In particolare, tali proposte si riferiscono a taluni aspetti dei:
Tali proposte nascono dalla constatazione da parte della Commissione, della bassa percentuale di consumatori che compie acquisti online da un paese europeo ad un altro, rispetto a quanti sono invece i consumatori che acquistano a livello nazionale.
Difatti, secondo un’indagine Eurostat sull'utilizzo delle Tecnologie dell'Informazione e delle Comunicazioni da parte di famiglie e singoli utenti, richiamata dalla Commissione, tra i consumatori che hanno utilizzato internet nel 2014:
- solo il 18% ha effettuato acquisti online da un altro paese dell'UE
- mentre il 55% ha acquistato a livello nazionale.
La ragione di tale disparità viene attribuita al fatto che spesso vi è mancanza di fiducia nel fare acquisti online transfrontalieri, poiché i consumatori non si sentirebbero al sicuro ritenendo di essere tutelati meglio negli acquisti online nazionali, disciplinati dal proprio diritto nazionale.
Le differenze tra i regimi nazionali ancora presenti costituiscono quindi un ostacolo a un'efficace tutela dei diritti dei consumatori. In questo modo tuttavia i consumatori perdono la possibilità di approfittare di offerte date dalle differenze di prezzo di alcuni prodotti esistenti nei vari paesi europei.
Alla luce di ciò le proposte in esame hanno quindi come obiettivo quello di:
- dare una risposta ai principali ostacoli al commercio elettronico transfrontaliero nell’UE,
- armonizzando ulteriormente le norme nazionali di carattere contrattuale, che oggi presentano ancora evidenti diversità (nonostante gli sforzi del legislatore europeo), in modo tale da creare un ambiente più favorevole ad imprese e consumatori, dove la compravendita online a livello transfrontaliero sia più agevole e sicura.
È bene rimarcare che le citate proposte, essendo tali, saranno oggetto di una fitta agenda di consultazioni e del c.d. fitness check (la verifica dell’impatto derivante dalla loro eventuale adozione nell’ambito dell’attuale contesto normativo). Sarà dunque necessario attendere l’eventuale approvazione definitiva per verificare se le citate proposte subiranno modifiche nel corso dell’iter legislativo, nonché valutare le modalità con cui le direttive verranno implementate dai singoli Stati membri.
Proposta di direttiva relativa alle vendite online di beni di consumo
Prendendo in considerazione la proposta della Commissione del 9.12.2015 relativa a taluni aspetti delle vendite online di beni nelle transazioni B2C (e lasciando quindi da parte quella relativa ai contenuti digitali), si possono formulare le seguenti considerazioni.
In generale, la direttiva proposta consta di 21 articoli molti dei quali derivano dalla Direttiva 1999/44/CE su taluni aspetti della vendita e delle garanzie dei beni di consumo e dalla proposta di Regolamento relativo a un diritto comune europeo della vendita (proposta mai attuata), sebbene presenti alcune rilevanti novità.
Essa si occupa principalmente delle seguenti tematiche:
• conformità dei beni venduti online
• rimedi del consumatore in caso di non conformità del prodotto
• modalità di esercizio di tali rimedi.
Una riflessione preliminare concerne quindi le ricadute che l’(eventuale) adozione della direttiva proposta potrebbe avere sull’attuale contesto normativo europeo vigente in materia di vendita di beni di consumo (recepito dai singoli Stati membri – in Italia nel nostro Codice del Consumo).
Il riferimento è, nello specifico, alla citata Direttiva 1999/44 che tratta sostanzialmente le medesime tematiche della direttiva proposta, in relazione però a tutti i contratti di vendita di beni di consumo (quindi sia i c.d. contratti di vendita “faccia a faccia”, sia quelli a distanza) e alla Direttiva 2011/83 che disciplina in particolare il diritto di recesso e le informazioni contrattuali nei contratti di vendita a distanza con i consumatori.
Il rischio (conosciuto dal legislatore europeo) potrebbe essere, infatti, quello che si creino delle inutili sovrapposizioni ed una certa disarmonia fra le diverse normative e che si arrivi ad un’ingiustificata coesistenza di regole diverse a seconda che la vendita di uno stesso bene avvenga “faccia a faccia” oppure online.
La predetta fase del c.d. fitness check sarà dunque essenziale al fine di evitare problemi di coesistenze fra le norme e di complicata interpretazione delle stesse.
Campo di applicazione
Entrando nello specifico, in relazione al campo di applicazione, la direttiva proposta si applicherebbe, come detto, solo ai contratti di vendita a distanza (fra i quali quelli conclusi dunque online) fra venditori e consumatori (B2C).
Non troverebbe pertanto applicazione alle vendite b2b e inoltre non si applicherebbe alle vendite di beni, quali DVD e CD, che incorporano un contenuto digitale, ma che fungono solo da vettore del contenuto digitale, né ai contratti a distanza per la fornitura di servizi; si applicherebbe invece ai beni, quali gli elettrodomestici o i giocattoli, in cui il contenuto digitale è incorporato.
Conformità del bene
La proposta di direttiva poi dedica ampio spazio a descrivere quando un bene possa considerarsi conforme.
Sul punto, appare opportuno evidenziare come si preveda che il bene venduto online debba essere conforme, in primis, a quanto promesso nel contratto. Si chiarisce però che la conformità del prodotto debba essere valutata:
- non solo in relazione alle clausole contrattuali
- ma anche rispetto a determinati criteri soggettivi e oggettivi applicabili per salvaguardare gli interessi di entrambe le parti.
Le previsioni contenute nella proposta direttiva sono per lo più coincidenti con quelle dettate dall’attuale normativa in materia di vendita di beni di consumo (in Italia contenuta nel Codice del Consumo), salvo per quanto attiene all’estensione da 6 mesi a 2 anni del periodo entro cui un difetto si presume fosse sussistente già al momento della consegna.
Armonizzazione dei rimedi
L’altro tema importante verso cui si concentrano gli sforzi della Commissione, verte sull’effettiva armonizzazione dei rimedi messi a disposizione del consumatore nel caso in cui il prodotto non sia conforme e delle modalità di esercizio di tali rimedi.
A giudizio della Commissione è, infatti, necessario intervenire sul tema in esame, in quanto rappresenta uno dei principali ostacoli alle vendite online oltre frontiera, considerate le diversità esistenti tra i vari diritti nazionali degli Stati membri.
Le novità sul punto contenute nella proposta, rispetto alle attuali previsioni di legge, sono rilevanti e, se confermate, porterebbero alla necessità per i soggetti operanti nel commercio elettronico di rivedere le loro condizioni e prassi contrattuali.
Eliminazione obbligo temporale di denuncia di non conformità del bene da parte del consumatore
Una prima importante novità atterrebbe all’eliminazione dell’obbligo in capo al consumatore di denunciare al venditore la non conformità del prodotto entro un determinato periodo di tempo a decorrere dalla scoperta.
Ove tale previsione venisse confermata costituirebbe certamente una rilevantissima novità in materia di contratto di vendita e garanzia per i vizi, in quanto le attuali normative che disciplinano la questione prevedono un termine, più o meno preciso, entro cui il compratore deve denunciare il difetto a pena decadenza.
Il nostro Codice del Consumo, ad esempio, indica in due mesi dalla scoperta il termine entro cui il consumatore deve denunciare la non conformità.
Viene mantenuto invece il termine di due anni dalla consegna del bene per potersi avvalere dei rimedi previsti dalla direttiva a favore del consumatore.
Elenco rimedi a disposizione del consumatore
L'articolo 9 della proposta elenca, secondo una gerarchia prefissata, e con limitata scelta per il consumatore, i rimedi a disposizione del consumatore in caso di difetto di conformità del prodotto, cercando di chiarire e armonizzare pienamente l'ordine in cui possono essere esperiti.
La regola generale statuita dalla proposta di direttiva è quella per cui, a fronte di un bene non conforme, il consumatore ha diritto al ripristino mediante riparazione o sostituzione.
- La scelta tra riparazione e sostituzione è una scelta che il compratore può esercitare liberamente, a meno che il rimedio prescelto non sia impossibile, oppure gravi il venditore di costi sproporzionati rispetto a quello alternativo.
- In ogni caso, quale che sia il rimedio scelto, sia la riparazione che la sostituzione devono essere effettuate in tempi ragionevoli e senza che il consumatore subisca inconvenienti notevoli.
In secondo luogo, qualora il difetto di conformità non sia, o non possa essere, corretto mediante riparazione o sostituzione, oppure il venditore non abbia sostituito o riparato il bene entro un periodo ragionevole, oppure le riparazioni o sostituzioni arrechino notevoli inconvenienti al consumatore, quest’ultimo ha diritto alla riduzione del prezzo o alla risoluzione del contratto.
In relazione alla facoltà per il consumatore di risolvere il contratto, la proposta chiarisce che tale diritto è un rimedio di ultima istanza, applicabile quando le altre modalità non siano possibili o non abbiano avuto esito positivo. Inoltre, sul punto, è opportuno evidenziare un’ulteriore novità rispetto alla disciplina attuale, rappresentata dal fatto che il consumatore avrà il diritto di risolvere il contratto anche nel caso di difetto di lieve entità.
L’ultima, ma non meno rilevante novità, contenuta nella direttiva proposta concernerebbe il diritto di regresso previsto a favore del venditore finale nei confronti del soggetto responsabile del difetto del prodotto nella catena di transazioni.
Sulla base della proposta, infatti, non sarebbe più prevista la possibilità per le parti (ad esempio fra un produttore ed un distributore) di escludere contrattualmente tale diritto e, inoltre, non vi sarebbe più il termine di decadenza di un anno entro cui il venditore finale deve esercitare il medesimo diritto.
Conclusioni
Alla luce di quanto esposto è dunque possibile trarre alcune riflessioni conclusive sulla portata che la proposta di direttiva in esame potrebbe avere per gli operatori dell’e-commerce.
In generale, la proposta della Commissione europea non può che essere apprezzata. Difatti, l’armonizzazione della materia del diritto contrattuale dei consumatori in tema di vendite online dovrebbe, in linea teorica, avere come conseguenza una riduzione dei costi per le imprese, che non dovranno più tener conto della diversità di norme, nonché per le stesse una maggiore certezza giuridica nella vendita a distanza in altri Stati membri.
Dall’altro lato, i consumatori dovrebbero sentirsi maggiormente fiduciosi nell’effettuare acquisti online transfrontalieri, in quanto al momento dell’acquisto sapranno già preventivamente di poter godere degli stessi diritti quale che sia lo Stato membro del venditore.
Tuttavia, le valutazioni potranno essere meglio espresse allorquando verrà emanata la direttiva definitiva, attualmente oggetto di commenti e revisioni da parte delle varie istituzioni che partecipano all’iter normativo e allorquando detta direttiva verrà recepita nei singoli Stati membri.
Nel merito, gli aspetti innovativi contenuti nella proposta non mancano. Fra gli altri, meritano particolare rilievo l’eliminazione del termine entro cui il consumatore deve effettuare la denuncia dei difetti del prodotto, nonché l’eliminazione della possibilità di derogare contrattualmente al diritto di regresso da parte del venditore finale nei confronti di chi l’ha preceduto nella catena distributiva ed è responsabile di tali difetti.
Ove dette novità fossero confermate e attuate, deriverebbe senz’altro la necessità per coloro che vendono online di rivedere le prassi e le condizioni contrattuali in materia di garanzia per i vizi nella vendita online di beni di consumo.
Avv. Paolo Lombardi
Avv. Nicolò Maggiora
Dott.ssa Violetta Zancan