Una situazione molto frequente nella distribuzione internazionale è quella in cui l’esportatore inizia a vendere su un mercato estero ad un determinato soggetto che si trasforma gradualmente da semplice acquirente-rivenditore ad un vero e proprio concessionario di vendita/distributore, responsabile della distribuzione dei prodotti del concedente nel territorio di sua competenza.
Ora, nella maggioranza dei paesi (europei e non) si tende a qualificare il contratto con il distributore (contratto denominato nei modi più vari nelle varie lingue: ad es., in italiano e francese, concessione di vendita/concession de vente, in tedesco Vertragshändlervertrag) come distinto da un semplice rapporto continuativo di compravendita.
Questo contratto verrà infatti normalmente inquadrato come contratto di durata che non può essere risolto senza riconoscere un congruo preavviso al distributore. Sovente la legge (o la giurisprudenza) riconoscerà al distributore un’indennità di clientela alla fine del contratto.
Inoltre, ai fini della determinazione della competenza giurisdizionale in ambito europeo, il contratto verrà qualificato come contratto per la prestazione di servizi e non come compravendita, aspetto, quest’ultimo, che ha costituito l’occasione per la sentenza che si commenta.
Il caso Corman-Collins
Nel caso oggetto della sentenza una società francese, “la Maison du Whisky”, aveva intrattenuto per circa 10 anni delle relazioni commerciali con la società belga Corman-Collins, che acquistava dalla prima varie marche di whisky che rivendeva poi sul mercato del Belgio.
Durante questo periodo la Corman-Collins usava la denominazione “Maison du Whisky Belgique” e un sito Internet denominato www.whisky.be, senza alcuna contestazione da parte della società francese.
Nel dicembre 2010, la Maison du Whisky informava Corman-Collins che avrebbe affidato la distribuzione di due marche di whisky ad un’altra società e le chiedeva di non utilizzare più la denominazione “Maison du Whisky Belgique”.
Corman-Collins iniziava una causa davanti al tribunale di Verviers sulla base della legge belga del 1961 per farsi riconoscere le indennità spettanti ai concessionari sulla base di tale normativa.
La società francese, però, contestava la competenza del giudice belga, invocando l’art. 2 del regolamento europeo 44/2001 in materia di giurisdizione e riconoscimento delle sentenze, secondo cui è competente in linea di principio il foro del convenuto.
A questo punto, la questione principale che si poneva (sulla quale il tribunale chiedeva alla Corte di Giustizia di pronunciarsi in via interpretativa) era di vedere se il contratto in questione dovesse qualificarsi:
- come semplice compravendita
- come un contratto di prestazione di servizi.
Infatti, se si qualifica il rapporto come concessione di vendita e cioè come contratto con cui l’acquirente assume il ruolo di “distributore” dei prodotti del concedente, e quindi presta un servizio, il concessionario può adire, in base all’art. 5.1(b), secondo trattino, il giudice del luogo in cui viene prestato il servizio; se invece, lo si inquadra come rapporto avente per oggetto una serie di compravendite occorre far capo al luogo di consegna della merce (che, nel caso di specie, era presso il venditore).
Posizione assunta dalla Corte
La Corte ha risposto a tale domanda affermando al punto 36 che può essere qualificato come compravendita un “... rapporto commerciale durevole tra due operatori economici, qualora tale rapporto si limiti ad accordi successivi, ciascuno avente ad oggetto la consegna e il ritiro di merce”, mentre va qualificato come concessione di vendita “... un accordo quadro avente ad oggetto un obbligo di fornitura e di approvvigionamento concluso per il futuro da due operatori economici, che contiene clausole contrattuali specifiche relative alla distribuzione da parte del concessionario della merce venduta dal concedente”. In altri termini:
- se il rapporto si limita alla fornitura dei prodotti, anche attraverso un rapporto continuativo di lunga durata, siamo nell’ambito della compravendita
- se invece il rivenditore assume specifici obblighi relativi alla distribuzione dei prodotti, possiamo considerarlo un rapporto di concessione di vendita.
Quanto ai criteri per individuare questi “specifici obblighi”, la Corte resta nel vago, affermando (al punto 41) che “un contratto di concessione contenente gli obblighi tipici indicati ai punti 27 e 28 della presente sentenza può essere qualificato come un contratto di prestazione di servizi”. Tuttavia, nei punti richiamati la Corte si limita a menzionare le “... clausole specifiche relative alla distribuzione da parte del concessionario della merce venduta dal concedente”, senza fornire ulteriori spiegazioni su quali siano gli obblighi tipici di un concessionario.
Possiamo quindi concludere che, secondo la Corte, un rapporto di fornitura continuativo con un acquirente-rivenditore va qualificato come contratto di concessione di vendita o di distribuzione quando le parti prevedono una disciplina dell’attività di rivendita del concessionario, il quale assume l’obbligo di “distribuire” i prodotti del concedente conformemente alle aspettative e/o prescrizioni di quest’ultimo.
Portata concreta della sentenza per gli operatori
In seguito alla sentenza in esame i soggetti che agiscono in veste di importatori/rivenditori hanno un argomento per pretendere di essere qualificati come distributori/concessionari di vendita e quindi vantare una serie di diritti che non spetterebbero ad un semplice compratore abituale.
Ciò vale anzitutto per l’individuazione del giudice competente in caso di controversia, almeno in ambito europeo (e cioè nei paesi dell’Unione Europea ed in quelli a cui si applica la Convenzione di Lugano).
Consideriamo l’ipotesi più frequente e cioè quella in cui le parti abbiano stipulato nel corso degli anni una serie di contratti di compravendita e concordato verbalmente (o attraverso scambi di corrispondenza) una serie di attività del rivenditore riguardanti la distribuzione dei prodotti (promozione, pubblicità, assistenza tecnica), se del caso garantendo al rivenditore un’esclusiva (anche solo di fatto). In assenza di una clausola scritta di deroga del foro a favore del venditore (si tenga presente che la clausola eventualmente contenuta nelle condizioni generali di vendita del fornitore riguarda le singole vendite, non il rapporto di distribuzione), l’acquirente potrà portare il venditore davanti ai propri giudici.
Ciò può comportare un evidente svantaggio per il venditore/concedente che dovrà difendersi davanti ad un tribunale straniero.
Ma non solo. Se le parti non scelgono la legge applicabile al contratto “quadro” di concessione, questa dovrà essere determinata in base al regolamento Roma I sulla legge applicabile alle obbligazioni contrattuali (Regolamento 593/2008). Ora l’art. 4(1)(f) di tale regolamento stabilisce che, in assenza di scelta ad opera delle parti, il contratto di distribuzione è disciplinato dalla legge del paese nel quale il distributore ha la residenza abituale.
Ora, in molti paesi il concessionario gode di una protezione assai maggiore di quella (quasi nulla) garantitagli dalla legge italiana. Così, lasciando da parte il Belgio, che prevede una tutela specifica, altri paesi (ad es. Germania, Spagna, Paesi Bassi), estendono in certi casi ai concessionari il diritto all’indennità previsto per gli agenti.
In tali condizioni è molto più conveniente per l’esportatore italiano stipulare con il proprio rivenditore straniero un vero e proprio contratto di concessione di vendita (distributorship contract) che precisi, oltre a tutte le clausole tipiche normalmente previste per tale contratto:
- la legge applicabile (di regola quella italiana)
- il foro competente (possibilmente in Italia)
- le modalità di scioglimento del contratto (preavviso, possibilità di risoluzione in tronco in caso di inadempimento).
Fabio Bortolotti