Programmi futuri e accordi vincolanti
La Letter of Intent e il Memorandum of Understanding dovrebbero essere solo documenti precontrattuali e generalmente si riferiscono a un contratto futuro di cui descrivono obiettivi e caratteristiche, rinviando e condizionando espressamente l'eventuale sottoscrizione al raggiungimento di un accordo su ulteriori dettagli o all'approvazione da parte del management.
In alcuni casi le aziende utilizzano le lettere d'intenti nella convinzione di non esserne vincolate. Tuttavia, nonostante il documento sia definito letter of intent, spesso contiene tutti gli obblighi che rendono completo un contratto.
Lo stesso si può dire dei documenti denominati come Memorandum of Understanding.
In tali casi, quindi, il contenuto vincolante prevarrà sul titolo del documento che sarà considerato un contratto a tutti gli effetti.
Sarà perciò necessario valutare con attenzione la portata di eventuali "lettere di intenti" quando, a seguito della loro sottoscrizione, un'azienda deve fare affidamento sugli impegni in essa delineati, in quanto il rischio che non si giunga alla redazione di un valido contratto è concreto.
D'altra parte anche il rischio di aver dato vita a un accordo vincolante, pur credendo di avere sottoscritto un documento di programma, deve essere considerato e opportunamente evitato.
Responsabilità e dovere di buona fede
Quali responsabilità derivano dal rifiuto di sottoscrivere un contratto quando era stata sottoscritta una lettera di intenti nel corso di una trattativa?
Premesso che alcune lettere di intenti, benché programmatiche, contengono disposizioni vincolanti relative alla conduzione della trattativa (es. accordi di riservatezza, obblighi di non condurre trattative parallele), nella maggior parte dei casi esse prevedono che, qualora un contratto non sia concluso, non vi sia alcuna responsabilità per le parti. Ciò non esime però dal dovere di buona fede nella negoziazione. Tale obbligo è soggetto all'interpretazione dei tribunali e può variare da Paese a Paese.
Nel nostro sistema l’obbligo di buona fede comporta un dovere di condurre la trattativa con serietà. Tale dovere è violato qualora, raggiunto l’accordo sugli elementi contrattuali in discussione, una parte rifiuti immotivatamente di sottoscrivere il contratto.
Le autorizzazioni a iniziare la produzione
A questo tema è strettamente legato il caso in cui il committente, in attesa di formalizzare un acquisto, autorizzi il fornitore a procedere con la fabbricazione.
Il fornitore, nel timore di perdere l'affare, inizia quindi le lavorazioni in assenza di un contratto. La mancanza di previsioni su come si regoli l'ipotesi in cui il committente non completi l'ordine crea notevole apprensione ed è molto diffusa.
Qualora non si pervenga poi al perfezionamento dell'ordine sorgeranno incertezze sulle responsabilità del contraente che rifiuti di dar seguito all'accordo. In sede di un eventuale giudizio rileveranno quindi le minute, i verbali di riunione e la corrispondenza intercorsa tra le parti.
Il giudice valuterà il rispetto dell'obbligo di buona fede nella trattativa.
La tutela dell’affidamento della parte che abbia prestato fede al contraente che aveva dato l'autorizzazione a procedere potrà influenzare la sentenza.
Tuttavia in genere l'accertamento della violazione darebbe origine solo a una responsabilità precontrattuale, limitando il risarcimento al solo danno emergente, cioè ai costi sostenuti per la conduzione della trattativa, senza considerare quindi il mancato guadagno.
Se però, al di là delle lettere d’intenti, la corrispondenza tra le parti ha dato luogo all'affidamento del fornitore a causa del suo contenuto, non è da escludere che sia riconosciuto un vincolo contrattuale che comporta maggiori indennizzi in caso di inadempimento.
Sarebbe pertanto necessario che le autorizzazioni a procedere regolino comunque queste ipotesi, prevedendo il rimborso dei costi sostenuti dal fornitore sino all'interruzione delle trattative e, nei casi più equi, un fee di margine minimo.
Parola di gentleman
Un discorso a parte merita la definizione dei gentlemen agreements, che in genere non dovrebbero essere costituiti da un documento scritto.
Sono, infatti, garanzie verbali che comportano un impegno sulla parola e l'eventuale sanzione consiste solo nella perdita della credibilità del soggetto che si era impegnato. Tali promesse pertanto non sono vincolanti e generalmente vi si fa ricorso in ambienti ristretti in cui il mancato mantenimento della parola data diviene noto facilmente ai membri di una comunità ristretta (si pensi alle borse di talune materie prime). Tuttavia, se, pur con tale titolo, degli accordi sono messi per scritto, difficilmente si potrà sostenerne la loro non obbligatorietà invocando che si tratta di gentlmen agreements.
D’altra parte, non si può nemmeno escludere che, in casi estremi, un accordo verbale provato da testimonianza e da altri elementi che lo supportino, dia luogo comunque alla prova di un contratto, per quanto l’ipotesi si debba considerare remota, data la scarsa importanza accordata dal diritto alla testimonianza in materia di obbligazioni commerciali.
Conclusioni
In conclusione, quindi, non esistono accordi che possano considerarsi mezzi contratti o che siano meno vincolanti di un contratto. Lettere di intenti e memorandum of understanding non dovrebbero essere utilizzati nella convinzione che impegnino meno. Essi dovrebbero quindi mantenere il loro ruolo di documenti programmatici in cui possono essere anche contenute clausole di un contratto futuro ed eventuale. Il ruolo del documento contrattuale è quello di eliminare le incertezze, per cui si sconsiglia di fare ricorso a pratiche che possano creare ambiguità e, di conseguenza, maggiore aleatorietà per entrambe le parti.
Avv. Vartui Kurkdjian