Nella compravendita internazionale le parti sono libere di scegliere quale diritto applicare al loro rapporto. In caso di controversie, tali norme sostituiranno le eventuali lacune del contratto e regoleranno i diritti e i doveri di ciascuno.
Il diritto applicabile può essere la legge italiana in materia di compravendita, o la legge in vigore nel Paese della controparte se le parti lo hanno convenuto.
Il diritto applicabile può comprendere la Convenzione di Vienna del 1980 in materia di compravendita internazionale (se i Paesi a cui appartengono le parti l’hanno ratificata e sempre che le parti non l’abbiano esplicitamente esclusa). Essa permette di avere un diritto comune che determini i diritti di compratore e venditore.
In alcuni casi, le parti possono anche scegliere di fare riferimento agli usi codificati purché non contrari alle leggi.
Si può infine fare riferimento a norme redatte da soggetti istituzionali o da organizzazioni di categoria (norme ECE ONU sulla vendita di macchinari all’esportazione, norme ORGALIME, norme COFREUROP nel settore ortofrutticolo, ecc.).
Nel silenzio del contratto, il giudice determina quale sia la legge applicabile. Ciò avviene con frequenza in quanto è tuttora diffusa la prassi di scambiare solo ordini e conferme d’ordine, senza disciplinare altri aspetti che possono divenire rilevanti nell’esecuzione del contratto.
Termine per i reclami
In alcuni casi la determinazione del diritto applicabile può comportare differenze fondamentali, ad esempio per stabilire la validità del termine per i reclami.
- La Convenzione di Vienna, infatti, al pari di molti diritti nazionali stranieri, si riferisce a un periodo “breve” o “ragionevole”. Questa indeterminatezza dovrebbe servire a valutare, nel caso specifico, se il termine sia compatibile con il settore merceologico e le circostanze del caso.
- Nel diritto italiano, invece, il termine per il reclamo è di otto giorni dalla scoperta dei vizi e di 30 giorni dalla scoperta delle mancanze di qualità (garanzia ulteriore che può essere aggiunta alla normale garanzia e secondo la quale, durante un certo periodo, le merci restano adatte al loro uso normale o a un uso speciale o conservano qualità o caratteristiche specifiche).
È chiaro che, prima di contestare la tempestività di un reclamo, l’azienda dovrà quindi verificare in base a quale diritto può respingerlo.
Sia la Convenzione di Vienna sia i diritti stranieri in generale sono però univoci nel prescrivere la necessità che il reclamo sia immediato in caso di vizi riscontrabili agevolmente. L’art. 38 specifica che “il compratore deve esaminare le merci o farle esaminare entro il termine più breve possibile, come permesso dalle circostanze”.
Ciò significa che esiste un onere, anche a livello internazionale, di procedere al controllo della merce alla consegna o al più tardi, se la merce è rispedita a un altro destinatario e ciò è noto al venditore, tale dovere incomberà al destinatario finale.
Questo reclamo esula dalle questioni relative alla durata della garanzia e serve in genere anche per poter rilevare eventuali responsabilità del trasportatore.
Risoluzione del contratto per vizi della merce
A volte, l’acquirente decide di risolvere il contratto a causa dei vizi della merce. Questo rimedio, che si aggiunge al diritto al risarcimento del danno, è tuttavia previsto solo se si può dimostrare che l’inadempimento del venditore costituisce una violazione fondamentale del contratto. Esempi di grave inadempimento sono costituiti dalla vendita di prodotto totalmente diverso, mancata riparazione o rifiuto esplicito di procedervi, ripetuti inutili tentativi di riparazione, tempi estremamente lunghi della riparazione.
È comunque necessario notificare l’inadempimemto al venditore e concedergli un termine ragionevole per adempiere e provvedere alla riparazione, annunciando che, in caso non ottemperi alla rimozione del vizio, il contratto sarà risolto e si procederà per il risarcimento del danno. Senza questa formale intimazione ad adempiere, da farsi per scritto, la risoluzione del contratto non potrà essere giustificata.
Tuttavia, se si lascia trascorrere il termine indicato nell’intimazione ad adempiere senza procedere alla minacciata risoluzione del contratto, si decade dal diritto di procedervi. Inoltre la risoluzione del contratto, una volta dichiarata, comporta il venir meno del diritto di tornare a richiedere l’adempimento.
L’art. 46 della Convenzione prevede che “Se le merci non sono conformi al contratto, il compratore può esigere dal venditore la sostituzione soltanto se:
- il vizio di conformità costituisce una violazione essenziale
- e se tale sostituzione è chiesta nel momento della denuncia del vizio di conformità o entro un termine ragionevole dalla denuncia.”
In caso sia difficile conservare il prodotto per il periodo sufficiente a permettere la verifica del vizio, è necessario rivolgersi al tribunale per chiedere un accertamento tecnico preventivo. Esso permetterà di conservare le prove equivalenti a una consulenza tecnica d’ufficio, anticipando una disposizione che potrebbe essere necessaria in una futura controversia.
Cosa deve fare il venditore?
Innanzitutto le aziende dovrebbero predisporre le procedure per la proposizione dei reclami nelle offerte di vendita. Ciò permetterebbe di regolare in modo ottimale le responsabilità e i doveri del venditore in caso di vizi, dato che comunque tale responsabilità è presunta sia a livello di diritto italiano sia nella giurisprudenza straniera.
Il venditore può stabilire che il dovere di riparazione sia condizionato alla previa verifica delle cause del vizio, ma per essere certi di poter contestare eventuali responsabilità del compratore sarebbe utile indicare nelle istruzioni relative al prodotto quali sono le norme di corretta manutenzione e di utilizzo. A volte, infatti, vi è incertezza sulle responsabilità in caso di vizi dovuti a errata manutenzione o a un utilizzo improprio.
I doveri relativi alla garanzia per vizi potrebbero variare in ragione del mercato di destinazione e delle leggi, a volte inderogabili, ivi vigenti. È noto infatti che il consumatore gode in molti paesi di una tutela maggiore rispetto al professionista.
Dato che i termini previsti per il reclamo sono indeterminati sia nella Convenzione di Vienna sia nel diritto interno di molti paesi, sarebbe opportuno che il contratto internazionale di vendita definisse esattamente i tempi entro cui deve essere proposto il reclamo, anche perché se si applicasse il diritto italiano il compratore straniero potrebbe ignorarne le conseguenze.
Qualità della merce nei vari mercati
La qualità dei prodotti di alcuni Paesi, soprattutto nel settore manifatturiero, può ancora differire sensibilmente. A volte, i prodotti importati da alcuni Paesi presentano dei difetti inaccettabili dai compratori europei, ma assolutamente tollerabili nel Paese in cui sono fabbricati.
Le controversie che sorgono da queste operazioni si risolvono in genere con l’applicazione di due principi ormai consolidati dalla giurisprudenza internazionale:
- l’acquirente che operi in Paesi tecnologicamente arretrati deve precisare nell’ordine che intende acquistare merci di qualità normalmente commerciabile sui mercati internazionali
- in caso non vi siano precisazioni, si intende che la qualità richiesta sia quella che è considerata normalmente commerciabile nel Paese del venditore.
In merito alla qualità della merce l’art. 35 della Convenzione prevede che le merci debbano essere fornite nella quantità, qualità, tipo e imballaggio corrispondenti a quelli previsti dal contratto. Le merci sono considerate conformi se sono adatte agli usi ai quali servirebbero abitualmente merci dello stesso tipo, se sono adatte a ogni uso speciale esplicitato al venditore e se posseggono le qualità di un campione o modello accettato (in caso di vendita su campione o su tipo di campione).
Richieste implicite, vizi occulti e vizi palesi
Una particolare attenzione deve essere dedicata alle richieste implicite, essendo questo un tema particolarmente insidioso. Si pensi, ad esempio, a un prodotto oggetto di incentivi ecologici che sia perfettamente funzionante, ma fornito di una certificazione emessa da un soggetto non riconosciuto ai fini della concessione degli incentivi pubblici.
Il venditore non è responsabile di un vizio di conformità della merce che il compratore conosceva o non poteva ignorare al momento di conclusione del contratto. A sua volta, il venditore è responsabile e perde il diritto di eccepire la decadenza dei termini (dalla consegna e dalla scoperta) per il reclamo se il vizio gli era noto o non poteva ignorarlo e non lo ha rivelato al compratore.
In materia di vizi occulti e di vizi palesi la giurisprudenza internazionale è meno rigida del diritto italiano e non richiede che il vizio sia stato nascosto dal venditore, ma è sufficiente che esso non sia stato rilevabile e non sia stato dichiarato. Ne discende un ampliamento del dovere di buona fede del venditore che deve dichiarare i vizi non rilevabili in modo ordinario.
Limiti al risarcimento del danno
In base alla giurisprudenza dominante il venditore può fissare dei massimali al risarcimento del danno dovuto ai vizi del prodotto, a condizione che la limitazione non riguardi il caso di responsabilità civile per danni alle persone o non si sostanzi in un indennizzo simbolico o irrisorio.
Una particolare attenzione è infine raccomandata al venditore che riceva proposte di contratto contenenti previsioni relative al risarcimento del danno che includano anche i danni indiretti (consequential damages), normalmente non risarcibili se non per accordo tra le parti.
L’alto rischio di una imprevedibile quantificazione di tali danni comporta un rilevante pericolo di richieste che possono mettere in difficoltà la stessa sopravvivenza dell’azienda che sottoscriva tale accordo.
Avv. Vartui Kurkdjian