Tre aspetti rilevano dal punto di vista della disciplina doganale, alla luce della revisione dell’articolo 303 del Testo Unico delle Leggi Doganali (TULD):
- l’origine,
- il valore in dogana
- il codice doganale della merce.
Il TULD evidenzia che un’errata dichiarazione in dogana relativa a questi tre aspetti può generare un sistema sanzionatorio, cosiddetto “a scaglioni”, che in alcuni casi può raggiungere delle cifre rilevanti.
Esempio
Supponiamo che un’impresa voglia importare un dato prodotto dai mercati asiatici: a seconda del codice doganale che viene assegnato al prodotto che si intende importare, quest’ultimo può, in misura maggiore o minore, essere sottoposto a un dazio anti-dumping fino all’87%. Supponiamo, ancora, che questa impresa, operando in buona fede, a seguito di un controllo doganale, si trovi in una situazione di non conformità di codice doganale; in tal caso andrà incontro a un Preventivo Verbale di Constatazione (PVC).
L’impresa passerà da un’operazione di normale gestione di import-export al ritrovarsi implicata in un problema di carattere giuridico.
Sempre più spesso, infatti, numerosissime aziende, prevalentemente in operazioni di import, si imbattono in situazioni di questo tipo. Tuttavia il contraddittorio che si verrebbe a verificare non necessariamente sfocerà in un contenzioso, né tantomeno un eventuale contenzioso dovrà prefigurare necessariamente una sanzione; il meccanismo previsto dalle autorità procedurali prevede, infatti, un iter che permette di dimostrare le motivazioni che hanno generato il contraddittorio.
Ciò che con questo esempio è utile evidenziare è che il codice doganale individuato, che ha generato la situazione di non conformità alla norma, non era stato scelto dall’impresa, dal momento che quest’ultima non aveva la competenza tecnica per andare a definire se il codice doganale attribuito al prodotto era idoneo e adeguato, ma aveva visto l’intervento di un operatore doganale che aveva interpretato, presumibilmente con dovuta diligenza, di aver attribuito un giusto codice al prodotto.
È quindi compito delle imprese importatrici riservare la massima attenzione nella scelta degli operatori doganali, con particolare riguardo alle piccole imprese che si muovono per la prima volta in un contesto internazionale e che spesso nei rapporti con la dogana si trovano a dover fronteggiare situazioni di carattere sanzionatorio a seguito di una infrazione della norma prevista dal TULD.
Articolo 303 testo Unico delle Leggi Doganali: il nuovo sistema sanzionatorio
Nello specifico, il nuovo sistema sanzionatorio introdotto dalla riformulazione del terzo comma dell’articolo 303 del testo Unico delle Leggi Doganali, prevede che se l’errore preso in esame ha determinato un mancato pagamento dei dazi, il sistema sanzionatorio che conseguirà si manterrà tendenzialmente basso laddove la differenza di mancato pagamento del dazio rientra in un campo di variazione ridotto (fino a 500 euro).
Tuttavia l’esperienza ci insegna che, nella maggior parte dei casi l’autorità doganale interviene perché il sistema sanzionatorio per il dazio non pagato supera i 4.000 euro. In questo caso scatta un sistema sanzionatorio che va da 30.000 euro fino a dieci volte l’importo del dazio evaso.
Questa situazione di infrazione può portare a due ordini di problemi:
- il primo è costituito dai costi necessari a intraprendere un processo nei confronti della dogana, tra cui ad esempio il supporto legale.
- Il secondo è relativo al caso di eventuale mancato superamento del contraddittorio da cui ha origine un sistema di recupero dell’importo che la dogana ritiene non conforme.
In questi casi al recupero a posteriori dei dazi si somma il recupero a posteriori dell’IVA; infatti all’atto dell’importazione viene calcolato il dazio e su quel valore si determina la nuova base imponibile su cui viene calcolata l’IVA. Pertanto, un mancato pagamento del dazio implica un mancato pagamento dell’IVA. Di conseguenza al problema doganale si somma anche un contraddittorio con l’Agenzia delle Entrate.
In aggiunta a quanto detto, è utile fare un’ulteriore precisazione: qualora la differenza tra dazio pagato e dazio da pagare superi il 5% si potrebbe configurare un’ipotesi di reato. In tali situazioni, infatti, non vale più il principio di buona fede che negli esempi fatti finora rappresentava una costante.
Origine della merce
Altro aspetto che può generare problemi interpretativi con le parti doganali è l’origine della merce. Riteniamo si debba prestare particolare attenzione alla definizione di origine della merce, tenendo in considerazione:
- il concetto di origine non preferenziale,
- il concetto di origine preferenziale.
Il problema relativo all’origine della merce assume la natura di contenzioso doganale laddove un’impresa, che abbia importato materie prime dall’estero e che deve vendere il prodotto in Paesi con i quali l’UE ha stretto degli accordi preferenziali, si trovi a dichiarare l’origine preferenziale senza una preventiva analisi sul prodotto per riscontrare se questo soddisfi o meno i criteri previsti negli accordi. Su questo tema l’attenzione sta emergendo in modo crescente e conviene fugare ogni dubbio ed evitare confusioni.
Cosa può dunque determinare una dichiarazione non veritiera?
Può accadere che la dogana del Paese importatore coinvolga la dogana che ha emesso il certificato di circolazione.
Il mancato rispetto della normativa può comportare un sistema sanzionatorio, evidenziando anche un problema di carattere penale, come il falso in atto pubblico. Il cliente a cui viene fatta una dichiarazione di origine preferenziale, può, infatti, qualora venga accertata l’indebita dichiarazione, richiedere il risarcimento del danno a seguito della non conformità del prodotto.
Stesso genere di problema può verificarsi anche nel momento dell’import. Se un’impresa importa un prodotto dalla Svizzera e l’operatore doganale svizzero dichiara l’origine preferenziale, la dogana del Paese ricevente può chiedere, a distanza di tre anni, una verifica. Se a seguito di tale verifica l’operatore svizzero non è in grado di dichiarare l’origine preferenziale si rientra nella situazione prospettata dall’art. 303 del TULD, afferente la mancata dichiarazione o dichiarazione difforme o non veritiera, quindi ricalcolo dei dazi e di conseguenza applicazione delle sanzioni oltre al recupero del dazio evaso.
Contenzioso doganale
Altri elementi rilevanti in materia riguardano la procedura del contenzioso come, ad esempio, i modi di intervento e reazione ai P.V.C.
Circa il contenzioso doganale la dottrina è molto ampia. Per contenzioso doganale si intende il complesso di organi e procedimenti amministrativi e giudiziali, relativi alle controversie tra gli operatori doganali e l’autorità doganale. Tali controversie, nella maggior parte dei casi, hanno origine dalla contestazione di violazioni della normativa doganale comunitaria e nazionale imputate agli operatori da parte dell’Autorità Doganale responsabile.
Il contenzioso doganale prevede una fase amministrativa e una eventuale fase giudiziale.
Fase amministrativa
La Fase amministrativa o meglio il procedimento amministrativo per la risoluzione delle controversie doganali inizia con una notifica da parte delle Autorità Doganali, nella forma del P.V.C., all’operatore interessato. A seguito di una riscontrata difformità tra il dichiarato e le merci o i documenti presentati, la Dogana emette un processo verbale di constatazione per le violazioni alla normativa doganale. Il documento conterrà:
- l’indicazione della generalità delle parti,
- le ragioni che giustifichino le constatate violazioni della normativa doganale
- il termine ultimo entro il quale l’operatore può presentare eventuali osservazioni in sua difesa.
È utile ricordare che la presenza di questi tre requisiti all’interno del P.V.C. è indispensabile ai fini della validità del documento stesso.
L’operatore interessato, laddove ritenga che le contestazioni mosse dalla dogana contro di lui siano inesatte, potrà presentare delle osservazioni in difesa, fornendo la necessaria documentazione a sostegno della posizione assunta.
L’autorità doganale potrà giudicare le osservazioni fondate o infondate.
Nel primo caso il procedimento amministrativo si concluderà senza l’applicazione di alcun tipo di sanzione. Nel secondo caso si procederà alla rettifica della dichiarazione doganale e all’irrogazione delle sanzioni previste dal TULD.
Fase giudiziale
La fase giudiziale si apre a seguito di una decisione sfavorevole all’operatore doganale, a conclusione della fase amministrativa. Le decisioni possono essere impugnate entro 60 giorni, presentando ricorso dinanzi alla Commissione Tributaria territoriale.
Trattandosi tuttavia di un processo giudiziale vero e proprio, i tempi previsti per la risoluzione del contenzioso sono più diluiti, le normative nazionali e comunitarie in materia doganale sono spesso soggette a interpretazioni inesatte o inadeguate portando gli operatori, nella maggior parte dei casi, a intraprendere un iter giudiziale lungo, oneroso e gravoso. L’iter giudiziale in casi particolari può portare ad adire la Corte di Giustizia dell’Unione Europea.
Ciò che si intende specificare è che la fase giudiziale non è un passaggio obbligato.
Non è da sottovalutare anche la tendenza, intrapresa con determinazione dal legislatore italiano, a evitare il ricorso alla fase giudiziale per la risoluzione delle controversie doganali. Si intende, infatti, rafforzare la spinta innovativa verso la prevenzione del ricorso giudiziale. È altresì auspicabile che gli operatori privati intraprendano un concreto dialogo con le autorità doganali per mezzo delle osservazioni. Tale strumento è stato promosso con forza dal legislatore anche a seguito delle modifiche apportate all’art. 12 della L. 212/2000 e all’art. 11 del D. L.vo 374/90.
È altresì utile evidenziare che le imprese che si imbattono in situazioni di contenzioso doganale, mancano di tempestività nel ricorrere a specialisti del settore, che spesso vengono consultati una volta che la fase amministrativa è terminata. La mancata assistenza alle imprese in materia di contenzioso doganale rappresenta spesso una perdita concreta per le imprese. Queste ultime spesso mancano di esperienza o non sono pienamente a conoscenza della normativa nazionale e comunitaria (ad es. il Nuovo Codice Doganale Comunitario appena istituito con il Regolamento (UE) n. 952/2013 del Parlamento Europeo e del Consiglio del 9 ottobre 2013), come nel caso delle piccole imprese che si affacciano nel mercato mondiale per la prima volta. La conseguenza è la preclusione a questi nuovi attori internazionali di un utile strumento, quello della consulenza in materia doganale, per la tutela dei propri interessi e la difesa delle proprie operazioni in dogana.
Giuseppe De Marinis