Il multiculturalismo esterno
Il multiculturalismo dell’ambiente “esterno”, o circostante le imprese, è rappresentato da un lato dalle relazioni, produttive e commerciali, con persone di altri paesi che parlano spesso un’altra lingua, hanno riferimenti normativi e valoriali diversi dai propri, e spesso si traducono in comportamenti che non sono necessariamente coerenti ai nostri canoni di riferimento o alle nostre attese.
Il multiculturalismo esterno alle imprese implica:
- anzitutto il tener conto del sistema legislativo, logistico e strutturale del paese in cui si internazionalizza;
- secondariamente, ma non meno importante, la capacità di gestire la varietà delle relazioni con i propri clienti, referenti ed interlocutori aziendali con cui si gestisce il rapporto; ma anche con le culture delle aziende cliente, con i loro processi, le loro pratiche, i loro valori,...
Inoltre, le imprese agiscono all’interno di settori o network di imprese, per cui i comportamenti e le culture delle aziende competitor, ma anche degli opinion leader che possono influenzare la reputazione della propria azienda (media, associazioni di categoria, enti, scuole e università, etc.), sono elementi del puzzle del multiculturalismo esterno, da imparare a riconoscere, gestire, valorizzare ed integrare.
Il multiculturalismo interno
Anche l’ambiente “interno” alle imprese si caratterizza come multiculturale, in quanto costituito dall’unicità delle risorse umane che lavorano per l’impresa e nell’impresa, con le loro storie - personali e professionali -, le loro competenze, i loro saperi, le loro motivazioni al lavoro, i loro bisogni specifici, etc.
Inoltre, sempre più spesso le imprese stanno adottando come strategia di gestione dei propri processi di internazionalizzazione, quella di assumere collaboratori che hanno una doppia appartenenza linguistica-culturale, così da valorizzare le loro competenze ed i loro saperi: ad esempio in relazione ai paesi o alle aree geografiche del secondo paese di provenienza, o in cui si è maturata un’esperienza significativa, per gestire le attività commerciali, per partire come expatriate e seguire le start-up di plant esteri o di funzioni specifiche, al fine di facilitare il trasferimento di processi e know-how.
Multiculturalismo: rischi ed opportunità
Il multiculturalismo di per sé non rappresenta un vantaggio per le imprese. Può rimanere infatti sconosciuto; può non essere riconosciuto; può essere concepito più come un rischio o una minaccia, piuttosto che come un’opportunità o un elemento da valorizzare. Inoltre, le imprese tendono a standardizzare i propri processi ed è più facile che si attendano un adattamento da parte dei propri dipendenti e collaboratori, piuttosto che essere disposte a trovare strategie e modalità flessibili e di adattamento reciproco.
Se non gestito con l’intenzione e la capacità di riconoscere e valorizzare, il multiculturalismo può creare o inasprire conflitti, può causare rallentamenti nei processi decisionali, oppure sfociare in processi di groupthinking o di omologazione, anziché di creatività e di innovazione.
Nonostante i rischi appena delineati, diversi studi svolti sulle pratiche di management (non solo sulla gestione HR, ma anche sulle vendite, sul marketing e la comunicazione interna ed esterna, sulle funzioni R&D, etc.), evidenziano come il multiculturalismo, se ben gestito, possa però creare un vantaggio.
Si può infatti tradurre in un miglior clima di lavoro, maggior commitment e produttività da parte dei dipendenti, un incremento delle vendite, un rafforzamento della brand image e della reputazione aziendale, un miglioramento dei processi creativi, di sviluppo e di innovazione aziendale, sia in termini di prodotto che di processo.
Come fare in modo, quindi, che le diverse identità culturali presenti all’esterno ed all’interno delle imprese si trasformino in valore per le imprese?
Le competenze interculturali per gestire e valorizzare il multiculturalismo
L’inclusione e la gestione efficace di diverse identità culturali non è necessariamente automatica.
Caratteristiche legate all’identità e ad atteggiamenti quali l’apertura, la curiosità, la flessibilità sono delle determinanti necessarie. Sono inoltre necessarie conoscenze quali la consapevolezza di sé e della propria identità culturale; la conoscenza di un linguaggio comune; conoscenze specifiche o almeno generiche sulle altre culture; capacità quali l’ascolto, l’essere in grado di riconoscere e di integrare punti di vista diversi dai propri; la capacità di modulare il proprio comportamento, relazionale e manageriale; inoltre, conoscere ed essere in grado di utilizzare strumenti e pratiche può essere d’aiuto.
L’insieme degli atteggiamenti, delle conoscenze e delle capacità appena descritti costituiscono quelle che vengono definite “competenze interculturali”. Esse si integrano con le più generiche competenze relazionali e rappresentano parte dei saperi, saper fare e saper essere. E’, infatti, sempre più indispensabile che diversi ruoli aziendali, in primis i ruoli manageriali, sviluppino tali saperi al fine di gestire il multiculturalismo e rendere sostenibili le attività lavorative e di conseguenza i risultati aziendali.
A tal fine, sempre più spesso diverse tipologie di aziende investono non solo nella consulenza, ma anche nella formazione interculturale.
Alcuni percorsi di formazione interculturale
Brovedani è un’azienda che qualche anno fa ha investito in modo lungimirante nella formazione interculturale.
Ha anzitutto introdotto all’interno del proprio modello di competenze manageriale le competenze interculturali, affinché:
- il riconoscimento di punti di vista diversi dai propri,
- la capacità di modulare il proprio comportamento in considerazione del proprio interlocutore,
- la valorizzazione e l’integrazione della diversità
diventassero dei comportamenti attesi e agiti dalle persone che ricoprono diversi ruoli aziendali, ed in primis dai ruoli manageriali.
Ha inoltre realizzato dei percorsi di formazione interculturale perché le funzioni aziendali che lavorano a livello internazionale e spesso progettano prodotti customerizzati per i propri clienti dislocati anche dall’altra parte del mondo, apprendessero degli strumenti affinché team multi-professionali e/o multiculturali lavorassero insieme in modo efficace, sia in presenza che a distanza, gestendo e valorizzando le diverse identità culturali.
Una delle richieste formative interculturali più frequenti è inoltre quella relativa alle attività di supporto agli espatriati (e alle loro famiglie, con cui si spostano in altri paesi), con percorsi di formazione interculturale pre-partenza, e con supporto una volta in loco anche a distanza, quale il coaching.
Alcuni esempi di multicultural management di successo
Uno dei business case storici adottati in Italia e che ha fatto scuola nel panorama italiano delle pratiche di management orientate alla valorizzazione dell’identità culturale delle risorse umane è quello pensato e messo in atto da IKEA di Sesto Fiorentino.
Quando IKEA Italia ha aperto a Sesto Fiorentino, ha tenuto in considerazione l’alta percentuale di stranieri residenti sul territorio, che rappresentavano i potenziali clienti della struttura che stava per aprire. Lo stabilimento di Sesto Fiorentino ha assunto funzioni vendite e magazzinieri usando il criterio di rappresentanza della composizione della demografia degli abitanti del territorio locale per quanto riguarda le comunità nazionali di provenienza.
Questa strategia ha consentito ad IKEA di raggiungere nicchie di clienti che non erano i “classici” clienti target, grazie al tam-tam creatosi all’interno delle comunità di stranieri locali; al tempo stesso ha consentito ad IKEA di rafforzare il proprio brand e la propria reputazione, soprattutto in quanto azienda attenta al tema della diversità e della responsabilità sociale.
La strategia di rendere gli ambienti di lavoro più multiculturalmente simili alle caratteristiche demografiche del mercato in cui le aziende operano è sempre più utilizzata anche per creare nuove soluzioni di prodotto o di servizio innovative, che possano rispondere maggiormente alle esigenze di nuove nicchie di clienti, o di nicchie di clienti precedentemente escluse. Sono molti infatti, gli esempi di innovazioni create includendo, nella fase creativa e di progettazione di nuovi prodotti e servizi, potenziali utilizzatori, oppure categorie di utilizzatori target precedentemente escluse.
Un ulteriore esempio è rappresentato da NavigAbile, il software creato dalla Fondazione Accenture in partnership con la Fondazione Don Carlo Gnocchi e la Fondazione Francesca Rava. NavigAbile è stato costruito attraverso le tecnologie della comunicazione aumentativa alternativa, che consente l’accesso ai contenuti web a persone con diverse abilità (motorie, verbali, non vedenti, ipovedenti,..) e secondo le logiche inclusive e partecipative del design for all. Far partecipare persone con handicap o disabili, così come enti esperti di disabilità alle fasi di progettazione del software internet, ha consentito di creare un dispositivo per la traduzione dei codici grafici in codici sonori, l’espansione, la modifica dei colori ed altri accorgimenti tecnologici alle pagine web che consentissero l’accesso a pagine web ad utilizzatori fino ad allora impensabili. Le applicazioni di questo software sono inoltre state estese a molti servizi online e e-commerce.
Conclusioni
Il multiculturalismo può e deve rappresentare un elemento di opportunità e di innovazione per le imprese. Per questo la formazione, la consulenza ed il coaching interculturale possono rappresentare degli strumenti e delle metodologie di supporto alla gestione di processi di multicultural management progettati in modo customerizzato, in considerazione della specifica realtà aziendale, delle strategie e degli obiettivi che l’azienda intende raggiungere, da integrare attraverso percorsi di facilitazione.
Maura di Mauro, consulente e coach interculturale, docente nell’ambito dei corsi executive NIBI.