Il tema dei resi è infatti particolarmente sentito dagli operatori economici in quanto, pur consentendo il Codice Doganale di reimportare nell’UE merci precedentemente esportate senza applicazione dei dazi, per accedere a questa procedura speciale è necessario seguire un iter che spesso si rivela particolarmente complesso, che può comportare anche settimane di attesa per lo sdoganamento di merci in rientro.
La questione si mostra particolarmente critica e di speciale attualità se si considera il comparto delle vendite on line, ove è fisiologico che il consumatore finale proceda alla restituzione di beni ordinati, esercitando una facoltà che ormai tutte le piattaforme web concedono anche a distanza di molto tempo dalla consegna dei prodotti.
Secondo i dati diffusi dall’Agenzia Dogane Monopoli, nel 2020 l’effettuazione di operazioni sul mercato e-commerce è triplicato rispetto alla tendenza già in costante aumento degli scorsi anni. La possibilità di selezionare i beni da acquistare su una piattaforma web e procedere al pagamento, senza doversi recare presso i punti vendita fisici, è sempre più apprezzata dal consumatore soprattutto in considerazione dei rischi legati all’attuale crisi sanitaria.
Dal punto di vista doganale, le operazioni di reso sono disciplinate dall’art. 203 CDU, che – su richiesta dell’operatore – in termini generali prevede l’esenzione dai dazi per le operazioni di reintroduzione della merce, che avvengano entro i tre anni successivi alla precedente esportazione delle stesse come merci unionali.
La norma prevede, quale condizione per l’esenzione, che le merci siano “reintrodotte nello stato in cui sono state esportate” e che alla reintroduzione vengano fornite le informazioni attestanti la sussistenza delle condizioni previste per l’esenzione.
Il significato dell’espressione sopra virgolettata è esplicitato dall’art. 158 del Reg. UE n. 2446/2015, secondo cui tale circostanza ricorre qualora le merci precedentemente esportate siano reintrodotte senza aver subito trattamenti o manipolazioni oltre a quelli incidenti sulla presentazione, quelli necessari alla riparazione o per la manutenzione (o nel caso in cui abbiano subito trattamenti diversi, che questi ultimi si siano rivelati inadatti all’uso cui erano destinate le merci).
Alla luce di ciò, si intende come le operazioni di reintroduzione delle merci nel Paese di esportazione, conseguentemente al reso effettuato dal consumatore, debbano consentire l’arrivo della merce a destinazione in tempi utili alla buona riuscita del servizio effettuato per conto del marketplace. Eppure il flusso ex art. 203 CDU è spesso rallentato dai controlli in linea effettuati dalla dogana all’atto della reintroduzione, nonché dai tempi necessari all’operatore per l’ottenimento delle singole autorizzazioni di volta in volta richieste dalla dogana ai fini dell’esenzione.
Easy Free Back
L’ADM ha lanciato un’iniziativa denominata “Easy Free Back” (presentata con il public hearing del 31 agosto 2020) volta ad introdurre importanti facilitazioni alle operazioni di reintroduzione, pur in presenza di alcune discutibili condizioni.
Le semplificazioni più importanti consistono nella possibilità, per gli operatori commerciali che effettuino operazioni commerciali nei confronti di soggetti B2C, di procedere alla reintroduzione in esenzione sulla base di un’autorizzazione unica per tutte le operazioni, subendo minori controlli fisici in linea in base al livello di compliance dell’impresa (si privilegiano eventuali controlli a posteriori). Tali semplificazioni si renderebbero possibili grazie all’interoperabilità tra il software relativo al marketplace e i sistemi in uso all’ADM. In attesa dei provvedimenti esecutivi, sarebbe auspicabile che:
- l’autorizzazione unica non preveda alcun limite temporale, in quanto sarebbe altrimenti vanificata la sua utilità in considerazione dell’arco di tempo triennale entro cui è possibile avvalersi della facoltà ex art. 203 CDU
- i controlli in linea subiscano (in ragione della loro attitudine a rallentare le operazioni di consegna, incompatibilmente con la necessità di speditezza e praticità che caratterizzano l’e-commerce) un sostanziale azzeramento, prediligendosi l’esecuzione di controlli documentali o, meglio, a posteriori.
Requisiti
Per quanto noto al momento, è necessario precisare che tali facilitazioni sono subordinate alla sussistenza di taluni requisiti, anticipati da ADM nel citato hearing pubblico e che tuttavia sono ancora oggetto di discussione e possibile modifica:
- sono riservate solo agli operatori che effettuino operazioni B2C, sebbene tale limitazione soggettiva non sia normativamente prevista, escludendo in tal modo tutte le cessioni B2B pure molto frequenti in tale ambito
- si applicano solo su una soglia minima di 500 operazioni: trattasi anche qui di una limitazione che – oltre a non essere prevista normativamente – esclude dal beneficio molti operatori che, ad esempio, effettuando in larga parte operazioni B2B, non raggiungono la predetta soglia nell’ambito delle operazioni B2C, o che effettuano un numero di operazioni non omogeneo durante il corso dell’anno
- solo per i soggetti in possesso del cod. EORI, e dei requisiti ex art. 39 CDU lett. a) e b), sostanzialmente riferibili ai processi soggettivi e doganali connessi allo status AEO, requisito questo in linea con il beneficio in argomento, che è direttamente connesso all’affidabilità del soggetto
- è necessaria l’autorizzazione allo sdoganamento presso «luogo approvato», nonché «destinatario aut. in transito», così da localizzare compiutamente le merci e ricondurre l’operatività ad un soggetto di fatto già sottoposto ad audit autorizzativo
- il singolo prodotto deve essere tracciabile mediante codice univoco identificativo
- il marketplace deve consentire all’ADM di poter interagire con i sistemi in uso al primo, sebbene non siano stati diffusi sufficienti dettagli tecnici per consentire l’adeguamento a tal fine
- è inoltre previsto il requisito oggettivo della identità tra la merce esportata e quella reintrodotta, nonché quello soggettivo dell’identità tra dichiarante in export e in reintroduzione.
Sull’ultimo punto, si rileva che, al momento, nella prassi accade sovente che all’atto della reintroduzione il requisito della identità oggettiva tra merce esportata e successivamente reintrodotta venga interpretato dalla dogana anche alla luce del valore della merce, il che rende molto critico per l’operatore avvalersi dell’art. 203 CDU perché il valore è un elemento soggetto a diverse contingenze che lo rendono un parametro per definizione variabile, dipendente inoltre dai metodi di valutazione di cui agli artt. 69 e ss.
V’è da rilevare inoltre che, soprattutto in settori come quello della moda, la merce subisce spesso una repentina svalutazione nell’arco del triennio in cui sarebbe ancora possibile reintrodurre la merce in esenzione. È pertanto necessario precisare che il requisito dell’identità tra merce esportata e successivamente reintrodotta riguarda piuttosto lo “stato” della stessa, conformemente a quanto previsto dal menzionato art. 158 del reg. UE. N. 2015/2446.
Nulla è poi previsto a livello normativo anche per quanto riguarda il requisito dell’identità soggettiva concernente il dichiarante all’export ed al successivo all’atto della reintroduzione, diversamente da quanto accade per l’esenzione ai fini IVA, per cui l’art. 68 DPR 633/72 prevede la sua applicabilità per «la reintroduzione di beni nello stato originario, da parte dello stesso soggetto che li aveva esportati».
Ettore Sbandi