Nella negoziazione con il partner commerciale locale del Memorandum of Association (ossia lo statuto della società) e dei patti parasociali, l’investitore straniero deve pertanto tutelare la propria posizione all’interno della società attraverso un’attenta revisione degli strumenti contrattuali disponibili.
Limitazioni alla partecipazione straniera nelle società di capitali
La normativa di riferimento in materia - la Federal Law no. 8 - 1984 e successive modifiche (di seguito "Companies Law") - stabilisce che, in caso di costituzione di società di capitali tra soggetti di nazionalità emiratina (o di altri paesi appartenenti al Gulf Cooperation Council GCC) e stranieri, i primi debbano detenere un numero di quote pari ad almeno il 51% del capitale sociale.
Il Companies Law concede peraltro alle parti di ripartire gli utili derivanti dall’attività della società con quote diverse dalla partecipazione al capitale sociale; il diritto societario emiratino (e l’interpretazione giurisprudenziale formatasi sul punto) consente infatti una riduzione degli utili spettanti al socio locale fino al 20%.
Tali vincoli assumono, nel diritto degli Emirati Arabi Uniti, valore di norma imperativa di legge, ovvero non suscettibili di deroga; il Memorandum of Association e le sue eventuali successive modifiche devono rispettare i requisiti imposti dalla normativa richiamata, perché si tratta di atti pubblici, sottoscritti dalle parti dinanzi ad un notaio locale, depositati e registrati presso il Dipartimento del Ministero dello Sviluppo Economico (DED) dell’Emirato in cui la società è stata costituita.
Il socio locale
Nella costituzione di società “miste” di diritto locale assume grande importanza la figura del socio di nazionalità emiratina che può:
- essere un mero “local sponsor” - ossia un soggetto che si rende necessario esclusivamente per la costituzione della società, senza alcun reale coinvolgimento nel business e senza alcuna vera propensione o capacità ad operare come un socio reale
- ricoprire, al contrario, un ruolo decisivo laddove sia particolarmente introdotto nel contesto locale ed abbia capacità a creare relazioni ed individuare opportunità di affari.
In quest’ultimo caso, la prassi commerciale emiratina prevede il riconoscimento in favore dello sponsor di una fee, generalmente annuale, da calcolarsi sulla somma complessiva degli utili maturati dalla società.
Spetta alle parti negoziare e pattuire il valore della fee, tenendo particolare conto della reale e concreta forza contrattuale e relazionale del partner locale; al partner emiratino in grado di generare un volume di affari considerevole potrà essere garantita ed applicata una quota in base al criterio sopra descritto, anziché quanto deriverebbe dalla mera ripartizione degli utili prevista dal MoA.
L’importanza dei patti parasociali
Per fare fronte ai limiti imposti dalla normativa locale, la principale e più comune forma di tutela della posizione dei soci stranieri all’interno di società di capitali di diritto emiratino è rappresentata degli shareholders’ agreements (spesso definiti anche come supplement agreement, side agreements, ossia i patti parasociali).
Tali tipologie di accordi mirano in linea generale ad un riequilibrio della posizione del socio straniero rispetto a quella del partner locale, e sono lo strumento con cui i soci regolano, diversamente da quanto formalmente stabilito dal Memorandum of Association, i rispettivi diritti relativi alla ripartizione degli utili.
Tali strumenti contrattuali non sono disciplinati espressamente dalla normativa locale; pertanto, trovano applicazione le regole generali in materia di contratti, previste dal codice civile degli Emirati del 1985.
Non è prevista una particolare forma, sebbene le pratiche commerciali impongano quella scritta e sottoscritta tra le parti.
Nella prassi accade che le parti negozino nel MoA la ripartizione di capitale sociale e utili secondo i termini stabiliti dalla legge, mentre nel parallelo Supplement Agreement, pattuiscono una differente attribuzione delle quote societarie e dei relativi profitti, in modo che la partecipazione straniera effettiva sia pari al 51%.
Simili patti, ormai estremamente comuni nella pratica commerciale di Dubai, possono in linea di principio essere considerati nulli dai tribunali locali, in quanto in contrasto con norme imperative di legge. Va ricordato al riguardo che nel 2004 è stata promulgata la legge federale n. 17 del 2004 (conosciuta come “anti-fronting law”), che vieta qualsiasi accordo volto ad eludere norme imperative di legge.
Ad oggi tuttavia tale normativa non ha ricevuto reale e costante attuazione, e la giurisprudenza locale, in merito alla validità di patti parasociali aventi ad oggetto ripartizioni di quote societarie con criteri differenti da quelli previsti in statuto, ha in alcuni casi tenuto una posizione meno drastica, dichiarando legittimi gli interessi vantati dal socio straniero, ma ordinando allo stesso tempo lo scioglimento delle società rette di fatto da tali tipologie di accordi per violazione di norme imperative di legge.
Quale legge applicabile?
Per limitare l’applicazione della legge Emiratina viene spesso suggerita la scelta di una legge applicabile di un diverso paese (ad esempio quella svizzera o inglese) e, per evitare la giurisdizione delle corti di Dubai, viene raccomandato l’arbitrato estero in un paese parimenti terzo, come strumento alternativo di risoluzione delle controversie, poiché gli Emirati Arabi Uniti hanno ratificato nel 2006 la Convenzione per il riconoscimento e l'esecuzione delle sentenze arbitrali straniere (New York 1958), il che rende certamente più agevole l'esecuzione negli EAU dei lodi arbitrali esteri.
Non va trascurato però che un lodo che dichiari valido un patto parasociale che sia in contrasto con la legge locale rischia di non essere riconosciuto negli Emirati (attraverso la procedura di “exequatur”) da un tribunale locale, qualora questo ravvisi la violazione di norme imperative di legge nazionale.
Possibili rimedi
In un simile contesto, l’inserimento di alcune clausole può operare come deterrente nei confronti della controparte emiratina, nel caso in cui non intenda rispettare gli accordi previsti e pattuiti nel patto parasociale.
- Clausola di buona fede nell’esecuzione delle obbligazioni stabilite nel patto parasociale, poiché si tratta di un principio riconosciuto anche nel diritto civile emiratino, al quale i giudici locali attribuiscono peso significativo, specie laddove sia stato espressamente richiamato nel testo contrattuale.
- Clausola penale sotto forma di c.d. “liquidated damages”, strumento tipico dei sistemi anglo-americani di common law, che è stato riconosciuto ed applicato anche nell’ordinamento emiratino. Si tratta in sostanza di una clausola penale, che indica in via preventiva l’ammontare dei danni che possono ragionevolmente derivare dall’inadempimento di una delle parti. Generalmente è ammessa la validità di tale clausola laddove l’importo indicato costituisca una stima ragionevole ed equilibrata dei danni che possono prevedibilmente derivare da un inadempimento; beneficio di una liquidated damages clause adeguatamente calibrata è che essa esonera la parte che la invoca dall’onere di provare i danni subiti (i liquidated damages sono anzi dovuti anche qualora in realtà non vi siano stati danni).
Infine, il partner straniero, attraverso l’ausilio di professionisti esperti del diritto locale, dovrà definire nel modo più dettagliato possibile con il socio emiratino le tempistiche della negoziazione sino alla costituzione della società, attraverso una “calendarizzazione” (timetable for negotiations) delle tappe per la definizione dei testi finali degli atti societari e degli accordi parasociali, e predisporre e proporre draft di statuto e di patti parasociali che garantiscano un migliore controllo della governance della società.
Claudio Perrella e Lorenzo Ascanio