9 aprile 2008

Perfezionamento passivo o esportazione?

di lettura
Con Circolare n. 156 del 15.07.99 il ministero delle Finanze ha ritenuto opportuno analizzare la disciplina del traffico di perfezionamento passivo.

Sono infatti emerse alcune perplessità, all'atto dell'effettuazione di importazioni, in ordine all'utilizzo del plafond costituito a seguito di invii verso paesi terzi, di merci per le quali non sarebbero intervenuti gli effetti traslativi della proprietà nei confronti del soggetto estero.

La questione trae origine dal regime doganale (perfezionamento passivo o esportazione) applicabile nel caso di invio all'estero di merci per lavorazione, senza trasferimento della proprietà, destinate ad essere reintrodotte sotto forma di prodotti compensatori.

Il Dipartimento delle dogane e delle imposte indirette, con nota n.1248 del 6 maggio 1997, ha ammesso la possibilità che operazioni siffatte avvengano alla stregua di un'esportazione definitiva, senza peraltro che le medesime possano comunque considerarsi sotto il profilo dell'IVA cessioni all'esportazione ai sensi dell'art. 8 del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, anche perché, alla luce dei regolamenti comunitari, "non sussiste alcun obbligo di ricorrere al regime del perfezionamento passivo, che costituisce un'agevolazione per il richiedente (Reg. CEE n. 2913/92), il quale ha facoltà di farvi o meno ricorso."

In particolare, ai fini del superamento della presunzione di cessione contenuta nell'art. 53 del D.P.R. n. 633 del 1972 (disposizione sostituita, con decorrenza 7 gennaio 1998, dal D.P.R. 10 novembre 1997, n. 441), il Dipartimento delle dogane ha evidenziato che non è possibile emettere una fattura "pro forma", ma può essere invece utilizzato un documento contabile (o lista valorizzata su carta intestata), da annotare in apposito registro tenuto e conservato ai sensi dell'art. 39 dello stesso decreto.

In alternativa, può farsi utile riferimento anche al documento di trasporto o di consegna di cui all'articolo unico, comma 3, del D.P.R. 14 agosto 1996, n. 472, senza che sia necessaria l'annotazione sul predetto registro, essendo sufficiente a comprovare la movimentazione dei beni, la conservazione, a norma del già richiamato art.39, di idonea documentazione (documenti di trasporto, doganali o contabili).

Inoltre, per garantire la corrispondenza tra effetti fiscali ed effetti civilistici, "anche per evitare ipotesi di vendita fittizia e conseguenti irregolarità fiscali", lo stesso Dipartimento delle dogane, in assenza del trasferimento della proprietà dei beni, ha evidenziato la necessità di assicurarsi che, sotto il profilo dell'IVA, l'operazione medesima non appaia come una cessione all'esportazione ai sensi del citato art. 8 del D.P.R. n. 633 del 1972. Pertanto, la documentazione presentata dall'esportatore a corredo della bolletta di esportazione definitiva emessa, dovrà essere invalidata con la dicitura "Non valida ai fini dell'art.8 del D.P.R. n. 633/72".

Il Dipartimento doganale, nel sottolineare che l'operatore economico può liberamente decidere di rinunciare ai benefici derivanti dall'applicazione del regime di "perfezionamento passivo", optando per l'effettuazione di una semplice esportazione definitiva, ha anche chiarito che in simile ipotesi all'atto dell'importazione dei prodotti compensatori "la relativa operazione doganale è un'immissione in libera pratica di merci terze soggette ai diritti doganali loro propri."

Ai fini della corretta determinazione del valore in dogana, la presentazione dei prodotti ottenuti configura un'importazione il cui valore imponibile ai fini IVA viene commisurato al valore doganale dei beni importati, comprensivo, in particolare, non solo del compenso di lavorazione fatturato, ma anche del valore delle merci in precedenza esportate, nonché degli altri eventuali "apporti" utilizzati per l'ottenimento dei beni medesimi e di tutti gli altri elementi da prendere in considerazione in base alla normativa in materia di valore in dogana ed all'art. 69 del D.P.R. n. 633 del 1972. E' stato peraltro confermato che l'eventuale cessione delle merci esportate durante la loro permanenza all'estero non assume rilevanza ai fini dell'IVA ai sensi dell'art. 7, secondo comma, del citato D.P.R. n. 633.

Per quanto riguarda gli aspetti IVA e l'eventuale applicazione della disposizione di cui all'art.8, primo comma, lett. a), del più volte richiamato D.P.R. n. 633 del 1972, si deve innanzitutto far presente che, agli effetti dell'imposta, assume rilevanza il rapporto civilistico instaurato tra i due soggetti interessati.

Affinché si configuri una cessione all'esportazione è indispensabile non solo la materiale uscita dei beni dal territorio comunitario, ma anche il verificarsi di un trasferimento del diritto di proprietà o di altro diritto reale di godimento oltre naturalmente al pagamento di un corrispettivo.

La mancanza di tali presupposti non soddisfa i requisiti del D.P.R. n. 633 del 1972 e, in particolare, l'assenza di un corrispettivo non consente di includere l'operazione tra quelle che concorrono alla formazione del plafond. In tal senso, la soppressa Direzione generale delle tasse e delle Imposte indirette sugli affari, si era già espressa sull'esclusione dal computo del plafond delle operazioni di esportazione "franco valuta", che si verificano quando l'operatore nazionale effettua una cessione all'esportazione senza pagamento di corrispettivo.

Ciò premesso, si deve tuttavia rilevare che non può escludersi, in linea di principio, l'ipotesi che l'operatore nazionale decida, anche in presenza di beni da sottoporre a operazioni di lavorazione all'estero, di effettuare una vera e propria "cessione all'esportazione", nel senso sopra esposto. In tal caso non possono considerarsi elementi ostativi nè la mancanza di un atto formale di compravendita (nella prassi commerciale è frequente il ricorso a contratti stipulati in forma verbale) nè il ricorso ad una compensazione finanziaria, che potrebbero avvenire in presenza di un rapporto debito e credito tra le parti contraenti.

Sarà cura, pertanto, degli organi di accertamento, verificare la sussistenza delle condizioni che permettano di considerare l'operazione alla stregua di una cessione all'esportazione nonché l'osservanza degli adempimenti formali (fatturazione, registrazione, etc.) previsti dalle norme vigenti.

Andrea Toscano e Simone Del Nevo

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Invio all'estero di merci da sottoporre a lavorazione
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