Destinatarie degli effetti dell’accordo, che entrerà in vigore ad avvenuto scambio degli strumenti di ratifica tra i due Stati, sono tutte le categorie coinvolte nell’applicazione della disciplina convenzionale e, in particolar modo, le imprese italiane che intendono operare in Hong Kong, nonché le persone fisiche beneficiarie di redditi transfrontalieri.
Si osserva inoltre che, attualmente, Hong Kong risulta essere una giurisdizione iscritta tra i Paesi inseriti nella black-list, per cui la ratifica dell’Accordo in oggetto andrebbe senz’altro nella direzione di avvicinare Hong Kong all’iscrizione nella speculare white-list di cui all’articolo 168-bis del testo unico delle imposte sui redditi (TUIR), relativa ai Paesi e ai territori che consentono un adeguato scambio di informazioni (comma 1) e presentano un livello di tassazione “non sensibilmente inferiore” a quello italiano (comma2).
In seno al presente contributo, una volta sinteticamente richiamati i tratti salienti del sistema tributario vigente a Hong Kong, in un’ottica di pianificazione fiscale internazionale si analizzeranno le caratteristiche di maggiore interesse della struttura dell’Accordo.
Cenni sul sistema impositivo vigente a Hong Kong
La nuova disciplina convenzionale dovrebbe favorire la scelta di Hong Kong quale giurisdizione di riferimento al fine dell’insediamento delle società (soprattutto holding e sub-holding) per gli investimenti italiani in Asia e, in particolare, per quelli in Cina.
Infatti Hong Kong garantisce alle imprese ed ai professionisti un sistema giuridico all’avanguardia ed un regime impositivo particolarmente vantaggioso, per cui appare opportuno in questa sede fornire qualche breve cenno sulle regole di tassazione dei redditi prodotti da persone giuridiche ad Hong Kong.
Il sistema fiscale è basato sul principio territoriale con tassazione dei redditi prodotti o derivanti da Hong Kong ed è uno dei meno gravosi tra le economie sviluppate con un’impostazione semplice e tassi molto bassi.
Le società di capitali che eseguono attività commerciali sono soggette a imposizione fiscale sul reddito prodotto nel territorio di Hong Kong e sono soggetti ad un aliquota pari al 16.50%.
In ogni modo, la normativa fiscale locale non prevede la tassazione delle plusvalenze e dei dividendi.
Inoltre, le imprese che vi operano raramente hanno problemi con la doppia imposizione dei redditi grazie ai numerosi trattati fiscali in vigore fra la Regione Amministrativa Speciale di Hong Kong e molti Paesi.
Disposizioni principali della Convenzione
Con l’entrata in vigore della Convenzione contro le doppie imposizioni tra l’Italia e Hong Kong, la disciplina dei rapporti economici tra i due Paesi si avvierà verso una nuova fase, da tempo invero auspicata.
Si ritiene che esso rappresenti un valido quadro giuridico-economico di riferimento poiché, garantendo l’interesse generale dell’amministrazione finanziaria italiana, risulta indispensabile alle imprese italiane al fine di operare nella Regione amministrativa speciale di Hong Kong in condizioni pienamente concorrenziali rispetto agli operatori economici di altri Paesi a economia avanzata.
Accordi del genere sono stati infatti già conclusi da Hong Kong con diversi Paesi i cui operatori economico-commerciali sono in concorrenza con le imprese italiane, quali ad esempio Regno Unito, Francia e Spagna.
Analizziamo di seguito le disposizione più significative del trattato stesso, in particolare quelle concernenti:
- gli utili delle imprese (articolo 7)
- i dividendi (articolo 10)
- gli interessi (articolo 11)
- i canoni (articolo 12)
- gli utili di capitale (articolo 13).
Trattamento degli utili di impresa
Per quanto concerne il trattamento degli utili di impresa (articolo 7), è accolto il principio generale secondo il quale gli stessi sono imponibili esclusivamente nella Parte contraente di residenza dell’impresa, ad eccezione dei redditi prodotti per il tramite di una stabile organizzazione. In quest’ultima ipotesi, la Parte contraente in cui è localizzata la stabile organizzazione ha la potestà di tassare gli utili realizzati nel suo territorio mediante tale stabile organizzazione.
Disciplina dei dividendi
Con riferimento alla disciplina dei dividendi (articolo 10), posto il principio generale della loro definitiva tassazione nella Parte contraente di residenza del percipiente, gli stessi sono imponibili anche alla fonte, ma limitatamente a un’aliquota che non può eccedere il 10 per cento dell’ammontare lordo dei dividendi.
Al riguardo, poiché la normativa di Hong Kong non prevede ritenute alla fonte sulla distribuzione dei dividendi a soggetti non residenti, i dividendi in entrata pagati a residenti italiani non subiranno alcuna ritenuto alla fonte in Hong Kong.
Interessi, canoni o royalties
In materia di interessi (articolo 11) canoni o royalties (articolo 12), fermo restando il principio generale della loro definitiva tassazione nella Parte contraente di residenza del percipiente (paragrafo 1), gli stessi sono imponibili anche alla fonte, ma limitatamente a un’aliquota rispettivamente del 12,5% (interessi) e del 15% (canoni o rayalties).
Per quanto riguarda gli interessi in entrata pagati a residenti italiani, la normativa interna di Hong Kong stabilisce che non venga applicata alcuna ritenuta sugli interessi pagati a non residenti, pertanto essa troverà applicazione in luogo della tassazione convenzionale.
Mentre per quanto riguarda le royalties in entrata pagati a residenti italiani, la disciplina fiscale interna di Hong Kong stabilisce l’applicazione di un’aliquota pari nella generalità dei casi al 4,95%; dal momento che tale aliquota si colloca ben al di sotto di quella stabilita convenzionalmente, presumibilmente anch’essa continuerà ad essere applicata in luogo di quest’ultima.
Infine, per quanto concerne le plusvalenze derivanti dall’alienazione di quote di partecipazione detenute in società di capitali, obbligazioni e titoli similari, ove non facenti parte dell’attivo di una stabile organizzazione o relative a società immobiliari, sono imponibili soltanto nello Stato di residenza del cedente.
Considerazioni conclusive
Come richiamato nella premessa, la Regione amministrativa speciale di Hong Kong è attualmente compresa tra i territori elencati nelle tre tipologie di black-list, previste rispettivamente:
- dall’articolo 2, comma 2-bis, del TUIR per contrastare l’emigrazione fittizia di residenti italiani verso Paesi e territori con regimi fiscali privilegiati,
- dall’articolo 110, comma 10, del TUIR per rendere indeducibili componenti negativi e spese da operazioni effettuate con Paesi o territori a fiscalità privilegiata
- dall’articolo 167, comma 1, del TUIR per attrarre a tassazione i redditi delle Controlled Foreign Companies.
Deve essere ancora emanato il Decreto del Ministro dell’economia e delle finanze che istituisca la white-list di cui all’articolo 168-bis del TUIR, con cui saranno individuati Stati e territori che consentono un adeguato scambio di informazioni (comma 1) e nei quali il livello di tassazione non sia sensibilmente inferiore a quello applicato in Italia (comma 2).
Ebbene, in virtù della stipula della Convenzione contro le doppie imposizioni, nella quale è espressamente contemplato lo scambio di informazioni per prevenire fenomeni di evasione fiscale e considerando che il livello di tassazione previsto in via ordinaria ad Hong Kong per i redditi d’impresa è attualmente pari al 16,5%, non si può escludere il potenziale inserimento di tale Stato all’interno della white list da emanare ai sensi dell’art. 168-bis, comma 2 del T.U.I.R. e, quindi, la disapplicazione delle disposizioni contenute, ad esempio, negli artt. 167 e 168 del T.U.I.R. in materia di tassazione dei redditi generati dalle imprese controllate e collegate estere.
Gli effetti complessivi generati dall’emanazione delle nuove white lists e dalla definitiva entrata in vigore della disciplina convenzionale dovrebbe pertanto favorire, in un’ottica di pianificazione fiscale ed in presenza di valide ragioni economiche, la scelta di Hong Kong quale giurisdizione di riferimento al fine dell’insediamento delle società (soprattutto holding e sub-holding) per gli investimenti italiani in Asia e, in particolare, per quelli in Cina.
Difatti, pur essendo necessaria una valutazione specifica che tenga in considerazione tutte le circostanze concrete del caso, se si confrontano le disposizioni della convenzione in esame rispetto alla convenzione in essere con la Cina, ai fini dell’ottimizzazione e riduzione del carico fiscale, risulta essere preferibile per l’investitore italiano veicolare l’investimento in Cina attraverso una holding ad Hong Kong, anziché investire direttamente in Cina.
Riassumiamo nella tavola 1(investimento diretto in Cina tramite una propria sussidiaria) e nella tavola 2 (costituzione di una sub-holding, nel nostro caso a Hong Kong, che a sua volta deterrà la partecipazione della sussidiaria cinese) il carico fiscale per il reddito prodotto in Cina e distribuito alla casa madre italiana.
Utile prodotto in Cina | € 100 | Investimento diretto | Investimento indiretto HK |
CN | Income Tax 25% | € 25,00 | CN | Income Tax 25% | € 25,00 |
Ritenuta 10% | € 7,50 | Ritenuta 5% | € 3,75 |
IT | IRES al 27,50€ sul 5% | € 1,03 | HK | Esenzione | € 0,00 |
Credito per imposte cinese | € 0,38 | IT | IRES al 27,50% sul 5% | € 0,98 |
Netto | € 66,84 | Netto | € 70,27 |
Tax Rate | 33,16% | Tax rate | 29,73% |
Natale Galimi