Per fortuna qualcosa pare muoversi anche da noi, almeno a livello locale, dove le regioni, seppur in ordine sparso, sembrano voler reagire all’immobilismo centrale. Ecco, dunque, alcuni spunti sulla fattibilità giuridico-economica dei negozi temporanei, prospettati come nuovi modelli alternativi di riferimento.
Crisi delle locazioni commerciali
Abituati al panorama delle saracinesche abbassate, specie nei piccoli centri urbani, assistiamo ormai impotenti a una forte “desertificazione commerciale”, che da anni degrada le nostre città. La crisi economica, dai più indicata quale causa principe di un simile degrado, è in realtà solo una delle ragioni del fenomeno, le cui radici van cercate ben oltre i confini della recessione globale.
Basti pensare, per esempio, ai livelli dei canoni, troppo spesso proibitivi, come all’imposizione fiscale gravante sulle nostre imprese, o, ancora, ai pesi burocratici sull’apertura e gestione dei punti vendita. Non possono poi dimenticarsi fenomeni quali il potere della grande distribuzione, o il calo dei residenti, il tutto aggravato dall’atteso boom dei mercati online, prossimi ormai in alcuni paesi Nord europei alla soglia del 15 % (UK e Danimarca).
Negozi temporanei (temporary stores o pop-up shops)
In un simile contesto si sono sviluppati interessanti fenomeni di sharing economy, concretizzatisi in forme imprenditoriali, spesso alternative a quelle tradizionali. Tra queste, i negozi temporanei che alla “desertificazione commerciale” s’oppongono accorciando, e di molto, la durata delle locazioni.
In sintesi il fenomeno si sostanzia nell’utilizzo temporaneo (pop-up shop), e spesso condiviso (corner-shop) di un negozio, la cui vita può variare da un minimo settimanale, ad un massimo di alcuni mesi, non oltre di norma il limite annuale. Utile per locare spazi altrimenti sfitti, e dunque gradito ai locatori, il modello è ugualmente piaciuto ai conduttori, capaci così di testare i mercati, grazie a contratti più brevi - e dunque meno onerosi - ma ugualmente profittevoli.
Ciò nella specie, agganciando l’apertura dei locali, purchè ben reclamizzata, a festività, come il Natale, o eventi commerciali, culturali o sportivi di gran richiamo. Questa, in sintesi, l’essenza di un fenomeno tutto anglosassone, ampiamente diffuso in Europa, dove si declina in varie forme, tra cui gli accordi di lease e di license, caratterizzati in via esemplificativa dalle seguenti differenze.
Caratteristiche | Lease | License |
---|
Trasferimento del possesso immobiliare | si (1) | no (1) |
Trasferimento in via esclusiva | si | opzionale (2) |
Accordo tra due parti | si | non necessariamente (3) |
Diritto revocabile | no (di norma) | si (di norma) |
Diritto trasferibile | si | no |
Durata dell’accordo | medio/lunga | di solito breve |
(1) Mentre il lease trasferisce varie facoltà connesse all’utilizzo dell’immobile, la license riguarda solo quelle espressamente specificate
(2) La license può esser concessa tanto in via esclusiva, quanto non esclusiva, in capo al licensee
(3) La licence può costituirsi anche per atto unilaterale del solo licensor.
Il regime giuridico
Passando al dato giuridico interno, si osserva come i negozi temporanei siano oggi espressamente riconosciuti solo a livello regionale. Proprio in tale ambito si è, da ultimo, assistito al proliferare d’interventi legislativi (e non) volti a riconoscere il citato modello, con soluzioni che variano da regione a regione, per durata, condizioni d’ammissibilità, ed altro ancora (v. allegato “Disciplina regionale in tema di negozi temporanei”).
Quanto, invece, alla legge nazionale, il richiamo d’obbligo è ancora una volta alla normativa sull’equo canone (L. 392/1978), che consente, non senza difficoltà, deroghe alla durata delle locazioni commerciali (6 anni), in presenza di provate necessità sull’uso transitorio degli immobili. Alternative alla citata legge sono state poi individuate sia nell’affitto del ramo d’azienda, come nell’appalto di servizi, riservate:
- la prima, alle locazioni nei centri commerciali,
- e la seconda, all’affitto di uffici ammobiliati con ser-vizi di segreteria.
Nel panorama normativo, non possono, infine, scordasi le leggi che impongono la presentazione della SCIA, l’iscrizione alla locale CCIAA, o ancora, l’apertura di una posizione fiscale (P.IVA), previdenziale (INPS) e assicurativa sull’infortunistica in ambito lavorativo (INAIL).
Check list per conduttori e locatori
Anche a rischio di banalizzare il problema, ecco alcuni dubbi da chiarire sin dal primo incontro fra le parti, iniziando subito dalle domande che dovrebbe porsi ogni conduttore.
- Il locale è adeguato all’esercizio di un’attività commerciale? Se sì, di quali certificati è corredato?
- Qual è il canone di locazione? Quando e come si paga? Cosa include, nello specifico?
- A quanto ammonta il deposito cauzionale? Quando e a che condizioni mi verrà restituito?
- Quali modifiche/trasformazioni potrò eseguire all’interno e all’esterno del locale?
- Esiste un’assicurazione a copertura dei possibili danni connessi all’uso del negozio?
- Se sì, qual è il relativo premio? Se no, devo provvedere in tal senso?
- Posso avere una mappa catastale e/o una rappresentazione fotografica degli spazi commerciali?
- Quali sono i costi per la gestione/smaltimento dei rifiuti, e per le altre attività di riciclo?
- Qual è il peso delle utenze (luce, gas, connessione web, ecc.), e come sono ripartite?
- Come posso contattarla in caso di problemi, o urgenze?
Abbozzati i quesiti dei conduttori, ecco, all’opposto gli interrogativi su cui dovranno concentrarsi i locatori per conoscere le intenzioni di controparte.
- Mi descrive in breve l’uso che intende fare del locale?
- Qual è la sua potenziale clientela?
- Quali sono i prodotti/servizi oggetto della futura vendita e/o promozione?
- Ha già un’idea sulle tempistiche di apertura e chiusura del locale?
- Qual è il budget pubblicitario per promuovere il negozio temporaneo?
- Può fornirmi un resoconto sulle sue ultime attività commerciali?
- Potrei avere referenze in proposito?
- Disponibilità/tempistiche per sopralluoghi, negoziazione, firma, pagamento della cauzione, ecc.
- Quali i recapiti per ogni ulteriore informazione e per le possibili urgenze?
Contenuti del contratto
Caratterizzati da un’accentuata sintesi, i contratti di pop-up shop sono di norma “stringati”, in considerazione soprattutto della loro breve durata. Criterio guida nella relativa stesura dovrebbe esser quello di una forte semplificazione, capace di cogliere solo i dati essenziali delle locazioni (ad es. canone, deposito, spese, usi consentiti, termine e restituzione). Seppur in via esemplificativa, e prescindendo da specifiche esigenze di parte, ecco dunque i contenuti minimi di un tipico accordo di pop-up shop.
Definizioni
Oltre a individuare le parti dell’accordo, le premesse del contratto dovrebbero puntualmente specificare gli immobili in questione. In tal senso è sempre auspicabile allegare al contratto un estratto catastale dei locali commerciali, evidenziandone i relativi confini, per evitare ogni futura discussione sulla loro estensione (locali + eventuali pertinenze + vie di accesso/servitù, ecc.).
Oggetto del contratto
Locazione degli spazi, come sopra identificati, dietro pagamento di un canone (anche giornaliero), per il periodo concordato (non superiore a quello previsto dalla legge applicabile). Trattandosi di quella nazionale, è importante specificare le ragioni dell’uso transitorio dei locali, onde evitare l’automatica applicazione della durata fissata per legge.
Principali obblighi del conduttore/proprietario
Oltre ai canoni, deposito e spese, possono imputarsi al conduttore anche altri obblighi, con diritto del proprietario di eseguire le ispezioni del caso. Per contro, in aggiunta all’uso degli immobili, il proprietario dovrà garantire il relativo sfruttamento assumendosi anche obblighi secondari, come ad esempio una servitù di passaggio.
Break clauses
Clausole sull’eventuale recesso anticipato sia del proprietario che del conduttore.
Clausole di salvaguardia
Patti che collegano all’avverarsi di talune violazioni del contratto il pagamento di penali concordate fra le parti.
Standard clauses
Clausole di chiusura su come e quando comunicare ogni informazione sull’esecuzione o l’interruzione del contratto.
Questi in sintesi i tratti essenziali degli accordi in questione, che, per prassi applicativa - specie anglosassone - si declinano in vari modelli influenzati da molteplici fattori. Tra questi:
- le dimensioni dei punti vendita - con annesse caratteristiche strutturali e/o di arredo
- la relativa ubicazione (per es. in un centro commerciale, o in un negozio del centro, o all’estremo opposto, in un’esposizione ambulante)
- senza dimenticare, infine, la durata dell’accordo.
Citando ancora l’esperienza anglosassone merita poi precisare come le trasformazioni dei locali, autorizzate dai proprietari, siano di norma specificate e formalizzate in un documento esterno al contratto stesso (la c.d. Fit-Out Consent Letter).
Conclusioni
Seppur già conosciuti in tutta Europa, i temporary stores siano ancor oggi poco diffusi nel mercato interno, dov’è logico attendersi una loro rapida affermazione, specie nei centri più colpiti dalla “desertificazione commerciale”.
Rimangono, tuttavia, aperte, alcune questioni legate vuoi all’obsoleta legge nazionale, come al rischio di regolare diversamente in ambito locale un fenomeno che è, e dovrebbe restare, unitario. Non rimane, dunque, che attendere le reazioni dei mercati, interrogandosi, comunque, sulla natura transitoria dei citati modelli, legati al peculiare momento storico, o, all’opposto, sulla loro stabile diffusione, connessa invece a bisogni tutt’altro che momentanei.
Scarica la Disciplina regionale in tema di negozi temporanei
Avv. Roberto Salini