Le disposizioni introduttive del nuovo regime sono state illustrate nelle note esplicative diramate dalla Commissione europea (Explanatory Notes on the 2020 Quick Fixes) e oggetto di commento da parte di Assonime nella Circolare n. 29 del 19 Dicembre 2019.
Call of stock: in cosa consiste e vantaggi per le aziende
Nell’ambito del commercio internazionale, con il contratto di “call of stock”:
- il venditore trasferisce uno stock di beni presso un deposito a disposizione di un acquirente situato in un altro Stato membro e già noto al momento del trasporto dei beni;
- l’acquirente ha la facoltà, in base alle proprie esigenze, di prelevare i beni in un momento successivo all’arrivo degli stessi nel deposito;
- La vendita si realizza solo al momento in cui il cessionario preleva i beni dal magazzino per destinarli alla rivendita o alla produzione.
I vantaggi evidenti di tale regime consistono nella possibilità di differire, rispetto al momento di arrivo dei beni nel proprio Stato, l’acquisizione della proprietà degli stessi, posticipando il momento impositivo dell’Iva e il pagamento del corrispettivo all’atto del prelievo dei suddetti beni dal deposito.
In realtà le nuove regole introdotte in ambito comunitario, confermano la prassi adottata negli anni in Italia, obbligando gli altri Paesi ad allinearsi.
Senza una specifica regolamentazione, mancando nella direttiva Iva una specifica disciplina del contratto di “call of stock” o “consigment stock”, l’invio dei beni in un deposito di un altro Stato membro in esecuzione del suddetto contratto, verrebbe configurata come cessione intracomunitaria c.d. assimilata nello Stato di partenza dei beni ed un acquisto intracomunitario, c.d assimilato nello Stato di arrivo.
Conseguentemente la suddetta operazione verrebbe disciplinata nel seguente modo:
- il cedente dovrebbe necessariamente identificarsi nel Paese di destinazione dei beni;
- il cedente dovrebbe adempiere agli obblighi Iva connessi all’acquisto con la P.Iva acquisita nel Paese di arrivo dei beni;
- la successiva cessione dei beni al cliente dovrebbe essere effettuata dal cedente utilizzando la posizione Iva locale e verrebbe assoggettata alle regole del suddetto Stato.
L’Italia, come anzidetto, aveva già da tempo disciplinato gli adempimenti ai fini Iva per gli operatori che pongono in essere questo tipo di operazioni, adottando misure di semplificazione. I chiarimenti forniti nel corso degli anni da parte dell’Amministrazione Finanziaria riguardavano in particolare la disciplina fiscale del “consigment stock”, contratto che tuttavia non differisce sostanzialmente da quello del “call of stock”( cambia solo l’utilizzo dei beni da parte del cliente).
Non tutti gli Stati membri però hanno adottato questa soluzione. Ci sono Paesi che pretendono l’apertura della partita Iva nel proprio Stato da parte del soggetto passivo cedente, residente in altro Paese membro.
Per evitare questo trattamento differenziato tra Paesi membri, viene introdotto un regime unico che sostanzialmente ricalca la posizione assunta dall’Italia nel corso degli anni.
Con le modifiche introdotte alla Direttiva 2006/112/CE è stato inserito l’art. 17 bis che richiede la sussistenza di una serie di condizioni per l’applicazione dell’agevolazione, in assenza delle quali il soggetto fornitore è obbligato ad identificarsi nel paese membro in cui spedisce o trasporta i beni.
Le condizioni previste dal citato articolo sono le seguenti:
- cedente e cessionario sono entrambi soggetti passivi;
- le merci devono essere spedite o trasportate da uno Stato membro ad un altro, in previsione del fatto che le medesime saranno vendute in una fase successiva e dopo il loro arrivo ad un acquirente designato;
- il cedente non deva aver stabilito la sede della propria attività economica né disporre di una stabile organizzazione nello Stato di destinazione dei beni;
- il soggetto acquirente è identificato ai fini Iva nello Stato membro in cui i beni vengono destinati e la sua identità e il numero di identificazione Iva devono essere già noti al fornitore al momento in cui i beni sono inviati nello Stato membro di destino;
- il soggetto passivo che spedisce o trasporta i beni è tenuto a registrare il loro trasferimento in un apposito registro e alla trasmissione degli elenchi riepilogativi (Intrastat) con l’annotazione del numero identificativo Iva del soggetto individuato come “acquirente” nello Stato membro di destinazione dei beni.
La novità
La nuova norma contiene disposizioni volte a regolamentare diversi aspetti: dalla durata dell’effetto “sospensivo”, alle ipotesi di una restituzione dei beni già inviati in uno Stato membro, alla possibile sostituzione dell’originario destinatario e alla distruzione o perdita dei beni stessi.
In particolare, la sospensione del trasferimento effettivo dura al massimo 12 mesi dall’arrivo dei beni nello Stato membro verso il quale sono stati spediti o trasportati. Il giorno successivo alla scadenza dei 12 mesi, si considera realizzato un trasferimento a destinazione della propria impresa, con obbligo di apertura di una posizione Iva nel paese dove i beni sono stati inviati.
Il regime del “call of stock” oltre al caso in cui l’acquirente non ha esercitato il diritto di prelevare i beni in deposito entro il termine di 12 mesi viene a mancare anche nelle seguenti ipotesi:
- i beni sono ceduti ad un soggetto diverso da quello al quale erano stati destinati in regime di call of stock;
- i beni sono inviati in uno Stato membro diverso da quello originario;
- i beni sono distrutti, smarriti o rubati.
In tutte le suddette fattispecie, analogamente a quanto previsto nell’ipotesi di superamento del limite temporale di 12 mesi, senza che sia stato effettuato il prelevamento dei beni da parte dell’acquirente, il cedente dovrà nominare un rappresentante fiscale o identificarsi direttamente per regolarizzare l’operazione ai fini Iva, effettuando un acquisto intracomunitario dei medesimi beni.
In conclusione, una osservazione sull’entrata in vigore della nuova normativa. A tutt’oggi la direttiva non è stata recepita dall’Italia; tuttavia, secondo Assonime, questo “non esplica effetti, in quanto il regime ai fini Iva delle operazioni che realizzano la fattispecie del call-off stock, previsto da tale direttiva, in ambito nazionale risulta già sostanzialmente seguito in via interpretativa dall’Agenzia delle Entrate con riferimento al contratto di consigment stock .”.
Dott. Alberto Perani