E' il caso dei contratti ad esecuzione continuata, quali la somministrazione, ma anche della vendita e dell’appalto.
Il Consiglio dell’Unione Europea ha adottato misure restrittive nei confronti di Paesi legati a quelli UE da intense relazioni commerciali. Citando gli episodi più recenti:
- il divieto di trasferimento in Iran di beni/tecnologie utilizzabili ai fini dello sviluppo del programma nucleare nonché di beni dual-use (Posizione Comune 2007/140/PESC, successivamente modificata e abrogata)
- oppure il divieto di importazione di prodotti petroliferi e di trasferimento in Siria di materiale utilizzabile per la costruzione di centrali elettriche (Decisione 2013/255/PESC e successive modifiche).
Si tratta di norme prevalenti sugli interessi economici dei singoli contraenti: basti pensare che le sanzioni contro la Federazione Russa di cui al Regolamento 833/2014 – disponente il divieto di fornitura di beni e tecnologie dual-use a determinate imprese russe operanti nei settori dell’elettronica e dell’ingegneria meccanica per fini civili e militari - sono state adottate nel momento in cui l’interscambio commerciale Italia-Russia aveva raggiunto i 26,4 miliardi di Euro (fonte ISTAT 2014).
Parimenti destinate a prevalere sugli accordi conclusi tra privati, naturalmente, le restrizioni adottate in risposta dalla Federazione Russa. Con Decreto 778/2014 il Governo ha infatti disposto il divieto di importazione (prorogato fino al 5 agosto 2016 incluso) di determinati prodotti alimentari di origine europea, tra cui carne bovina, carne di maiale, pollame, pesce, crostacei e molluschi, latte e latticini, frutta, verdura e noci.
Impatto delle sanzioni internazionali sui contratti in corso di esecuzione
Vi sono casi in cui l’esecuzione dei contratti è tutelata dalle stesse disposizioni sanzionatorie; il Regolamento 833/2014, ad esempio, fa salva l’esecuzione dei contratti conclusi tra le imprese europee e le imprese russe sanzionate prima del 12 settembre 2014. In questi casi, pertanto, nulla osterà alla naturale prosecuzione del rapporto contrattuale esistente tra le parti.
Diverse le conseguenze nel caso in cui il trasferimento non rientri tra le eccezioni alle restrizioni commerciali vigenti.
Nel caso in cui un’impresa italiana intenda esportare beni dual-use nel territorio di un Paese dove hanno sede persone giuridiche sanzionate - ad esempio - sarà applicabile la disciplina dettata in generale dal Regolamento UE 428/2009 in tema di controllo delle esportazioni, trasferimento, intermediazione e transito di prodotti a duplice uso. Il Ministero dello Sviluppo economico rilascerà pertanto un’autorizzazione all’operazione qualora vi siano fondati motivi per ritenere che l’utente finale del trasferimento non abbia una connotazione militare o non operi in altri settori “sensibili”.
Si segnala peraltro che, secondo il disposto dell’art. 16 del D.lgs. 96/2003, l’esportazione di beni a duplice uso senza autorizzazione (o con un’autorizzazione ottenuta fornendo dichiarazioni o documentazione false) é punita con la reclusione da due a sei anni o con la multa da 25.000 a 250.000 euro.
Ove invece l’oggetto del contratto sia specificatamente vietato dalle disposizioni sanzionatorie - per la natura del trasferimento o perché l’acquirente finale rientra tra le persone fisiche/giuridiche sanzionate - l’impatto della restrizione commerciale sul contratto in corso di esecuzione si configura nella prassi come una causa di forza maggiore ovvero come un avvenimento indipendente dalla volontà delle parti, imprevedibile ed inevitabile, intervenuto dopo l’entrata in vigore del contratto. In particolare, le sanzioni internazionali sono configurabili come “Fatto del principe”, ovvero come interventi della pubblica autorità che - attraverso leggi o regolamenti – impediscono totalmente o parzialmente l’esecuzione delle prestazioni oggetto del contratto.
La conseguenza di quanto sopra è che difficilmente sarà possibile ottenere in giudizio il risarcimento del danno, qualora la controparte abbia rifiutato la propria prestazione deducendo l’applicabilità di disposizioni sanzionatorie al rapporto contrattuale. E’ infatti pacificamente riconosciuto nei vari ordinamenti, per l’Italia il riferimento é l’art. 1256 del codice civile, il principio per cui l’obbligazione si estingue quando la prestazione diventa impossibile per una causa non imputabile al debitore.
Conclusione
Eventuali situazioni patologiche possono essere prevenute in sede di trattative contrattuali. In proposito, è consigliabile prevedere che la legge applicabile al contratto sia quella italiana (considerato che l’art. 1463 del codice civile dispone che la parte liberata per la sopravvenuta impossibilità della prestazione non può chiedere la controprestazione e deve restituire quanto già ricevuto).
Converrà inoltre agli operatori commerciali inserire nel testo contrattuale una clausola che includa esplicitamente le sanzioni internazionali, quali causa di forza maggiore e che disciplini anticipatamente eventuali forme di compensazione, per il caso in cui l’esecuzione dell’accordo venga inficiata dall’applicazione necessaria di tali misure.
Avv. Silvia Bortolotti
Avv. Arianna Ruggieri
Dott.ssa Giulia Levi