L’istituzione dei depositi Iva si è resa necessaria nel 1997 ai fini perequativi per far si che anche la circolazione dei beni all’interno degli Stati membri possa usufruire della sospensione di imposta, come avviene per i depositi doganali. In sostanza si evita la corresponsione di tributi non pertinenti rispetto alla destinazione finale, anche se potenzialmente rimborsabili.
I depositi Iva sono luoghi fisici situati nel territorio dello Stato italiano all’interno dei quali la merce viene introdotta, staziona e poi viene estratta. La merce deve necessariamente entrare. Non è ammesso il deposito virtuale.
Le operazioni che riguardano i beni che vengono introdotti in custodia nei depositi sono effettuate senza essere assoggettate ad Iva. L’applicazione dell’Iva viene rinviata a quando gli stessi fisicamente escono dal deposito, tuttavia se il bene viene inviato direttamente in altro paese Ue o Extra-Ue, le suddette cessioni non sono soggette ad imposta e pertanto dovrà essere emessa una fattura senza applicazione dell’Iva.
Molto interessante può essere l’utilizzo di questo istituto da parte dei soggetti che effettuano importazioni da Paesi terzi, che sono in possesso dei requisiti di affidabilità o che hanno presentato idonea garanzia. Questi soggetti, al momento dell’estrazione del bene, assolveranno l’Iva mediante il meccanismo del reverse charge, senza pertanto dover materialmente sostenere dal punto di vista finanziario il pagamento dell’Iva.
I depositi Iva sono simili ai depositi doganali ma se ne differenziano per la tipologia di beni che vengono custoditi.
- Depositi Iva: beni nazionali comunitari
- Depositi doganali: beni extracomunitari allo stato estero
Sono esclusi dalle agevolazioni derivanti dal regime del deposito fiscale ai fini Iva i seguenti beni:
- Beni destinati alla vendita al minuto durante la giacenza in detti locali;
- Beni esistenti in Italia in regime di ammissione temporanea;
- Beni introdotti in recinti o magazzini di temporanea custodia in attesa di ricevere una destinazione doganale;
- Beni importati in una operazione di perfezionamento attivo.
La normativa (art. 50-bis DL 331/93) elenca una serie di operazioni, inerenti ai beni immessi nei depositi Iva, che possono essere effettuate senza pagamento dell’imposta.
Le operazioni in questione possono essere distinte in due gruppi:
- Operazioni che presuppongono una contestuale introduzione fisica dei beni nei depositi;
- Operazioni su beni che già si trovano nei depositi Iva.
Introduzione dei beni nel deposito
Fa parte del primo gruppo, l’introduzione dei beni in deposito, che costituisce insieme all’estrazione dei beni dal deposito, l’operazione più delicata sia per il depositario che per il depositante, in quanto dà inizio al regime di sospensione dell’Iva.
L’introduzione in un deposito Iva può avere ad oggetto:
- Acquisti intracomunitari;
- Beni extra ue immessi in libera pratica
- Tutte le cessioni di beni nazionali senza limiti rispetto alla tipologia di beni stessi
Queste operazioni consentono lo spostamento del momento in cui l’operazione assumerà rilevanza ai fini Iva all’atto dell’estrazione dei beni medesimi dal deposito Iva, cioè nel momento in cui verranno commercializzati o utilizzati nel territorio italiano.
Sicuramente tra gli usi più comuni, vi è l’immissione in libera pratica di beni Extra-Ue, mediante l’introduzione nel Deposito Iva.
I vantaggi sono i seguenti:
- Le merci extra-Ue vengono rese unionali con pagamento dei dazi e sospensione dell’Iva;
- Le merci possono essere stoccate in hub dedicati con sospensione dell’Iva, finchè non vengono immesse al consumo;
- L’Iva al momento dell’estrazione viene assolta mediante il meccanismo del reverse charge (finanziariamente non avviene l’esborso come avviene generalmente all’atto dell’importazione in dogana).
Pertanto, l’operatore evita il pagamento dell’Iva in dogana e potrà procedere all’estrazione dei beni dal deposito Iva assolvendo l’imposta con l’inversione contabile (reverse charge) se in possesso di una garanzia commisurata all’imposta o dei requisiti di “affidabilità”.
Per quanto attiene alla procedura dell’immissione in libera pratica di ben introdotti in un Deposito Iva, l’iter è il seguente:
- La merce giunge in dogana scortata da documento di transito;
- Viene eseguito lo sdoganamento con bolletta IM-0;
- Deve essere specificato sul documento che la merce è destinata ad essere introdotta in un deposito Iva;
- La merce viene immessa nel deposito Iva;
- Il gestore del deposito prende in carico la merce sull’apposito deposito, appone sulla copia della bolletta IM-0 l’attestato della presa in carico e il numero attribuito e rimette copia della bolletta IM-0 alla dogana che ha proceduto allo sdoganamento;
- La successiva estrazione dal deposito comporta a seconda della destinazione della merce, una operazione interna intracomunitaria o una cessione all’esportazione.
Operazioni eseguite su beni in giacenza nel deposito Iva
Il secondo gruppo di operazioni non soggette ad Iva comprende le cessioni di beni e le prestazioni di servizi eseguite durante la giacenza dei beni all’interno del deposito Iva.
Durante la giacenza dei beni nel deposito le cessioni e le prestazioni di servizio che hanno ad oggetto tali beni avvengono senza applicazione dell’imposta.
Tutte le cessioni di beni che si trovano custoditi all’interno del deposito Iva, sono operazioni fuori dall’ambito di applicazione dell’Iva. Deve trattarsi ovviamente di vendite che non comportino la fuoriuscita dei beni dal deposito, a nulla rilevando la nazionalità del cedente o del cessionario.
La documentazione necessaria per giustificare le cessioni di beni custoditi in depositi Iva, dipende dagli operatori che intervengono nell’operazione ed è sintetizzata nella tabella sottostante
Cedente | Cessionario | Fatturazione |
---|
ITA | ITA/UE/EXTRA UE | Emissione della fattura senza applicazione dell’imposta. |
UE o EXTRA UE | ITA | Adempimenti contabili effettuati dal cessionario nazionale ai sensi dell’art. 17, co.2 DPR 633/72 (reverse charge), senza applicazione dell’imposta. |
UE o EXTRA UE | UE o EXTRA UE | Non sono tenuti agli obblighi di fatturazione, ma solo all’obbligo di consegnare o inviare al depositario un documento commerciale che attesti l’avvenuta transazione. |
E’ prevista una agevolazione anche per “le prestazioni di servizi eseguite su beni custoditi in un deposito Iva” che beneficiano del regime di non applicazione dell’Iva. La norma non pone limiti ai servizi che possono essere resi all’interno dei depositi. Sicuramente rientrano le prestazioni che generalmente avvengono durante la giacenza dei beni in deposito per la conservazione degli stessi, nonché le operazioni di perfezionamento attivo e le manipolazioni usuali.
Estrazione dei beni dal deposito
Il trattamento Iva dei beni estratti dal deposito dipende sostanzialmente dalla loro destinazione o utilizzo.
Le merci estratte dal soggetto che le ha introdotte o dall’ultimo acquirente all’interno del deposito, possono avere le seguenti destinazioni:
- Invio all’estero, con destinazione all’interno della UE o in paese Extra-Ue.
- Commercializzazione o utilizzo in Italia;
L’estrazione di beni destinati all’estero o in altro paese UE, come specificato precedentemente, non sono soggette ad imposta e pertanto dovrà essere emessa una fattura non imponibile da parte dell’operatore, trattandosi di una cessione intracomunitaria o di una cessione all’esportazione.
L’estrazione per la commercializzazione o l’utilizzo in Italia dei beni immessi nel deposito Iva è collegata all’operazione con la quale il bene è stato introdotto nel deposito.
Le modalità di estrazione come anzidetto dipendono dall’operazione principale di immissione:
- Per gli acquisti intracomunitari solo con la rilevanza contabile; mediante integrazione della fattura di acquisto;
- Per l’estrazione dei beni precedentemente introdotti in libera pratica, con l’emissione di autofattura se si è in possesso del requisito di affidabilità o dietro presentazione di idonea garanzia (DM 23 febbraio 2017);
- Per le altre transazioni con versamento diretto in F24 con divieto di compensazione entro il 16 del mese successivo all’estrazione.
Eventuali cessioni di cui i beni possono essere stati oggetto durante il periodo di permanenza nel deposito non incidono sull’individuazione della modalità di estrazione del bene medesimo (Ris. 55/E/2017).
Pertanto si guarda alla prima operazione di introduzione nel deposito (acquisto intracomunitario, immissione in libera pratica ecc.) per stabilire le modalità di estrazione del bene.
Conclusioni
I depositi Iva sono un istituto molto diffuso nella pratica commerciale perché consentono di differire da un punto di vista finanziario il pagamento dell’Iva, attesa la distanza temporale tra il momento dell’operazione doganale e quello della vendita dei beni. E’ molto interessante l’utilizzo di un deposito Iva per le operazioni di immissione in libera pratica di beni extra-Ue perché, con questa modalità operativa, l’estrazione dei beni dal deposito per essere commercializzati sul territorio nazionale avviene mediante il meccanismo dell’autofattura, senza esborso finanziario dell’Iva, come invece normalmente avviene in dogana.
L’impresa italiana potrà utilizzare anche all’estero un deposito Iva. La disciplina dei depositi Iva nei vari Paesi UE non dovrebbe discostarsi da quella vigente in Italia (occorre sempre verificare la normativa interna). Pertanto, l’operatore italiano potrà beneficiare di numerosi vantaggi quali:
- Possibilità di stoccare e mantenere la merce fisicamente all’estero con l’eventuale possibilità di effettuare anche operazioni di lavorazione senza che vengano sottoposte ad Iva;
- Effettuare una operazione in sospensione di imposta, con applicazione dell’Iva solo al momento dell’estrazione dei prodotti dal deposito.
Alberto Perani