12 dicembre 2014

Profili di pianificazione doganale

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La pianificazione doganale è un’attività di analisi strategica dei flussi internazionali, condotta allo scopo di individuare spazi utili per intervenire sulla riduzione dei costi doganali complessivamente sostenuti dall’impresa. 

Profili di pianificazione doganale

In questo articolo vedremo come un’impresa internazionalizzata o coinvolta in un processo di internazionalizzazione non può trascurare la pianificazione doganale, anticipando i possibili impatti doganali delle scelte industriali.

La riduzione dei costi doganali si persegue attraverso interventi che fanno leva su variabili che incidono direttamente:

  • sull’impatto daziario aggregato (variabili che incidono sulla determinazione del dazio)
  • ovvero sui costi sostenuti più in generale dall’impresa per la gestione delle operazioni doganali variabili che incidono sulle operation doganali in termini di costi di gestione, efficienza, ecc.).

Carico daziario complessivo

Il primo passaggio di tale attività di pianificazione è costituito dalla valutazione del carico daziario complessivo. Questa attività presuppone una revisione analitica dei flussi, sia in importazione che in esportazione, volta ad estrapolare un dato tipicamente non evidenziato in maniera autonoma nel bilancio aziendale, vuoi perché incorporato quale onere accessorio all’interno del costo delle merci in importazione, vuoi perché sostenuto dal destinatario nelle operazioni di esportazione.
La determinazione del dato in questione è necessaria a fornire un punto di partenza ai fini dell’analisi, nonché di futuro raffronto rispetto agli esiti dell’analisi stessa. Inoltre, non trascurabile è il fatto che la valutazione del carico daziario è altresì utile per generare consapevolezza circa le opportunità di risparmio e per dimostrare la presenza di aree di inefficienza.
A tal proposito vale la pena di segnalare come il dazio rappresenti un vero e proprio costo, essendo applicato generalmente sul prezzo pagato per il prodotto importato e, pur essendo nella maggior parte delle giurisdizioni un onere deducibile, esso non può essere compensato ovvero portato in detrazione.

Una volta condotta questa indispensabile analisi preliminare, ovvero una volta determinato il carico daziario sostenuto ed attribuito in maniera analitica sui singoli flussi di importazione/esportazione, è possibile identificare spazi e strategie di risparmio agendo su diversi driver della pianificazione doganale in senso stretto. Vediamo ora quali.

Classificazione doganale dei beni

Non è infrequente imbattersi in casi di gestione non corretta della classificazione doganale e in casi di classificazione dei beni in voci assoggettate ad un dazio superiore rispetto a quello effettivamente dovuto. Ragion per cui l’analisi puntuale della tariffa ed una corretta classificazione sulla base delle caratteristiche oggettive del prodotto possono portare ad individuare risparmi a volte sensibili.

Sarà poi possibile mettere in sicurezza tali risparmi avanzando una richiesta di ruling alle autorità responsabili. In particolare nell’Unione Europea questa attività è prevista dall’istituto dell’Informazione Tariffaria Vincolante, disciplinata dall’art. 6 e ss. del Codice Doganale Comunitario (Reg. n. 2913 del 1992).

Sempre intervenendo sulla classificazione doganale, esiste la possibilità di modificare le caratteristiche fisiche del prodotto, in modo da consentirne una riclassificazione all’interno di voci di tariffa passibili dell’applicazione di un’aliquota daziaria inferiore. Questa attività di pianificazione fiscale (detta di "tariff engineering") trova il suo limite nella fattibilità industriale e nella accettabilità commerciale di dette modifiche al prodotto, ma può nondimeno consentire sensibili risparmi.

Valore doganale

La determinazione del valore doganale è armonizzata non solo a livello comunitario, ma anche in molti altri Paesi. Ciò in quanto i Paesi che hanno sottoscritto l’Accordo Generale sulle tariffe e il commercio (GATT, Ginevra, 30 ottobre 1947), aderendovi, si sono vincolati a recepire nella propria normativa interna le regole ivi dettate per la determinazione del valore doganale. Nell’Unione Europea tali previsioni sono state recepite dagli artt. 29 e ss del Codice Doganale Comunitario.
In particolare il criterio principale per la determinazione del valore doganale è quello del "valore di transazione" che individua nel prezzo complessivamente pagato o da pagare il valore doganale della merce importata. Inoltre sono stati previsti dei criteri alternativi, applicabili in via gerarchica, ma solo laddove il "criterio di transazione" risulti obiettivamente non applicabile.
Al valore determinato applicando il criterio del "valore di transazione", ovvero i criteri alternativi, è necessario aggiungere (costi di trasporto, royalties, apporti, ecc.) o sottrarre alcuni elementi, puntualmente individuati.
Una valutazione dei vari elementi da aggiungere/sottrarre può permettere importanti efficienze (ovvero mettere al riparo da pesanti contestazioni).
Tale valutazione non è sempre immediata e richiede sia un’approfondita conoscenza delle disposizioni in materia che un’accurata analisi "caso per caso".
A solo titolo di esempio, per l’attualità del tema, si rileva che taluni accordi di licenza prevedono che le royalties vengano pagate a fronte di una pluralità di servizi che vanno oltre il semplice uso del marchio. Ove solo la parte di royalties riferibile all’uso del marchio debba essere inclusa nel valore in dogana, sarà possibile includere nel valore doganale solo questa parte, purché il contratto definisca in maniera sufficientemente granulare i vari componenti del diritto di licenza, permettendo lo scorporo di quelli non daziabili.

Interessante è poi segnalare che il richiamato criterio di determinazione del "valore di transazione" può subire una variante applicabile a determinate condizioni: quando un bene, prima di essere ceduto per l’esportazione verso l’Unione Europea, sia oggetto di successive cessioni, esso potrà essere importato sulla base del prezzo applicato per la prima di tali cessioni, purché sia possibile dimostrare che il bene sin dalla prima cessione sia stato destinato alla vendita nel territorio comunitario (first/earlier sale price valuation method).

Accordi di libero scambio e origine preferenziale

La proliferazione di accordi di libero scambio bilaterali, ossia di accordi che prevedono reciproche concessioni tariffarie da parte dei contraenti, ha certamente fornito agli operatori ampi spazi per ridurre il carico daziario a destino. Tuttavia, nel contempo, l’operatore che intende avvalersi di tali vantaggi è nella posizione di dover affrontare una notevole e crescente complessità nella gestione delle operazioni internazionali, così come la necessità di effettuare una valutazione approfondita di ciascun flusso per definire se lo stesso è coperto o meno da un accordo di libero scambio.

Di converso, come si diceva, questi accordi hanno garantito la possibilità di fruire di rilevanti risparmi daziari attraverso le seguenti azioni:

  • Approvvigionamento strategico, mediante la scelta dei paesi di produzione che permettono di godere del migliore trattamento tariffario dei beni in importazione. Questa valutazione dovrà essere effettuata in un’ottica dinamica tenendo in considerazione sia gli accordi esistenti che quelli per i quali è stato avviato un negoziato. Va sottolineato che le decisioni di sourcing possono avere un impatto anche ex post in fase di valutazione dell’origine del prodotto finito. Una scelta di sourcing ottimale in fase di importazione delle materie prime può infatti rivelarsi non ottimale in fase di esportazione del prodotto finito.
  • Scelte di localizzazione della produzione: la scelta del luogo di produzione del bene e della natura delle trasformazioni/valore aggiunto da svolgere localmente ha un impatto sull’origine del prodotto risultante dalla lavorazione e quindi sulla possibilità per quel bene di accedere ai benefici concessi dagli accordi di libero scambio stipulati da quel paese con i paesi terzi.
  • Scelte di supply chain. Alcune scelte di spedizione diretta dai Paesi di produzione ai Paesi di destinazione o l’utilizzo di piattaforme di logistica localizzate in determinati Paesi possono avere una forte incidenza sul carico daziario, sia come opportunità di beneficiare di accordi, che come rischio di una duplicazione del carico tariffario.

Regimi doganali economici e sospensivi

La Convenzione di Kyoto sulle procedure doganali prevede l’istituzione di regimi doganali speciali grazie ai quali è consentita la detassazione ai fini doganali, subordinata ad una specifica destinazione del prodotto (es. temporanea importazione per lavorazione con riesportazione del prodotto finito) o la sospensione della pretesa daziaria nel Paese di importazione in attesa della scelta circa la destinazione finale (es. deposito doganale).
L’utilizzo di questi regimi può garantire risparmi sensibili; tali risparmi devono però essere valutati tenendo in considerazione i costi di gestione collegati, ad esempio, all’adeguamento dei sistemi informatici per permettere la piena tracciabilità delle merci vincolate al regime, ovvero ai costi degli operatori logistici ai quali viene data in outsourcing l’attività.

Opportunità doganali offerte dai Paesi di destinazione

Non devono nemmeno essere trascurate le opportunità di pianificazione offerte dagli istituti doganali dei Paesi di destinazione, anche alla luce del fatto che, generalmente, nei Paesi emergenti l’impatto daziario medio è sensibilmente più alto rispetto a quello dei Paesi più sviluppati.
Taluni Paesi prevedono ad esempio delle forme di sospensione tariffaria temporanea per le importazioni di beni che non sono in concorrenza con i beni fabbricati all’interno del paese (si veda ad esempio l’istituto dell’ex-tariffario in Brasile).

Certificazioni di affidabilità doganale e loro mutuo riconoscimento

Nel quadro del programma SAFE (WCO Framework of Standards to Secure and Facilitate Global Trade), sempre più Paesi prevedono programmi di certificazione doganale che consentono una riduzione sensibile del numero dei controlli ed una conseguente riduzione dei costi indiretti e dei rischi connessi con le operazioni doganali. In ambito comunitario questa opportunità è offerta dalla certificazione AEO. Tale figura è riconosciuta da alcune autorità doganali estere.

Razionalizzazione della gestione delle operazioni doganali


Esistono diverse soluzioni per ridurre i costi delle operazioni. Fra le tante è possibile citare quella dell’invio ai partner logistici dei dati automaticamente estratti dal gestionale aziendale per la compilazione della dichiarazione doganale. Questo tipo di soluzione permette:

  • da una parte di limitare il rischio di errore nella compilazione delle dichiarazioni
  • dall’altro di rendere efficiente lo scambio di informazioni automatizzando lo stesso.

Un’altra possibilità è offerta dallo status di "esportatore autorizzato" grazie al quale è consentito all’esportatore di attestare l’origine preferenziale dei beni direttamente in fattura indipendentemente dal valore degli stessi. Questo tipo di autorizzazione permette dunque di evitare la richiesta di certificati di circolazione EUR1 in fase di esportazione, rendendone più snella la procedura.

In aggiunta a quanto sopra vanno considerate anche le possibilità concesse dalle procedure semplificate/domiciliate di sdoganamento (local customs clearance), grazie alle quali è possibile evitare la presentazione della merce in dogana, effettuando lo sdoganamento presso i locali aziendali preventivamente autorizzati dalla dogana.

Pier Paolo Ghetti

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