Con tale proposta di Direttiva la Commissione UE intende promuovere il rispetto dei diritti umani e la tutela dell’ambiente, responsabilizzando le imprese a garantire il rispetto di tali valori lungo tutta la catena di fornitura. Le imprese saranno, ad esempio, responsabilizzate ad assicurarsi che, lungo tutta la supply chain, non vi sia sfruttamento del lavoro minorile, inadeguatezza delle condizioni di igiene e sicurezza sul lavoro e/o situazioni ambientali negative.
Tale proposta di Direttiva è in linea con i valori su cui si fonda l’Unione Europea quali il rispetto della dignità umana, libertà, democrazia, uguaglianza, stato di diritto e rispetto dei diritti umani. Inoltre, la proposta di Direttiva rispecchia le priorità dell’Unione indicate con c.d. “Green Deal”, la comunicazione della Commissione del 2019 in materia di contrasto al cambiamento climatico.
La proposta di Direttiva impone alle imprese di valutare possibili rischi che le loro attività pongano in relazione al rispetto dei diritti umani e di prevenire, attenuare e arrestare gli impatti negativi sull’ambiente che possano verificarsi all’interno delle imprese e lungo tutta la loro filiera.
Si tratta di una tematica già fortemente sentita in alcuni paesi europei. In Germania, agli inizi del 2023 entrerà in vigore la Lieferkettengesetz, c.d. “Supply Chain Act”, che impone alle aziende tedesche con più di 3.000 dipendenti, (ma è prevista la possibilità di estenderne l’applicazione anche alle imprese con più di 1.000 dipendenti), l’obbligo di garantire il rispetto dei diritti umani lungo la loro catena di fornitura. Le imprese tedesche soggette a tale normativa si stanno già attivando per adempiere agli obblighi di diligenza aziendale e trasparenza imposti da tale legge, integrando i contratti commerciali con clausole che mirano a informare i fornitori dell’esistenza di codici di condotta sostenibile adottati dall’azienda e a imporre a tutta la filiera il rispetto dei diritti umani e l’adozione di una politica aziendale sostenibile. Tale normativa avrà sicuramente un impatto anche sulle imprese italiane fornitrici delle imprese tedesche soggette alle disposizioni della Lieferkettengesetz.
Ambito di applicazione
Gli obblighi previsti dalla Proposta di Direttiva si applicheranno:
- alle società con più di 500 dipendenti e un fatturato superiore a 150 milioni di euro operanti in qualsiasi settore
- alle società con più di 250 dipendenti e un fatturato superiore a 40 milioni di euro, ma che non superano i limiti di cui al precedente punto, in particolari settori considerati più a rischio (c.d. “ad alto impatto”). Si tratta di settori che interessano fortemente le società manifatturiere italiane, che operano nell’ambito della fabbricazione e/o commercio all’ingrosso di tessuti, pellami e relativi prodotti (calzature comprese), fabbricazione di prodotti alimentari e commercio all’ingrosso di materie prime agricole, oltre che il settore dei minerali e di fabbricazione e commercio di certi prodotti minerali
- alle società con sede al di fuori della Unione Europea (paesi terzi) che abbiano all’interno dell’Unione un fatturato netto compreso tra i 40 e i 150 milioni di euro.
Gli obblighi della proposta di Direttiva non interessano solo le grandi aziende: imponendo degli obblighi di due diligence su tutta la supply chain, tali prescrizioni si riverseranno anche sulle piccole e medie aziende che facciano parte della catena di fornitura delle sopra indicate società.
Obblighi di diligenza introdotti dalla Direttiva
E’ fatto obbligo a ciascuna società di esercitare il dovere di diligenza in materia di diritti umani e di ambiente adottando le seguenti misure.
- Integrazione della diligenza nelle politiche aziendali predisponendo un codice di condotta che illustri le norme e i principi cui devono attenersi dipendenti e fornitori della società e l’adozione di misure volte a verificare il rispetto di tale codice estendendone l’applicazione ai rapporti d’affari consolidati con la propria filiera
- Individuazione degli impatti negativi - le società dovranno valutare se la propria attività e organizzazione possa avere impatti negativi sui diritti umani e/o possa determinare impatti negativi sull’ambiente
- Prevenzione e attenuazione - le società saranno tenute ad adottare misure di prevenzione predisponendo un piano operativo e chiedendo a ciascun partner commerciale con il quale intrattengono un rapporto d’affari diretto e duraturo garanzie contrattuali. Tra le garanzie contrattuali da adottare vi è la richiesta di rispettare il codice di condotta della società e, laddove necessario, l’impegno del partner di imporre, a sua volta, ai propri fornitori i medesimi obblighi (c.d. “sistema a cascata contrattuale”). Laddove sia impossibile prevenire o attutire gli impatti negativi, la proposta di Direttiva arriva addirittura a prevedere l’obbligo per la società di astenersi dall’instaurare e/o continuare un rapporto con il partner con il quale è stato individuata una questione di impatto negativo. A tal fine la proposta di Direttiva impone agli Stati Membri di prevedere nelle proprie legislazioni la possibilità di sospendere le relazioni commerciali, e, nei casi in cui l’impatto negativo sia grave, di risolvere il contratto.
- Instaurazione e mantenimento di una procedura di reclamo - le imprese dovranno attuare una procedura di reclamo in modo da dare la possibilità alle persone colpite da un impatto negativo, ai sindacati dei lavoratori e/o alle organizzazioni di settore di segnalare una situazione di impatto negativo, o anche solo il rischio che si verifichi.
Si prevede infine l’obbligo per l’azienda di monitorare periodicamente l’efficacia della politica aziendale adottata e di pubblicare una dichiarazione di compliance.
Gli obblighi imposti alle società c.d. ad alto impatto, saranno più semplificati. Gli obblighi di individuazione degli impatti negativi saranno, ad esempio, limitati solo all’individuazione degli impatti “gravi” pertinenti al proprio settore. Le società rientranti in tale categoria avranno inoltre due anni di tempo, dal recepimento della Direttiva, per adeguarsi.
Lotta ai cambiamenti climatici
In base alla proposta di Direttiva le società a cui si applicherà la Direttiva saranno tenute a predisporre un piano atto a garantire che la politica aziendale perseguita sia compatibile con il programma di transizione a un’economia sostenibile e con l’obbiettivo di limitare il riscaldamento globale a 1,5°C in conformità all’accordo di Parigi.
Sanzioni
Il mancato rispetto degli obblighi previsti dalla proposta di Direttiva darà luogo a sanzioni effettive, proporzionate e dissuasive. Al fine della quantificazione della sanzione pecuniaria si terrà conto del fatturato della società.
Clausole contrattuali
Al fine di adempiere all’obbligo di assicurarsi che i partner contrattuali rispettino il codice di condotta della società e adottino piani di prevenzione dei rischi adeguati, la Commissione pubblicherà clausole contrattuali tipo e fornirà linee guida utili per la redazione di specifiche clausole.
Nel settore degli affari internazionali si assiste però già all’introduzione di simili clausole all’interno di contratti commerciali internazionali.
Mariaelena Giorcelli