A nostro avviso, nel caso di una mera licenza di vendita non si verserebbe nell'ipotesi di un contratto di know-how, ma in quella di un contratto di concessione di vendita. Così si esprime anche l'art. 5.5. del Reg. CE, che esclude dal proprio campo di applicazione gli accordi che riguardino solo la vendita.
Quando il know-how può essere potenzialmente destinato a differenti applicazioni tecniche, il licenziante può voler concedere al licenziatario solo il diritto di sfruttare il know-how per una o più specifiche applicazioni, al fine di mantenere un vantaggio concorrenziale sul licenziatario nei campi di applicazione esclusi.
La clausola di "field of use" è esentata dall'art. 2.8 del Reg. CE quando si tratta effettivamente di campi di attività diversi, e non è esentata ex art. 3.4. quando si versi nell'ambito di uno stesso campo di applicazione e le parti siano già concorrenti prima della concessione della licenza. In pratica, non è facile distinguere tra limitazioni relative allo stesso "field of use" (art. 3.4.) e a differenti "field of use" (art. 2.8.) e, dunque, tra restrizioni proibite e restrizioni esentate.
In un contratto di licenza di know-how, è frequente che il licenziatario chieda al licenziante il diritto esclusivo di fabbricare e vendere i prodotti licenziati in certi territori (clausola di esclusiva) e, correlativamente, che il licenziante chieda al licenziatario di astenersi dal fabbricare e vendere (divieto di esportazione) i prodotti licenziati al di fuori del territorio della licenza.
In conseguenza di tali reciproche restrizioni territoriali tra le parti, il mercato internazionale tende a essere suddiviso in due aree, sotto la rispettiva influenza del licenziante e del licenziatario. Tale situazione è particolarmente frequente quando il licenziante trasferisce al licenziatario lo stesso know-how che egli usa nel proprio processo produttivo (specialmente se il licenziante concede al licenziatario anche una licenza di marchio).
Infatti, in tal caso, il licenziante e il licenziatario saranno in condizione di produrre e di commercializzare prodotti sostanzialmente identici e con marchi identici, diventando, di conseguenza, forti concorrenti attuali o potenziali.
Le restrizioni territoriali sono generalmente consigliabili perché, in assenza di un'adeguata protezione territoriale, la licenza di know-how potrebbe rivelarsi economicamente svantaggiosa per la parte non protetta, a causa dell'attività concorrenziale della controparte. Si confronti, in riferimento a tali aspetti, l'art. 1 del Reg. CE, che esenta largamente tali pratiche per ragionevoli periodi di tempo.
Tra le varie clausole che riguardano la delimitazione dell'oggetto del contratto, si possono indicare le seguenti:
- obbligo del licenziatario di non concedere sublicenze. La clausola ha lo scopo di impedire una disseminazione del know-how da parte del licenziatario, ed è esentata dall'art. 2.2. del Reg. CE. Tuttavia, quando sia il caso, dal punto di vista del licenziante può essere ragionevole prevedere il diritto del licenziatario di fabbricare il prodotto licenziato (o parte di esso) mediante specifici subfornitori e nell'ambito di accordi di segretezza
- limitazione del volume di produzione del licenziatario. La clausola in questione trova rara applicazione. Il suo scopo usuale è quello di limitare, sotto il profilo della quantità di prodotti fabbricati e venduti, la possibilità di concorrenza del licenziatario nei confronti del licenziante o di altri licenziatari. Questa clausola non è di norma esentabile in base allart. 3.5. del Reg. CE, mentre lo è in certi casi particolari (art. 1.1.8. del Reg. CE)
- limitazioni relative ai canali di distribuzione del licenziatario. Anche questo tipo di limitazione non è generalmente vista con favore dal Reg. CE (art. 3.4.)
- clausola di "tie-in" che comporta l'obbligo del licenziatario di acquisire dal licenziante tecnologie addizionali o altri beni quale condizione per concludere il contratto. Anch'essa non è vista con favore dal Reg. CE (art. 4.2.a), salvo i casi in cui tali forniture siano necessarie per uno sfruttamento tecnicamente corretto della tecnologia (art. 2.5.).
Avv. Claudio Costa