Caso esaminato dalla Corte di Giustizia UE
L’Iva all’importazione corrisposta da un lavorante e afferente beni di cui questi non è proprietario, né per i quali ha corrisposto il relativo costo, non è detraibile.
L’imposta infatti rientra nel volume IVA del soggetto che provvede alle formalità doganali solo se di pertinenza dell’attività economica dello stesso operatore.
Con queste conclusioni la Corte di Giustizia dell’UE ha deciso, con ordinanza C-621/19, un recente caso sollevato dalle autorità della Slovacchia ove una locale società aveva importato merci da paesi extra UE al fine di ricondizionarle, dunque per eseguire interventi di lavorazione per conto di terzi committenti.
Ai sensi della disciplina interna, come del resto avviene anche in Italia, l’IVA è divenuta esigibile nei confronti della società quando le merci in questione sono state immesse in libera pratica. Una volta riconfezionate, le merci sono state consegnate in altri Stati membri, o esportate in paesi terzi e il relativo servizio di riconfezionamento è stato fatturato al cliente. È stata dunque pagata l’IVA in dogana dalla Società che ne ha invocato il diritto a detrazione applicabile ai sensi della locale legge sull'IVA.
Questo diritto è stato negato dalle autorità slovacche e, poi, dalla Corte di Giustizia, che ancora una volta ha negato la soluzione che apparentemente può apparire più semplice e immediata, per la quale i beni in importazione sono oggetto dell’attività di impresa di un lavorante, manutentore, terzista, ecc.. e dunque la relativa IVA d’importazione deve poter essere detratta.
La Corte ha chiarito che il diritto a detrazione sussiste solo nella misura in cui i beni importati sono utilizzati ai fini di operazioni imponibili dal soggetto passivo persona e tale condizione è soddisfatta solo quando il costo dei servizi a monte è incorporato nel prezzo di determinate operazioni a valle o nel prezzo dei beni o servizi forniti dal soggetto passivo nell'esercizio delle sue attività economiche.
Pertanto, le condizioni di applicazione dell’articolo 168, lettera e), della Direttiva IVA nel caso esaminato non sono soddisfatte, perché deve sempre essere rispettato il seguente principio: le persone che importano merci senza esserne proprietari non sono in grado di beneficiare di il diritto alla detrazione dell'IVA, salvo poter stabilire che il costo dell'importazione è incorporato nel prezzo di particolari operazioni a valle, o nel prezzo di beni o servizi prestati dal soggetto passivo nell'esercizio della sua attività economica.
Effetti sugli operatori
L’effetto della decisione (in linea con altre analoghe precedenti) è che, nei casi di lavorazione l’IVA è dovuta e non detraibile, perdendo dunque il suo carattere di neutralità, con rilevante impatto per tutti gli operatori unionali che svolgono servizi per conto di terzi su beni da essi stessi importati.
Gli effetti sono rilevanti soprattutto per alcuni settori industriali: se infatti i soggetti lavoranti non possono detrarre l’Iva all’importazione sui beni di cui non sono proprietari, né per i quali hanno corrisposto il relativo costo, è evidente che il modello da questi adottato può risultare del tutto inefficiente perché comporta il pagamento di un tributo che, al più, sarà deducibile, ma non detraibile, al pari insomma di un dazio.
È il caso, ovviamente, dei prestatori di servizi di lavorazione o manutenzione specialistici, ovvero di toller e manufacturer di alcuni modelli fiscali in uso per gruppi multinazionali, che potrebbero restare incisi da un tributo pagato in importazione e che pure non è detraibile.
Di contro, sono esclusi dal principio in questione i soggetti che operano nel quadro di un contatto di consignment stock, perché l’operazione di import come destinata a un trasferimento proprietà differito nel tempo, e forse anche per il noleggio (cfr. Risp. AdE n. 6.2019 dedicata però ai soli pallets).
Possibili soluzioni
La strada da prediligere resta quella del ricorso a regimi sospensivi o comunque speciali, che per le lavorazioni si sostanzia nel perfezionamento attivo. Con questo regime, il soggetto che effettua operazioni di lavorazione può importare merci extra UE in sospensione, per poi poter riesportare i beni lavorati senza essere gravati da dazi ed IVA. Il dubbio è, tuttavia, relativo all’accesso al regime, in alcuni casi negabile per merci senza dazio, oppure in generale per assenza di condizioni economiche.
Parallelo a questo regime, vi è quello della temporanea importazione, che tuttavia genera obblighi IVA e, soprattutto, non può essere accesa per operazioni di lavorazione, ma solo per utilizzi di un bene (es. prove tecniche, controllo qualità, impiego limitato, ecc..).
È bene valutare la possibilità per il committente di identificarsi nel territorio, per evitare la “sanzione” di indetraibilità che ora la CGUE riserva al lavorante e per avere un assetto maggiormente compliant ai fini IVA.
Ettore Sbandi