Il comma 1 della suddetta norma sanziona la difforme dichiarazione di qualità quantità e valore con la pena pecuniaria da € 103 ad € 516; tuttavia quando l’inesatta indicazione del valore abbia comportato la rideterminazione dei diritti di confine e quando la differenza tra i diritti dichiarati e accertati superi il 5%, si applicano le sanzioni indicate nel comma 3.
L’art. 303 3° comma del TULD stabilisce che, se i diritti di confine complessivamente dovuti secondo l'accertamento sono maggiori di quelli calcolati in base alla dichiarazione e la differenza dei diritti supera il cinque per cento, la sanzione amministrativa, qualora il fatto non costituisca più grave reato, è applicata come segue:
- a) per diritti fino a 500 euro si applica la sanzione amministrativa da 103 a 500 euro
- b) per diritti da 500,1 a 1.000 euro, si applica la sanzione amministrativa da 1.000 a 5.000 euro
- c) per diritti da 1000,1 a 2.000 euro, si applica la sanzione amministrativa da 5.000 a 15.000 euro
- d) per diritti da 2.000,1 a 3.999,99 euro, si applica la sanzione amministrativa da 15.000 a 30.000 euro
- e) oltre 4.000 euro, si applica la sanzione amministrativa da 30.000 euro a dieci volte l'importo dei diritti.
La fattispecie sanzionatoria che crea maggiori problemi agli operatori è quella prevista dal punto e). Infatti qualora l’imposta dovuta a seguito dell’accertamento sia pari o superiore ad € 4.000,00, si applica una sanzione elevata che va da € 30.000 fino a dieci volte l'importo dei diritti.
In ambito doganale, inoltre, fino ad ora non era possibile fruire del ravvedimento operoso previsto dall’art.13 del DLgs 472/97 e pertanto, una volta iniziati gli accessi dei funzionari verificatori si doveva attendere l’esito della verifica fiscale e il successivo atto sanzionatorio per provvedere al pagamento o per effettuare l’eventuale contestazione in sede giurisdizionale. Tale possibilità era consentita per gli altri tributi, generando una evidente disparità di trattamento in caso di contestazioni tributarie.
L’art. 5, comma 1-bis, introdotto in sede di conversione del D.L. 22 ottobre 2016, n. 193 (c.d. Decreto fiscale), modificando l’art. 13, commi 1-bis e 1-ter, D.Lgs. n. 472/1997, ha posto fine a tale disparità di trattamento estendendo, a determinate condizioni, la possibilità per il contribuente di regolarizzare la propria posizione in dogana, in via agevolata, fino alla notifica di avvisi di pagamento o atti di accertamento.
In particolare, il nuovo art. 13, comma 1-bis, D.Lgs. n. 472/1997, prevede, mediante l’applicazione delle lettere b-bis e b-ter dell’art. 1 ai tributi doganali, la possibilità di effettuare la regolarizzazione degli errori e delle omissioni, anche se incidenti sulla determinazione o sul pagamento del dazio, da parte dall’operatore entro oppure oltre i due anni dalla violazione, mediante la riduzione delle sanzioni, rispettivamente, a un settimo o a un sesto del minimo.
- Pertanto ai sensi dell’art. 13 c. 1 lett b-bis) la sanzione è ridotta ad un settimo del minimo se la regolarizzazione degli errori e delle omissioni, anche se incidenti sulla determinazione o sul pagamento del tributo, avviene entro […], entro due anni dall'omissione o dall'errore;
- Ai sensi dell’art. 13 c. 1 b-ter, invece, la sanzione è ridotta ad un sesto del minimo se la regolarizzazione degli errori e delle omissioni, anche incidenti sulla determinazione o sul pagamento del tributo, avviene […] oltre due anni dall'omissione o dall'errore.
Inoltre, la novità apportata dall’art. 13, comma 1-ter, D.Lgs. n. 472/1997, consente l’applicazione del ravvedimento operoso anche dopo l’inizio delle operazioni di verifica, rendendo non applicabile la preclusione prevista dal comma 1 (infatti ai sensi di tale comma la sanzione sarebbe ridotta, sempreché la violazione non sia stata già constatata e comunque non siano iniziati accessi, ispezioni, verifiche o altre attività amministrative di accertamento delle quali l'autore o i soggetti solidalmente obbligati, abbiano avuto formale conoscenza). Infatti tale limite, non opera per i tributi doganali e per le accise, salva la notifica di avvisi di pagamento e atti di accertamento che rimangono gli unici atti che non consentono l’applicazione del suddetto istituto.
Dal combinato disposto dei commi 1-ter e 1-bis si evince, pertanto, che l’importatore o, se delegato, il rappresentante che ha curato l’operazione può ravvedersi, versando la sanzione ridotta anche qualora abbia avuto conoscenza di un’attività di verifica nei propri confronti e anche trascorsi due anni dalla data della dichiarazione doganale beneficiando della riduzione di 1/6 o di 1/7 della sanzione.
Il ravvedimento operoso, come sopra esposto, è applicabile anche in presenza di un processo verbale di constatazione che viene emesso a seguito di verifica effettuata dall’Ufficio, ma prima dell’emissione degli atti impositivi. Occorre sottolineare altresì che, in ambito doganale, gli atti impositivi (atto di accertamento o di pagamento) non possono essere emessi prima che decorrano 30 giorni dalla notifica del suddetto processo verbale di constatazione consentendo all’operatore di effettuare il ravvedimento entro tale termine.
Di conseguenza, poiché in ambito doganale è sempre necessario l’avvio di un’attività di controllo da parte dell’Ufficio prima della notifica del provvedimento impositivo, l’operatore, in caso di errori, ha ora la possibilità di ravvedersi, ottenendo una significativa riduzione delle gravose sanzioni.
Come precisato dall’Agenzia delle Dogane, nella nota del 20 dicembre 2016, n. 137063, “resta in vigore, per quanto concerne i tributi doganali, la disposizione di cui all’art. 20, comma 4, della L. n.449/1997, che prevede la non applicazione delle sanzioni amministrative qualora il contribuente richieda spontaneamente la revisione dell’accertamento di cui all’articolo 11 del D. Lgs n.374/1990”.
Pertanto resta inalterata la possibilità di non vedersi irrogare sanzioni, qualora la revisione della dichiarazione doganale avvenga su impulso dell’operatore, che si è accorto di aver commesso un errore in ambito doganale. Per l’applicazione del beneficio, occorre, però, che la violazione non sia stata già constatata e comunque non siano iniziati accessi, ispezioni, verifiche o altre attività amministrative di accertamento, delle quali i soggetti solidalmente obbligati abbiano avuto formale conoscenza.
Possibili scenari
Per quanto sopra esposto, per definire le pendenze tributarie doganali vi sono ora tre possibilità che l’operatore può percorrere:
- Regolarizzare gli errori della dichiarazione doganale, effettuando la revisione dell’accertamento doganale prima dell’intervento dell’Agenzia delle dogane evitando, in tal modo, l’applicazione delle sanzioni.
- Regolarizzare i suddetti errori dopo l’intervento dell’Agenzia delle dogane, ma prima dell’emissione degli atti impositivi versando 1/7 o 1/6 della sanzione a seconda che la violazione sia avvenuta entro o oltre i due anni dalla dichiarazione doganale.
- Qualora sia emesso l’atto impositivo si può versare 1/3 della sanzione, una volta ricevuto l’atto di contestazione delle sanzioni (definizione agevolata) o presentare ricorso presso la Commissione Tributaria Provinciale competente, assumendosi il rischio di versare la sanzione intera in caso di soccombenza.
Conclusioni
E’ sempre consigliabile che le società importatrici verifichino le proprie dichiarazioni doganali anche dopo lo svincolo delle merci, prima dell’intervento dei funzionari verificatori al fine di evitare totalmente l’applicazione delle sanzioni.
Qualora, invece l’importatore non dovesse accorgersi degli errori commessi in sede di dichiarazione doganale, ha la possibilità di effettuare il ravvedimento versando un importo nettamente inferiore rispetto a quello della sanzione intera.
Andrea Toscano
Enrico Calcagnile