Procedure doganali e documenti di spedizione
L’autorità doganale indiana incaricata del controllo delle importazioni di merci è il Central Board of Accise and Customs. Le operazioni di sdoganamento sono piuttosto lente e richiedono normalmente dai 20 ai 25 giorni.
In linea generale in India, in base al regime della OGL (Open General Licence), vige il principio di libera importazione/esportazione, delle merci, salvo per quelle indicate nella Negative List.
La dichiarazione in dogana deve essere presentata dall'importatore o da un suo rappresentante (agent). Ci sono due forme per la presentazione della dichiarazione:
- dichiarazione di entrata (Bill of Entry) in forma cartacea redatta in più copie e con colori differenti, a seconda della destinazione doganale della merce (si distinguono vari modelli di Bill of Entry; il "Bill of Entry for home consumption” è utilizzato nel caso di importazione definitiva (e quindi per l’immissione in consumo) della merce in India, con pagamento dei relativi diritti
- dichiarazione informatica (cargo declaration) dal contenuto, in gran parte, simile a quello della Bill of Entry.
Per le merci originarie della Ue (come attestato dal certificato di origine comune o non preferenziale), l'India applica la clausola della nazione più favorita (“MFN – Most Favoured Nation”).
Documenti di spedizione
- Dichiarazione doganale
- Fattura commerciale in 3 esemplari, redatta in inglese che deve indicare il
- numero e la data della licenza di importazione indiana e il paese di origine
- della merce
- Certificato di origine - su richiesta dell’importatore - redatto sul formulario comunitario e vistato dalla CCIAA competente
- Certificato di qualità di un ente terzo (es. SGS) se richiesto dall’importatore
- Documenti aggiuntivi possono essere richiesti per particolari tipologie di
- prodotti agroalimentari.
Le casse di legno, gabbie, pallets destinati all’India devono essere trattati e marchiati secondo la normativa NIMP n°15; questo comporta che l’imballo debba essere esposto alla fumigazione di Bromuro di Metile.
Normativa del settore agroalimentare
Il sistema indiano relativo alla sicurezza dei metodi di certificazione dei prodotti è molto complesso in quanto ci sono diverse fonti normative a volte in contraddizione tra loro. Per i prodotti alimentari l’ente di riferimento in materia di sicurezza è l’AGMARK in collaborazione con il BIS (Bureau of Indian Standards).
Il sistema di controllo adottato da tali enti è denominato "Hazard Analysis and Critical Control Point (HACCP) ed è volto a identificare e a prevenire la presenza di microorganismi e altri organismi nocivi negli alimenti.
Inoltre, essendo l’India uno stato Federale, a livello di ogni singolo Stato possono essere emesse, in tema alimentare, normative specifiche che rendono ancora più difficoltoso orientarsi sulle certificazioni e normative richieste. Il confronto con l’importatore diventa indispensabile.
Etichettatura
Le indicazioni in India in merito all’etichettatura degli alimenti sono definite dal Food Safety and Standards Authority of India (FSSAI).
L'hindi è la lingua ufficiale nazionale, mentre l’inglese è la lingua ufficiale supplementare, per l’etichettatura dei prodotti alimentari è sufficiente l’utilizzo della sola lingua inglese.
La normativa sull’etichettatura è molto complessa, tenendo anche conto che sono definite etichette specifiche in relazione al tipo di prodotto, e che ogni Stato può legiferare in modo autonomo. Di seguito sono indicati i contenuti basilari:
- nome ed indirizzo del produttore
- nome ed indirizzo dell’importatore
- denominazione esatta del prodotto
- composizione degli ingredienti compresi additivi, conservanti e coloranti
- composizione degli elementi nutritivi
- contenuto netto, volume o qualità (e peso sgocciolato per i prodotti in un liquido)
- informazioni nutrizionali
- numero del lotto
- logo del cibo vegetariano o non vegetariano
- istruzioni per la conservazione
- data di produzione e di scadenza
- paese d'origine.
Vino
Il settore delle bevande alcoliche in India è dominato dai superalcolici. Il vino è percepito, rispetto agli alcolici, come più raffinato e più salutare e, quindi, preferito dalle donne e da una fascia più attenta ai consumi..
Lo sviluppo del settore è stato originato anche dalla liberalizzazione commerciale del vino sia in bottiglia che sfuso anche di produzione locale.
L’importazione di bevande alcoliche in India è vincolata da tariffe di importazione molto alte, tasse locali e, soprattutto da un articolato sistema per l’ottenimento della licenza di vendita e distribuzione per questi prodotti. Infatti, il mercato indiano del vino tende a privilegiare le produzioni locali anche tramite dazi posti dai singoli Stati che hanno autonomia legislativa a riguardo.
La normativa risente di vincoli emessi da ogni Stato, anche per quanto riguarda la registrazione delle etichette, il magazzinaggio, la distribuzione, la vendita al dettaglio e la pubblicizzazione.
Per l’esportazione di vino in India è necessario il Certificato di analisi ed il Certificato di origine (con i dettagli circa la provenienza DOC, DOCG, ecc.). Tali documenti devono essere firmati dall’importatore indiano.
L’etichettatura del vino non presenta particolari peculiarità, ovviamente sono da indicare il tipo di vino (es. aromatico), la quantità netta in ml., l’eventuale presenza di conservanti, additivi e la gradazione alcolica.
In alcuni Stati è richiesto anche il MRP (prezzo massimo di vendita al pubblico) e le accise corrisposte allo Stato.
L’imballaggio deve essere chiaro ed esplicito, indicante la quantità di bottiglie, le caratteristiche del prodotto, ecc.; gli stessi dettagli sono da indicare nel caso di imballi in contenitori diversi.
La marca del vino deve essere registrata nello Stato specifico in cui viene commercializzato; tale registrazione in alcuni Stati ha una valenza annuale.
In India, il Governo vieta la pubblicità che promuove il consumo di alcolici (vino incluso).
Salumi
Gli spazi per l’esportazione di salumi in India sono molto ridotti in quanto diversi fattori intervengono a limitarne il consumo:
- rilevante presenza di popolazione che adotta una dieta esclusivamente
- vegetariana
- gli induisti non vegetariani si astengono dal consumo di quelli di bovino
- ritenuto un animale sacro
- la popolazione di religione musulmana non consuma carne di suino.
La maggior parte delle importazioni dei prodotti di origine animale sono comunque vietate secondo la legge indiana. Tra queste diversi prodotti caseari, pollame, ovini, caprini, suini.
La normativa indiana prevede che possono essere importati solo salumi cotti (che tra l’altro presentano una shelf life più ridotta e condizioni di movimentazione più rigide, il che crea un ulteriore ostacolo alla commercializzazione in un Paese lontano e non sempre in grado di garantire una efficiente catena dei trasporti).
Per l’esportazione del prodotto è necessario il Certificato sanitario di esportazione di prodotti a base di carne suine trattate termicamente verso l’India il cui format è reperibile presso il sito del Ministero della salute sezione Sicurezza Alimentare.
Formaggi-latticini
In India la tradizione dei formaggi (freschi e affinati) è antica e a questa di aggiunga la più recente introduzione di quelli fusi. La produzione è prevalentemente di carattere artigianale o in mano alle multinazionali.
Quanto sopra indicato per il consumo di salumi in India vale anche per molti prodotti del settore lattiero – caseario in quanto i formaggi di importazione sono prodotti prevalentemente con caglio di origine animale.
Per l’esportazione del prodotto è necessario il Certificato veterinario per l'importazione in India di latte e prodotti a base di latte il cui format è reperibile presso il sito del Ministero della salute sezione Sicurezza Alimentare.
Frutta
Non esistono particolari divieti per l’importazione di frutta. Sono previste
misure contro la mosca mediterranea della frutta (Ceratitis capitata): è in corso la sperimentazione di particolari procedure per l’esportazione dei prodotti in India (temperature, durata, modulistica) al fine di ridurre i tempi di trattamento a basse temperature (cold treatment) in magazzino prima della spedizione, in quanto l’alternativa è rappresentata dalla fumigazione con il bromuro di metile che non è più ammessa in Europa).
Tra i frutti più richiesti sul mercato indiano figurano: kiwi, prugne, pesche, frutti di bosco, mele, meloni e arance.
Il settore è regolato da Fruit Product Order I 1055 (FPO) che è gestito dal Department of Food Processing Industries (indicazioni reperibili nel sito del Ministry of Food Processing Industries).
Per i prodotti d’importazione sono definiti, dal Ministero per l’agricoltura indiano (agricoop.nic.in), i limiti massimi per i residui fitosanitari; di norma si basano sullo standard del Codex Alimentarius.
Il Certificato fitosanitario è richiesto per i prodotti ortofrutticoli, i legumi e i semi.