Legge applicabile: dalla Convenzione di Roma al Regolamento Roma I

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Nel commercio internazionale vi è l'orientamento, derivante dal mondo di common law, di redigere contratti dettagliati e autonormativi ("self-regulatory"). In tal modo si riducono i problemi interpretativi e le possibilità di integrazione del contenuto contrattuale ad opera della legge.
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In caso di insorgenza di una controversia, l'interprete (sia esso giudice o arbitro) dovrà individuare un diritto nazionale sulla base del quale poter colmare le lacune non definite dai contraenti. Nello svolgere tale ricerca, egli farà riferimento a un gruppo di norme, di diritto internazionale privato ("conflict rules"), le quali gli permetteranno di stabilire qual'é il diritto (o i diritti) applicabili al contratto. Questa soluzione, però, introduce degli elementi di imprevedibilità e incertezza.

Le norme di diritto internazionale privato infatti variano da ordinamento a ordinamento (e quindi da Paese a Paese); pertanto la legge che verrà ritenuta applicabile al contratto sarà palesemente diversa a seconda del giudice che per primo verrà adito. Questi, con tutta probabilità, sceglierà le norme internazional-privatistiche del suo ordinamento giuridico. E in base al diritto applicato, verrà modificato anche il risultato del giudizio.

Per questo è auspicabile che le parti scelgano a priori il diritto sostanziale applicabile al contratto mediante una clausola ad hoc (pactum de lege utenda): il contratto "è interamente sottoposto al diritto [...], che ne regola la conclusione, esecuzione e cessazione, ed in base al quale esso sarà interpretato, anche al fine della risoluzione delle controversie da esso nascenti".

Si noti che la maggior parte dei Paesi al mondo - sia di civil law che di common law (salvo alcune eccezioni come per esempio i Paesi della Penisola Arabica) - ammette la possibilità che le parti di un contratto internazionale scelgano liberamente la legge ad esso applicabile (nell'ordinamento italiano art. 1322 c.c.).

Regolamento n° 593 del 17 giugno 2008

In ambito UE, la materia della legge applicabile al contratto era regolata, fino al 17 dicembre 2009 dalla Convenzione di Roma (1980) sulla legge applicabile alle obbligazioni contrattuali, la quale dettava regole uniformi a livello europeo sui conflitti di legge in materia di contratti, allo scopo di prevenire il fenomeno del cd. "forum shopping".
La Convenzione è stata “rimodernata” attraverso il Regolamento CE del 17 giugno 2008 n° 593 entrato in vigore il17 dicembre 2009 fatta eccezione per l’articolo 26, che aveva già trovato applicazione a decorrere dal 17 giugno 2009.

In sostanza, e in ciò risiede la novità il Regolamento trasforma in regole rigide le norme (flessibili) della Convenzione di Roma del 1980, che hanno provocato varie incertezze interpretative.

In Italia, l'art. 57 della legge 31 Maggio 1995, n. 218 di "Riforma del sistema italiano di diritto internazionale privato" stabilisce che i contratti con elementi di internazionalità sono disciplinati "in ogni caso" dalla Convenzione di Roma del 19 Giugno 1980 e quindi, oggi, dal Regolamento n° 593 che ha sostituito la Convenzione di Roma.
Visto il carattere universale del Regolamento (art. 2), le parti potranno designare come legge applicabile al contratto non solo le normative nazionali degli Stati membri, ma anche la legge di uno Stato che non è parte dell’Unione europea.

L'art. 3 della Convenzione prevedeva - e il Regolamento N° 593 ha confermato in linea di principio - che le parti siano libere di scegliere la legge applicabile al loro rapporto. Sebbene non venga richiesto che tale scelta sia espressa in forma scritta, è sempre consigliabile farlo per questioni probatorie, in quanto, in caso contrario, per essere fatta valere, dovrà risultare in modo ragionevolmente certo dalle disposizioni del contratto o dalle circostanze del caso.

La scelta operata dalle parti in merito alla legge applicabile al contratto internazionale ne determina:

  • l’interpretazione
  • l’esecuzione delle obbligazioni che ne discendono
  • le conseguenze dell’inadempimento di tali obbligazioni
  • il risarcimento dei conseguenti danni 
  • l’estinzione delle obbligazioni
  • le conseguenze della nullità del contratto internazionale.

Tale scelta può essere “espressa” o deve “risultare chiaramente dalle disposizioni del contratto o dalle circostanze del caso” (art. 3).

In assenza di scelta della legge applicabile

L'art. 4 del regolamento, con un cambiamento più di forma che di sostanza rispetto alla Convenzione di Roma del 1980, elenca una serie di esemplificazioni (legge del venditore, legge del prestatore di servizi, ecc…).
Se si osservano attentamente le fattispecie prese in considerazione vige sempre il principio che, nel silenzio delle parti, si applica la legge del Paese dove non si svolge la prestazione pecuniaria.

Viceversa, potrebbe apparire a un lettore poco attento che il contratto di distribuzione e di franchising facessero eccezione a questa regola, invece anche per questi contratti è corretto che il Legislatore comunitario abbia voluto attribuire la competenza al distributore (lettera f) e al franchisee (lettera e) avendo ritenuto la loro attività “distributiva e organizzativa” prevalente rispetto al fatto che gli stessi debbano prima acquistare i beni.

L'art. 3 (1) della Convenzione di Roma prevede infine la possibilità, per le parti, di assoggettare il contratto a più leggi nazionali diverse. Questa tecnica - definita "depeçage" ("frazionamento") o "morcellement" - che presuppone la scomposizione del contratto in più parti con l'assoggettamento di ciascuna di esse a leggi nazionali diverse incontra ovviamente un limite nella complessiva coerenza del quadro giuridico delineato dalle parti.

La tecnica in questione ha sollevato molte critiche da parte dei giuristi di common law, e anche personalmente la considero più figlia di un'impostazione teorica dei redattori della Convenzione di Roma che realmente applicabile.

Modifica della legge precedentemente scelta

Un altro aspetto della convenzione di Roma, che è stato apertamente criticato dai giuristi di common law, è dato dalla prescrizione contenuta all'art. 3 (2), in base alla quale le parti hanno la possibilità di modificare, di comune accordo, la legge precedentemente scelta come regolatrice del contratto, o di effettuare tale scelta anche in un momento successivo alla conclusione del contratto.

Con riguardo a questo aspetto, il common law assume una posizione più rigida, in quanto, una volta effettuata la scelta del diritto applicabile, ritiene che non sia più possibile modificarla.
In ogni caso, qualora tutti gli altri elementi pertinenti alla situazione siano ubicati in un paese diverso da quello la cui legge è stata scelta, tale scelta effettuata dalle parti non potrà pregiudicare l'applicazione delle disposizioni (interne e comunitarie) alle quali non è permesso derogare contrattualmente.

Questa disposizione è volta a scoraggiare la scelta di una legge straniera a contratti che non presentano realmente elementi di internazionalità ed è effettuata al solo fine di sottrarsi a qualche disposizione di legge non gradita (si pensi all’indennità di fine rapporto dovuta dal preponente all’agente in forza della normativa comunitaria e italiana).

Tipologie contrattuali

Il contratto sarà diversamente regolato a seconda della specifica tipologia contrattuale tra quelle indicate dal Regolamento n° 593/2008 all’art. 4, comma 1, lett. a) – h):

  • vendita di beni
  • prestazione di servizi
  • vendita/locazione immobiliare
  • franchising
  • distribuzione
  • vendita di beni all'asta
  • vendita multilaterale di strumenti finanziari.

In particolare, nel caso di vendita di beni o di prestazione di servizi si applicherà, rispettivamente, la legge del paese di residenza abituale del venditore o del prestatore di servizi.

Come già detto, in materia di franchising, troverà applicazione la legge del paese di residenza abituale dell'affiliato e, in materia di distribuzione, sarà applicabile quella del paese di residenza abituale del distributore.
In tali due ultimi casi, vi è un contrasto con la prassi internazionale - diretta a non frantumare la legge applicabile alle catene di franchising e di distribuzione – che considera applicabile, rispettivamente, la legge del paese di residenza del franchisor e del concedente.

Qualora invece si versi in materia di diritti reali o di locazione aventi ad oggetto immobili il relativo contratto sarà disciplinato dalla legge del paese in cui l'immobile è situato.

Il contratto di vendita di beni all'asta sarà disciplinato dalla legge del paese nel quale ha luogo la vendita.
Per i contratti (multilaterali) di acquisto di strumenti finanziari, se predisposti in base a criteri non discrezionali e disciplinati in base a un'unica legge, sarà applicabile tale legge.

Invece, se il contratto non rientra tra quelli specificamente indicati dal Regolamento n° 593/2008 (contratto atipico), oppure si tratta di un contratto misto o complesso (cioè composto, allo stesso tempo, da diversi tipi contrattuali), si dovrà fare riferimento alla legge del paese nel quale la parte che deve fornire la prestazione caratteristica del contratto ha la residenza abituale.

Quando dall’insieme della fattispecie concreta risulta chiaramente che il contratto presenta un collegamento più stretto con un paese diverso da quello indicato si applicherà la legge di questo paese e, quindi, non opereranno i criteri elencati all’art. 4 per i singoli tipi contrattuali (art. 4, comma 3).
Se la legge non può essere determinata in base ai criteri sopra visti, il contratto sarà disciplinato dalla legge del paese con il quale presenta il collegamento più stretto (art. 4, comma 4).

Avv. Marco Tupponi
 

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