Considereremo i principali aspetti riguardanti la distribuzione internazionale in Cile: la forma richiesta per la conclusione del contratto, gli obblighi delle parti, lo scioglimento del contratto e i possibili metodi di risoluzione delle controversie relative al rapporto.
Esiste un Accordo di Associazione, entrato in vigore nel 2005, volto a favorire le relazioni economiche tra gli Stati membri dell’Unione Europea e il Cile. Tale Accordo contiene il Free Trade Agreement, entrato in vigore nel febbraio del 2003, il cui obiettivo è agevolare e semplificare il commercio in un’ottica di progressiva liberalizzazione. Significative in tal senso sono le agevolazioni nel settore doganale (art. 57 e seguenti del Free Trade Agreement) con riguardo ai prodotti industriali e agricoli. Tuttavia, nonostante l’Accordo, il Cile ha introdotto restrizioni alle importazioni di alcune categorie di prodotti (ad esempio le carni).
In Cile il contratto di distribuzione non ha una sua normativa ad hoc. Per tale motivo, i punti di riferimento principali sono i principi generali di diritto civile e commerciale cileno. Stante l’assenza di una disciplina specifica in materia di distribuzione, le parti potranno godere di ampia autonomia nel regolare i loro rapporti.
Con riferimento ai requisiti richiesti a coloro che intendano operare nel settore in esame, si segnala che questi ultimi non devono possedere particolari requisiti, come invece accade in altri Paesi, ove è richiesta ad esempio l’iscrizione in un apposito albo o registro. Per poter operare come distributore in Cile, non è necessario che l’operatore sia di nazionalità cilena.
Ulteriore conseguenza dell’assenza di una disciplina specifica in materia di distribuzione è la mancanza del requisito della forma scritta per la validità del contratto. Dunque, un contratto di distribuzione in Cile assume rilevanza anche qualora il distributore operi di fatto. Tuttavia, risulta comunque opportuno suggerire alle parti di formalizzare per iscritto il loro rapporto allo scopo di riuscire a dar prova della sua effettiva esistenza, qualora dovesse venire in essere un contenzioso tra le stesse.
Quanto alle obbligazioni di ciascuna parte, stante il fatto che il contratto di distribuzione non è regolamentato, l’individuazione delle stesse può essere operata in termini generali. Così, l’obbligazione tipica del fornitore è quella di fornire i prodotti al distributore, secondo le quantità e le tempistiche concordate. Le parti possono altresì concordare l’adempimento da parte del fornitore di specifiche obbligazioni, quali la fornitura di materiale pubblicitario, la concessione dell’uso di marchi e l’applicazione di sconti a certe condizioni.
Parallelamente, l’obbligazione tipica del distributore è l’acquisto dei prodotti contrattuali dal fornitore e la loro commercializzazione secondo quanto concordato. In tal senso, il fornitore può richiedere al distributore che tale commercializzazione venga svolta secondo precise modalità dallo stesso stabilite, che possono riguardare, ad esempio, l’esposizione dei prodotti, la loro promozione pubblicitaria o la loro presentazione al pubblico.
Le parti possono concordemente prevedere all’interno del contratto ulteriori clausole come ad esempio quelle aventi ad oggetto un obbligo di non concorrenza post-contrattuale da parte del distributore nei confronti del fornitore. Tuttavia, qualora si intenda operare una scelta di tal genere, è opportuno prevedere che l’obbligo in questione abbia una durata ragionevole ed eventualmente stabilire l’ammontare di un’indennità a favore del distributore.
Altro specifico obbligo in capo al distributore può essere quello di informazione consistente, in sostanza, nel tenere informato il fornitore circa l’attività svolta e le condizioni del mercato.
Sarebbe inoltre consigliabile adottare adeguati strumenti di pagamento al fine di tutelare il credito (pagamento anticipato della merce o lettere di credito).
La durata del contratto viene stabilita dalle parti e può essere a tempo determinato o indeterminato. Qualora uno dei contraenti intenda risolvere il contratto, stante la predetta assenza di disciplina, non si hanno particolari prescrizioni per quanto riguarda il periodo di preavviso. L’ovvia conseguenza è che il giudizio circa la congruità del periodo di preavviso eventualmente concesso viene lasciato alla valutazione del giudicante che sarà chiamato a decidere le controversie.
Meglio prevedere contratto scritto con clausola che contenga un congruo periodo di preavviso. In assenza di contratto scritto, la parte che intende recedere dal contratto dovrà concedere un termine di preavviso che sia adeguato in considerazione di tutti gli elementi che hanno caratterizzato il rapporto, stante il rischio di una condanna al pagamento di un’indennità di mancato preavviso a favore della parte che subisce la risoluzione.
Per quanto concerne, invece, la corresponsione di un’indennità di fine rapporto, il giudizio di opportunità o meno della spettanza di quest’ultima al distributore è lasciata al giudice competente. Nei casi in cui le Corti cilene sono state chiamate a pronunciarsi in proposito in base alla legge del loro Stato, hanno elaborato precisi criteri cui fare riferimento caso per caso (ad esempio, previsioni contrattuali, periodo di preavviso concesso, attività svolta dal distributore).
Quanto alla legge applicabile al rapporto di distribuzione, quest’ultima sarà quella liberamente determinata dalle parti. Così anche per quanto riguarda il foro competente a risolvere le controversie che eventualmente dovessero sorgere tra le parti, queste ultime avranno facoltà di scelta in proposito.
Gli operatori italiani dovrebbero considerare che, in caso di ottenimento di una sentenza favorevole in Italia, potrebbero prospettarsi impedimenti con riguardo al suo riconoscimento e all’esecuzione in Cile per problemi, ad esempio, di ordine procedurale. Sarebbe dunque preferibile inserire nel contratto di distribuzione una clausola che devolva la risoluzione delle controversie ad arbitri. Ciò è altamente consigliabile, non solo per la tradizionale maggiore rapidità e praticità con cui si svolge il giudizio arbitrale, ma anche perchè il Cile ha ratificato la Convenzione di New York del 1958 sul riconoscimento e l’esecuzione dei lodi arbitrali stranieri, con conseguente possibilità di rendere esecutivo in Cile il lodo emesso.
Paolo Lombardi e Elisabetta Mura