Edi per lo scambio dei documenti richiesti purchè “forniscano le medesime garanzie di una dichiarazione cartacea e, dunque oltre a garantire la completezza delle informazioni, se ne possano riscontrare: l’integrità, l’autenticità, la veridicità e l’immodificabilità dei contenuti, la certezza e la definitività della data, la paternità dei dati e delle dichiarazioni”.

Alberto Perani

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