Il Regolamento (UE) 2018/1912 ha introdotto una presunzione legale di avvenuto trasporto intracomunitario, subordinata alla disponibilità di una combinazione di documenti idonei – tra cui elementi relativi al trasporto e altri documenti di supporto – con l’obiettivo di semplificare e uniformare la prova del trasferimento delle merci tra Stati membri.
Nella prassi operativa, quando il trasporto è organizzato dal cedente, è generalmente possibile soddisfare tali requisiti combinando, ad esempio, un CMR firmato e la fattura dello spedizioniere con un documento bancario che attesti il pagamento del trasporto.
Viceversa, nelle operazioni con resa “ex works” (EXW), in cui il trasporto è a cura del cessionario, il cedente ha spesso difficoltà ad acquisire la documentazione necessaria, rendendo più complessa la prova dell’uscita effettiva dei beni dal territorio nazionale.
In assenza della documentazione prevista dal Regolamento, è necessario fare riferimento alla prassi dell’Amministrazione finanziaria, la quale generalmente considera il CMR, con le firme dei tre soggetti coinvolti (mittente, vettore e destinatario), come documento idoneo a comprovare il trasporto intracomunitario.
In questo contesto, due recenti pronunce della Corte di Cassazione - l'ordinanza n. 30889/2023 e la sentenza n. 8477/2024 - possono costituire un ausilio per gli operatori, nella misura in cui aprono alla possibilità di utilizzare, ai fini della prova dell'effettiva uscita dei beni dal territorio nazionale, anche documenti diversi rispetto al tradizionale documento di trasporto.
Un supporto agli operatori può derivare anche dall’adesione italiana al Protocollo addizionale CMR elettronico (e-CMR). L'uso del CMR elettronico consente di superare alcune difficoltà operative legate al CMR cartaceo, che richiede la redazione in triplice copia e la presenza delle firme dei tre soggetti coinvolti sull'originale e offre una gestione più semplice e sicura della documentazione, migliorando l'affidabilità probatoria delle operazioni di trasporto.
A completare il quadro, il Decreto Legislativo n. 87/2024 introduce novità rilevanti in ambito interno, ridefinendo ulteriormente i criteri di prova richiesti.
Nuovo quadro sanzionatorio: il D.Lgs. n. 87/2024
Dal 14 giugno 2024 è entrata in vigore la riforma delle sanzioni fiscali, attuata con il Decreto Legislativo n. 87/2024, in attuazione della legge delega n. 111/2023. Tra le novità introdotte, assume particolare rilievo la nuova sanzione in materia di cessioni intracomunitarie, destinata ad avere un impatto significativo sulla gestione operativa delle imprese.
Il decreto prevede, analogamente a quanto disposto per le esportazioni indirette (art. 8, comma 1, lett. b), una sanzione pari al 50% dell’imposta nel caso in cui:
- il bene sia trasportato in un altro Stato membro UE dal cessionario o da terzi per suo conto
- il bene non risulti pervenuto nel Paese di destinazione entro 90 giorni dalla consegna in Italia.
Tuttavia, la sanzione non si applica se, nei 30 giorni successivi al termine dei 90 giorni, viene eseguita la regolarizzazione della fattura e il versamento dell’imposta dovuta.
Implicazioni operative per le imprese
A seguito di questa novità normativa, diventa essenziale monitorare con attenzione le operazioni intracomunitarie in cui il trasporto è effettuato dal cessionario, o per suo conto (“franco fabbrica” - Ex Works).
Il termine di 90 giorni si calcola a partire dalla consegna del bene, in base alla documentazione che ne attesta l’avvenuta consegna.
Il perfezionamento della cessione si considera avvenuto nel momento in cui il bene giunge a destinazione presso il cliente.
Le nuove disposizioni si applicano alle operazioni effettuate a partire dal 1° settembre 2024. Restano quindi escluse dall’ambito di applicazione le operazioni effettuate in data anteriore, anche se il trasporto o la documentazione di supporto risultano successivi.
Controlli, documentazione e responsabilità
Per le imprese italiane che effettuano cessioni intracomunitarie con trasporto a carico del cliente, la gestione fiscale dell’operazione diventa particolarmente delicata.
La possibilità di applicare il regime di non imponibilità IVA è ora subordinata, oltre che alla disponibilità della documentazione idonea, anche alla verifica dell’effettivo arrivo della merce a destino entro 90 giorni dalla consegna in Italia.
La nuova disposizione nazionale si affianca al quadro normativo comunitario, ma lo integra con un vincolo temporale stringente: la documentazione non deve solo esistere, ma deve anche dimostrare che la merce è effettivamente giunta nel Paese di destinazione entro 90 giorni dalla consegna in Italia. Il rispetto delle condizioni previste dall’art. 45-bis è dunque necessario, ma non più sufficiente.
In assenza di un riscontro oggettivo dell’avvenuto arrivo entro il termine, l’operazione perde i requisiti per l’esenzione e si espone alla sanzione del 50% dell’imposta. La sovrapposizione tra la normativa europea (sul contenuto della prova) e quella nazionale (sul limite temporale per l’effettivo arrivo) impone alle imprese un rafforzamento delle procedure di controllo interno, soprattutto nei casi in cui l’azienda non abbia il controllo diretto sul trasporto.
Quali misure adottare per garantire la conformità normativa ed evitare sanzioni?
- Verificare attentamente la documentazione di trasporto, richiedendo almeno due prove non contraddittorie ai sensi dell’art. 45-bis del Regolamento UE 282/2011 (es. CMR firmato, fatture di trasporto, prova di pagamento del trasporto, dichiarazioni del destinatario)
- Monitorare i termini temporali, assicurandosi che la merce pervenga nel Paese di destinazione entro 90 giorni dalla consegna
- Valutare l’adozione di clausole di resa alternative, che garantiscano un maggiore controllo sulla prova dell’uscita della merce
- Rivedere i contratti di vendita, includendo specifiche clausole di responsabilità a carico del cliente in caso di mancata presentazione della prova di avvenuta spedizione
- Effettuare verifiche periodiche sulla corretta gestione delle cessioni intra-UE e sulla documentazione raccolta
- Formare il personale aziendale affinché sia pienamente consapevole dei nuovi adempimenti e delle relative sanzioni.
Per monitorare i termini temporali occorre prestare particolare attenzione al momento da cui decorre il termine dei 90 giorni. In assenza di indicazioni esplicite nella norma, si ritiene possibile assumere come riferimento:
- la data indicata sul DDT, se firmato al momento del ritiro
- la data riportata sul CMR, se disponibile
- in ultima istanza, la data di emissione della fattura che non è il criterio principale, ma in alcuni casi può essere il riferimento.
La documentazione deve essere raccolta e conservata in maniera sistematica, in modo da poter essere prontamente esibita in caso di verifica da parte dell’Amministrazione finanziaria.
Le novità introdotte dal decreto rappresentano pertanto un cambio di prospettiva significativo per le imprese. Se in passato la corretta documentazione era il principale requisito per ottenere l’esenzione, oggi si aggiunge un elemento temporale perentorio, che richiede maggior rigore nella gestione delle operazioni.
Alberto Perani
Docente NIBI