Nel 2024 la propensione all’export dell’Italia si è attestata intorno al 31%, a un livello simile a quello di Francia e Spagna e inferiore a quello della Germania (oltre il 40%). Questo elevato grado di apertura commerciale rende l’economia italiana particolarmente esposta all’imposizione di barriere tariffarie.
L’amministrazione americana ha recentemente definito incrementi significativi delle aliquote sulle importazioni statunitensi da tutto il mondo, portando il tasso effettivo medio dal 2,4% (nel gennaio 2024) al 18,3%.
Il 27 luglio, al termine del vertice tenutosi in Scozia, è stato raggiunto un primo accordo politico tra l’Unione Europea e gli Stati Uniti diretto a evitare l’imposizione unilaterale da parte degli USA di dazi doganali al 30%. Il 21 agosto la dichiarazione congiunta Ue e Usa ha precisato i dettagli e formalizzato l’intesa.
La tariffa unica del 15% si applica su quasi tutte le esportazioni europee e riguarda anche il comparto automotive (autoveicoli e parti), i semiconduttori, il farmaceutico e il vino. I dazi settoriali su acciaio, alluminio e rame restano invariati e si continuerà ad applicare la tariffa del 50% già in vigore.
Nell’ambito dell’intesa commerciale l’Unione Europea si è impegnata a:
- acquistare prodotti energetici dagli Stati Uniti per circa 750 miliardi di dollari nell’arco di tre anni
- investire negli USA 600 miliardi di dollari
- acquistare su larga scala i chip statunitensi per l’intelligenza artificiale, destinati a sostenere l’industria digitale e la manifattura.
Interscambio commerciale Italia – USA 2024
Il valore delle esportazioni di merci italiane nel 2024 ha raggiunto circa 624 miliardi di euro. Gli Stati Uniti hanno rappresentato circa il 10% delle esportazioni italiane di beni e sono il secondo mercato di destinazione, dopo la Germania, e il primo tra i mercati extra UE.
Secondo l’approfondimento di Agenzia ICE - pubblicato con informazioni aggiornate al 31 luglio 2025 - nel 2024 le esportazioni nazionali verso gli USA si sono concentrate soprattutto su: meccanica, farmaceutica e agroalimentare. L’interscambio commerciale bilaterale tra Italia e Stati Uniti ha superato i 90 miliardi di euro:
- le esportazioni italiane hanno raggiunto i 65 miliardi di euro (-3,6% rispetto al 2023)
- le importazioni sono cresciute del 2,6% sfiorando i 26 miliardi di euro.
Per l’Italia, il saldo commerciale è pari a circa 39 miliardi di euro.
Nel primo semestre 2025 gli Stati Uniti si sono confermati il principale mercato di destinazione delle merci italiane al di fuori dell’UE, con esportazioni pari a 35,7 miliardi di euro: rispetto al primo semestre del 2024 è stato registrato un incremento sia delle esportazioni (+7,8%) sia delle importazioni (+14,9%).
Risultano particolarmente a rischio i prodotti di gamma medio-bassa, contraddistinti da un’elevata elasticità di sostituzione e, dunque, più facilmente sostituibili con alternative meno costose offerte da altri fornitori.
Alcune regioni risultano più esposte: l’Abruzzo e la Toscana, con un peso dell’export verso gli Stati Uniti rispettivamente pari al 17,1% e al 16,2%. Seguono il Molise (13,4%), l’Emilia-Romagna (12,5%), l’Umbria (12,4%) e il Friuli-Venezia-Giulia (12,2%). Il Mezzogiorno risulterebbe più esposto di altre aree del paese per il basso livello di diversificazione dei prodotti venduti all’estero.
Impatto sull’agroalimentare
Gli Stati Uniti, con quasi 8 miliardi di euro di export nel 2024, sono il principale mercato extra-Ue per il cibo Made in Italy. Secondo la Coldiretti le nuove tariffe al 15% sui prodotti agroalimentari italiani rischiano di costare oltre 1 miliardo di euro al Made in Italy, con vino, olio, pasta e comparto suinicolo tra i più colpiti.
- Il vino, prima voce dell’export, rischia dazi per 290 milioni di euro
- L’olio extravergine di oliva subirà un aggravio di oltre 140 milioni
- La pasta di semola vedrà un aumento di quasi 74 milioni
- I formaggi restano stabili, già gravati da tariffe tra il 10% e il 15%.
Coldiretti e Filiera Italia hanno definito la trattativa “sbilanciata a favore degli Stati Uniti e, ancora una volta, a pagare è l’agricoltura europea. Ci aspettavamo almeno l’esclusione del vino dalla lista dei dazi, ma così non è stato”.
A giugno 2025 l’export agroalimentare italiano negli USA è già calato del 2,9%, primo segno negativo da settembre 2023. Nello stesso mese, l’export totale italiano verso gli Stati Uniti è invece cresciuto del 10,3%.
Unione Italiana vini parla di “stangata per il settore più esposto tra le top 10 categorie italiane di prodotti destinati agli Stati Uniti, con un’incidenza al 24% sul totale export globale e un controvalore di circa 2 miliardi di euro l’anno. Il danno stimato per le imprese è di circa 317 milioni di euro nei prossimi 12 mesi, mentre per i partner commerciali d’oltreoceano il mancato guadagno salirà fino a quasi 1,7 miliardi di dollari. Il danno salirebbe a 460 milioni di euro qualora il dollaro dovesse mantenere l’attuale livello di svalutazione”.
Per quanto riguarda infine il settore arredamento, il 22 agosto Donald Trump ha postato su Truth: “Stiamo conducendo un’importante indagine tariffaria sui mobili in arrivo negli Stati Uniti. Entro i prossimi 50 giorni l’indagine sarà completata e i mobili provenienti da altri Paesi e destinati agli Stati Uniti saranno soggetti a dazi doganali a un’aliquota ancora da definire. Questo riporterà l’industria del mobile in North Carolina, South Carolina, Michigan e in molti altri Stati dell’Unione”.