Nell'ambito dei contratti di concessione di vendita con soggetti esteri, spesso viene previsto che l'impresa concedente presti specifici servizi di riparazione e manutenzione sui beni venduti al distributore non residente, sia in garanzia, sia fuori garanzia dietro pagamento di un corrispettivo.
Per l'impresa nazionale concedente, in questo caso, è necessario attivare le più idonee procedure contabili – amministrative per vincere le presunzioni di acquisto e di cessione, in presenza di trasferimenti di beni che avvengono a titolo non traslativo della proprietà.
Analoghe esigenze sono avvertite anche dalle imprese residenti che effettuano servizi di lavorazione e/o trasformazione su beni di provenienza estera, oppure inviano beni propri in lavorazione in paesi esteri.
In presenza di tali trasferimenti fisici di beni in ambito internazionale, così come nei rapporti interni, si rende necessario fornire all'amministrazione finanziaria la prova che gli stessi non hanno determinato vendite o acquisti, rilevanti come tali ai fini dell'assolvimento dell'IVA.
A differenza di quanto avviene per i trasferimenti di beni in ambito comunitario, non è prevista una disciplina specifica riguardante i rapporti con paesi extracomunitari.
Infatti, i movimenti di beni a titolo non traslativo della proprietà effettuati fra Stati membri della Ue, sono oggetto di una norma "ad hoc", rappresentata dall'art. 50, comma 5, del D.L. n. 331/1993, convertito dalla legge 29 ottobre 1993, n. 427, ai sensi della quale i movimenti stessi "devono essere annotati in apposito registro, tenuto e conservato a norma dell'art. 39 del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633".
Tale disposizione, che recepisce fedelmente la norma comunitaria contenuta nell'art. 22, paragrafo 2.b), della Direttiva 17 maggio 1977, n. 77/388/CEE, non prevede modalità alternative rispetto a quella dell'impiego dell'apposito registro, l'unica stabilita dal D.L. n. 331/1993.
La disciplina speciale di cui all'art. 50 non è però applicabile ai trasferimenti di beni che avvengono nei rapporti con paesi extracomunitari.
In relazione a questi ultimi trova, quindi, applicazione la normativa ordinaria IVA in materia di presunzioni, prevista, in via generale, per i movimenti di beni che avvengono senza trasferimento della proprietà.
Detta normativa è contenuta nel D.P.R. 10 novembre 1997, n. 441, ai sensi del quale la prova della consegna dei beni a terzi (o della provenienza di beni da terzi) a titolo non traslativo della proprietà può avvenire con diverse modalità, alternative fra loro.
L'applicabilità delle disposizioni del D.P.R. n. 441/1997, con cui è stato sostituito il testo del previgente art. 53 del D.P.R. n. 633/1972, oltre che ai trasferimenti di beni all'interno del territorio dello Stato, anche a quelli effettuati nei rapporti con paesi esteri extracomunitari, è stata confermata dalla stessa Amministrazione finanziaria (cfr. la C.M. n. 156/E del 15 luglio 1999).
Conseguenze operative
Nell'ambito dei rapporti con operatori non residenti extracomunitari, occorre quindi fare riferimento alla disciplina ordinaria di cui al D.P.R. n. 441/1997 ed alle diverse modalità operative, alternative fra loro, ivi stabilite per vincere le presunzioni di acquisto e di cessione di beni movimentati a titolo non traslativo della proprietà.
Fra tali modalità, è prevista anche la conservazione del documento di trasporto di cui all'art. 1, comma 3, del D.P.R 14 agosto 1996, n. 472 (cd. "D.D.T."), integrato con la relativa causale, o di altro valido documento di trasporto.
La conservazione del D.D.T., debitamente annotato con l'indicazione della causale di trasporto (es.: "c/lavorazione", "c/riparazione", o "c/manutenzione"), è, quindi, un metodo previsto dalla legge, in alternativa all'impiego di specifici registri od alla effettuazione di specifiche annotazioni sul libro giornale o sui registri previsti dalla normativa Iva.
La menzione espressa del D.D.T. (e degli altri documenti di trasporto in via generale) fra i mezzi idonei a vincere le presunzioni di acquisto e di cessione dei beni, è certamente opportuna, in considerazione della natura tassativa dell'elenco degli strumenti probatori contenuto nel D.P.R. n. 441/1997, ribadita anche con la circolare n. 193/E del 23 luglio 1998, illustrativa delle nuove disposizioni recate dal medesimo decreto.
La conservazione di idonei documenti di trasporto, pertanto, consente all'impresa residente di evitare la tenuta di un apposito registro o di fare annotazioni specifiche sui libri e registri previsti dalla normativa civilistica e fiscale.
Tali conclusioni, in relazione ai trasferimenti di beni a titolo non traslativo della proprietà in paesi non appartenenti al territorio comunitario, trovano esplicita conferma nella citata C.M. n. 156/E del 15 luglio 1999, avente ad oggetto l'invio di beni in paesi extracomunitari a scopo di lavorazione.
In particolare, proprio in riferimento all'operatività delle disposizioni di cui al più volte citato D.P.R. n. 441/1997 in tema di presunzioni di cessione, l'interprete ministeriale sottolinea che l'utilizzo dell'apposito registro, tenuto e conservato ai sensi della normativa Iva (art. 39 del D.P.R. n. 633/1972), non è l'unica modalità prevista.
La predetta C.M. n. 156/E, infatti, prosegue affermando che "in alternativa, può farsi utile riferimento anche al documento di trasporto o di consegna di cui all'articolo unico, comma 3, del D.P.R. 14 agosto 1996, n. 472, senza che sia necessaria l'annotazione sul predetto registro, essendo sufficiente a comprovare la movimentazione dei beni, la conservazione, a norma del già richiamato articolo 39, di idonea documentazione (documento di trasporto, doganali o contabili)".
Al riguardo, potrebbero sorgere dubbi sulla base del contenuto di alcune "datate" declaratorie ministeriali, relative a fattispecie specifiche di trasferimenti di beni a titolo non traslativo della proprietà, come gli invii di beni all'estero in conto deposito (cfr. R.M. n. 520657 del 4 dicembre 1975), e gli invii di beni a San Marino in conto lavorazione (cfr. C.M. n. 30/510542 del 20 aprile 1973), nelle quali viene previsto l'obbligo dell'apposito registro.
In merito, deve sottolinearsi che le predette pronunce sono state diramate in vigenza dell'art. 53 nella sua originaria formulazione, precedente alle modifiche apportate dal D.P.R. 29 gennaio 1979, n. 24, per effetto delle quali fu aggiunta la possibilità di ricorrere ad altri documenti idonei a vincere le presunzioni di acquisto e di cessione, in alternativa all'impiego di specifici libri o registri.
Tali interpretazioni ministeriali sono fondate su una normativa diversa e non più in vigore e, di conseguenza, hanno perduto gran parte della loro attualità interpretativa e non possono essere richiamate in via generale, ma solamente in relazione ad aspetti specifici relativi ad ipotesi particolari.
Sulla base di tali considerazioni, si ribadisce, pertanto, che la conservazione del D.D.T. o di altro idoneo documento di trasporto, integrato con la causale della movimentazione dei beni a titolo non traslativo della proprietà, può essere una lecita modalità alternativa alla tenuta di specifici registri, per monitorare i trasferimenti da o verso paesi extracomunitari.
Le conclusioni di cui sopra sono valide in via generale per i beni movimentati per scopi di lavorazione, riparazione o manutenzione, mentre, per quelli trasferiti in conto deposito o con riserva di gradimento ai fini della futura vendita, si ritiene comunque opportuno ricorrere all'impiego di idonei registri, considerata la particolarità delle fattispecie e la specificità delle indicazioni contenute nella già citata R.M. n. 520657 del 4 dicembre 1975.
Da ultimo si sottolinea che, pur non essendo obbligatoria, la tenuta del registro è opportuna per i movimenti di beni sottoposti a lavorazione e/o trasformazione, i quali comportano problematiche aggiuntive e più complesse, in relazione alla "ricostruzione" ed identificazione delle operazioni, rispetto ai trasferimenti di beni per riparazioni, manutenzioni o sostituzioni in garanzia.
In tali ultime ipotesi, infatti, la semplice conservazione dei documenti di trasporto può essere sufficiente a documentare con precisione le modalità di effettuazione delle operazioni, aventi ad oggetto spesso singoli beni idoneamente contraddistinti (ad esempio con numeri di matricola).
Per le lavorazioni, invece, l'utilizzo di diverse materie prime e di consumo, o di più semilavorati poi assemblati, con i conseguenti sfridi e scarti derivanti dal processo stesso di lavorazione, rendono consigliabile, anche a fini meramente interni aziendali, ricorrere ad un apposito registro di carico e scarico, soprattutto dove le fasi e modalità delle lavorazioni sono complesse ed articolate.
Massimo Sirri e Riccardo Zavatta