La ratio di tali accordi è di consentire, alle aziende produttrici dei paesi che li hanno siglati, di rendere maggiormente appetibili le merci ivi fabbricate grazie all’abbattimento daziario che, per taluni prodotti, può risultare consistente. In tali accordi nessun beneficio è invece garantito alle aziende che acquistano merce di origine e provenienza estera che rivendono senza effettuare alcuna lavorazione.
L’Unione Europea ha siglato accordi di libero scambio con diversi paesi incentivando, in tal modo, le esportazioni delle merci fabbricate al suo interno verso tali paesi. (Albania, Bosnia-Herzegovina, Switzerland, , Chile, Colombia, Costa Rica, Algeria, Egypt, Faroe Islands, Georgia,Guatemala, Honduras, Israel, Iceland, Jordan, Lebanon, Liechtenstein, Morocco, Montenegro, Macedonia, Moldova, Mexico, Nicaragua, Norway, , Panama, Perù,El Salvador,Tunisia, Turkey, South-Africa, Korea del sud).
Occorre altresì evidenziare che l’Unione Europea sta portando avanti diversi negoziati con altri paesi per stipulare gli accordi di libero scambio (in primis, per rilevanza, il negoziato con gli USA per creare una zona di libero scambio transatlantica).
Per poter beneficiare degli sconti daziari previsti dai suddetti accordi, le merci devono rispettare le regole di origine preferenziale previste nel protocollo di origine allegato agli accordi. Infatti, per fruire dei suddetti benefici, non è sufficiente che il prodotto sia considerato di origine (made in) del paese di esportazione, ma occorre che sia di origine preferenziale, ossia che rispetti le suddette regole di origine previste dagli accordi.
Le regole dell’origine preferenziali
Tali regole prevedono, in primis, che la fabbricazione avvenga interamente nel paese di esportazione. Qualora una fase della lavorazione, seppur minima, sia effettuata in un paese terzo, non sarà possibile dichiarare l’origine preferenziale del prodotto.
Successivamente occorre individuare la regola di origine prevista per il prodotto esportato stabilita nei protocolli di origine in base alla voce doganale.
Esempio : la regola di origine preferenziale per i prodotti appartenenti al capitolo 491 della nomenclatura combinata
Nella lavorazione dei prodotti classificati nel capitolo 49, non si possono utilizzare materiali, che non siano di origine preferenziale, che abbiano la stessa voce doganale (ossia le prime 4 cifre della nomenclatura combinata) del prodotto finito.
Qualora un operatore comunitario non sia un produttore ma un trader, per soddisfare le suddette regole deve richiedere, al proprio fornitore comunitario, la dichiarazione di origine preferenziale con i requisiti formali disposti dal Reg. Ce 1207/01 e successive modifiche: con tale documento, infatti, il fornitore dichiara, assumendone la responsabilità, di aver rispettato, nella fabbricazione, le regole di origine preferenziale; in assenza di tale dichiarazione, l’esportatore non può dichiarare che la merce sia di origine preferenziale.
Infine il trasporto della merce deve essere diretto tra i due paesi accordisti. Un prodotto di origine preferenziale importato in un paese terzo, non può essere dichiarato di origine preferenziale, qualora sia riesportato verso l’altro paese accordista.
Modalità di dichiarazione dell’origine preferenziale
Una volta verificati i suddetti requisiti, l’esportatore può dichiarare il proprio prodotto di origine preferenziale mediante una delle due modalità previste:
- Presentazione di una istanza alla Dogana per l’emissione del certificato di origine preferenziale EUR 1. Occorre evidenziare che tale modalità non è prevista nell’accordo di libero scambio stipulato tra l’Unione Europea e la Corea del Sud. Per le esportazioni verso tale paese, si può utilizzare esclusivamente la seconda modalità sotto riportata.
- Apponendo la dichiarazione di origine preferenziale direttamente sulla fattura. Tale modalità è consentita a tutti gli operatori commerciali per esportazioni fino a € 6.000,00; per esportazioni di valore superiore a tale soglia occorre richiedere un’autorizzazione preventiva alla dogana competente per territorio.
Pertanto, per poter emettere il certificato EUR 1, la Dogana di esportazione richiede un’autocertificazione dell’esportatore nella quale lo stesso si assume la responsabilità che le propria merce rispetti i requisiti di origine preferenziale previsti dagli accordi di libero scambio.
La normativa (art.110 DAC) prevede che la Dogana potrebbe richiedere all’esportatore ulteriore documentazione che comprovi l’origine preferenziale delle merci, ma, nella maggior parte dei casi, si accontenta della suddetta dichiarazione riservandosi di effettuare le opportune verifiche in seguito.
Possibilità di verifica da parte della dogana
L’esportatore che dichiara l’origine preferenziale ha, infatti, l’obbligo di conservare la documentazione che comprovi l’origine preferenziale dei propri prodotti per 3 anni (5 anni per le esportazioni verso la Corea del Sud) dalla data dell’operazione.
In tale periodo la Dogana, su propria iniziativa, oppure su richiesta avanzata dalle autorità del paese accordista, può effettuare una verifica presso l’azienda per accertare la corretta dichiarazione di origine preferenziale.
Se a seguito delle verifiche si dovesse accertare che il certificato di origine è irregolare, ossia emesso senza rispettare i requisiti stabiliti dall’accordo di libero scambio, il certificato di origine preferenziale viene annullato portando una duplice conseguenza:
- L’importatore si troverà a dover versare i dazi non versati all’atto dell’importazione e pagare la sanzione qualora sia prevista dalla normativa interna del paese accordista.
- L’autorità doganale emette una denuncia di reato per falso ideologico nei confronti del legale rappresentante dell’azienda esportatrici e dell’eventuale delegato alla firma, per aver violato l’art. 483 del codice penale.
Come già sopra precisato, per emettere un certificato di origine l’esportatore si assume la responsabilità, davanti ad un pubblico ufficiale (in tale caso il funzionario doganale che rilascia il certificato EUR 1), della veridicità delle proprie dichiarazioni. Qualora tali dichiarazioni si dovessero rivelare false, le conseguenze sarebbero di natura penale.
Conclusioni
Per quanto fin qui esposto risulta evidente che l’origine preferenziale è una grande opportunità per gli operatori commerciali comunitari, e consente di rendere maggiormente appetibili i propri prodotti grazie all’abbattimento daziario. Tuttavia l’operatore che richieda l’emissione del certificato di origine preferenziale deve accertarsi, preventivamente, di rispettare i requisiti stabiliti dall’accordo di libero scambio. Qualora l’esportatore non si attivi in tal senso, rischia di causare un danno al proprio partner commerciale, che si vedrà esposto al recupero dei dazi da parte delle autorità doganali del paese di importazione (tale recupero risulta consistente qualora siano annullati tutti i certificati di origine preferenziale relativi ai tre anni precedenti) e, soprattutto, si espone al rischio di una eventuale azione penale nei confronti del legale rappresentante e dell’eventuale delegato alla firma.
Per l’esportatore che si assume la responsabilità davanti al pubblico ufficiale non è possibile addurre la buona fede, dichiarando di non conoscere la normativa relativa all’origine preferenziale. Nel momento in cui un soggetto rilascia una dichiarazione davanti al pubblico ufficiale afferma, infatti, anche di conoscere la normativa e di averla rispettata.
Andrea Toscano e Enrico Calcagnile