Con D.L. n. 5/2009, convertito nella legge n. 33/2009, e successive modificazioni, il legislatore ha istituito il contratto di rete. Tale alleanza tra imprese ha fatto sorgere il quesito se questo istituto possa essere compatibile o meno con le pratiche anticoncorrenziali.
Il contratto di rete è uno strumento destinato agli imprenditori per “accrescere, individualmente e collettivamente, la propria capacità innovativa e la propria competitività sul mercato”.
L’Authority nazionale della concorrenza (tra le altre, in tema di ATI, 22 novembre 2007) ha svolto alcune osservazioni che si dirigono ad esaminare il rapporto tra il contratto di rete e l’art. 101 TFUE (Trattato sul funzionamento dell’Unione europea), che vieta gli accordi tra imprese che possano pregiudicare il commercio tra gli Stati membri, impedendo, restringendo o falsando il gioco della concorrenza all’interno del mercato interno.
L’Autorità osserva che, premesse le condizioni di operatività del contratto di rete, le finalità dell’istituto potrebbero essere deviate verso intese anticoncorrenziali se le attività di collaborazione, scambio di informazioni e coordinamento tecnologico, industriale, commerciale e prestazionale non fossero dirette al perseguimento dello scopo comune in funzione pro-competitiva, ma a realizzare intese anticoncorrenziali.
In un momento di particolare crisi economica come questo, prosegue la comunicazione dell’Autorità, occorre mantenere inalterata la dinamica concorrenziale, anche per garantire il rispetto verso i consumatori e per non alterare le spontanee logiche di mercato.
Secondo l’Autorità, “possono essere considerati compatibili con la disciplina sulla concorrenza quegli accordi che determinano un miglioramento dell’efficienza economica e favoriscono la concorrenza nella misura in cui sono suscettibili di:
- ridurre la duplicazione delle attività di ricerca e sviluppo
- stimolare l’innovazione in settori e ambiti laddove non sarebbe altrimenti possibile
- agevolare la diffusione delle tecnologie
- promuovere la concorrenza sui mercati”.
La Comunicazione dell’Autority conclude sottolineando che la ridotta dimensione delle PMI aderenti alle reti non costituisce, di per sé, una presunzione di conformità alla legge antitrust poiché in caso di gravi restrizioni si avrebbe comunque un effetto distorsivo delle dinamiche concorrenziali, per cui l’unico criterio di compatibilità del contratto di rete con la normativa antitrust risiede nel carattere pro-competitivo e pro-concorrenziale delle intese sottostanti.
Con questa decisione la Commissione Europea è stata coerente con la propria impostazione consolidata con la quale ha sempre ritenuto che il ricorso a forme di collaborazione temporanee (per esempio Joint Venture Cooperative ex Regolamento UE 139/2004 e Regolamento 330/2010) sia esente da rilievi limitativi della concorrenza come nel caso di imprese operanti in settori diversi, ma contigui, che individualmente non potrebbero partecipare alla gara, perché sprovviste delle necessarie capacità tecniche, o di imprese dirette concorrenti sullo stesso mercato che non dispongono singolarmente dei mezzi finanziari o produttivi per soddisfare la domanda oggetto della gara.
Nell’interpretazione delle Corti europee l’obiettivo dell’art. 101. 1 TFUE è quello di garantire che le imprese non utilizzino gli accordi di cooperazione per limitare la concorrenza sul mercato a danno del consumatore.
L’art. 101.3 del TFUE riconosce che un’intesa restrittiva possa generare miglioramenti nelle condizioni di offerta del mercato tali da meritare un’esenzione.
In particolare, il divieto espresso dall’art. 101.1 TFUE non è applicabile alle intese che:
- contribuiscano a migliorare la produzione o la distribuzione dei prodotti o a promuovere il progresso tecnico o economico
- riservano ai consumatori una congrua parte dell’utile che deriva dall’accordo
- evitano di imporre alle imprese interessate restrizioni che non siano indispensabili per il raggiungimento di tali obiettivi
- non consentano alle imprese di eliminare la concorrenza per una parte sostanziale dei prodotti o dei servizi interessati.
Proprio in linea con queste esenzioni le imprese partecipanti al contratto di rete, come, d’altra parte, indica anche l’art. 3 della legge n. 33/2009 e successive modificazioni possono favorire la collaborazione tra imprese e la strategia condivisa di attuare investimenti specifici promuovendo l’innovazione organizzativa e quella industriale. in tal modo escludendo un rischio di ricadere nel divieto dell’art. 101.1 TFUE sui comportamenti anticoncorrenziali.
L’art. 2 del regolamento CE n.1/2003 riguardante l’applicazione delle regole di concorrenza pone l’onere di provare il comportamento anticoncorrenziale ex art. 101.1 TFUE a carico dell’attore in giudizio o della Commissione (quindi la parte o l’Autorità che asserisce l’infrazione) e sancisce che spetta alla parte che invoca l’applicazione dell’art. 101.3 del TFUE a fornire la prova che le condizioni per l’esenzione siano cumulativamente soddisfatte.
Agevolazioni fiscali
La normativa sul contratto di rete oltre a disciplinare il nuovo istituto da un punto di vista civilistico ha riconosciuto alla disciplina dell’istituto alcune agevolazioni fiscali che avrebbero potuto determinare un intervento delle autorità Antitrust europee.
Per affrontare questa ulteriore problematica è necessario prendere in considerazione l’art. 107 TFUE che vieta gli aiuti di Stato alle imprese e in particolare recita: “sono incompatibili con il mercato comune, nella misura in cui incidono sugli scambi tra stati membri, gli aiuti concessi dagli Stati, ovvero mediante risorse statali, sotto qualsiasi forma che, favorendo talune imprese o talune produzioni, falsino o minaccino di falsare la concorrenza”.
Le agevolazioni di carattere fiscale non implicano che l’adesione al contratto di rete comporti l’estinzione o la modificazione della soggettività tributaria delle imprese componenti, né che la rete risultante dal contratto sia dotata di soggettività tributaria propria, come chiarito dall’Agenzia delle Entrate con la circolare n. 4/E del 15/02/2011. Piuttosto, si tratta di agevolazioni riferite agli utili d’esercizio accantonati per la realizzazione dello scopo comune, per un periodo d’imposta in scadenza al 31/12/2012.
Le agevolazioni fiscali introdotte dal legislatore non sono risultate incompatibili con la normativa antitrust poiché la Commissione Europea, chiamata ad autorizzare le suddette agevolazioni, così come specificato dalla succitata circolare dell’Agenzia delle Entrate, ha espresso parere favorevole ad esse, ritenendole non contrastanti con l’art. 107 TFUE che vieta gli aiuti statali alle imprese.
La Commissione Europea, con decisione n. COM (2011) 8939 def. del 26 gennaio, ha riconosciuto che la temporanea sospensione di imposta per le imprese aderenti al contratto di rete, gestita dall’Agenzia delle Entrate, realizzi un’agevolazione di carattere generale, destinata a tutte le imprese su una base di parità di accesso, senza ulteriori limitazioni imposte dallo Stato e senza limiti di localizzazione territoriale, di dimensioni aziendali e di tipologia di produzione, sicché tale regime non è assimilabile ad un aiuto di stato così come descritto e vietato dall’art. 107 TFUE, essendo una procedura di carattere generale e non selettivo.
Nell’ottica del diritto antitrust le reti che rappresentano effettivamente una scelta di innovazione organizzativa nell’accesso al mercato attuata attraverso lo strumento del contratto e caratterizzata da vincoli di cooperazione tra concorrenti o tra imprese in relazione verticale non rientra tra le pratiche anticoncorrenziali.
Concludendo, per sanzionare, in quanto contrario alle norme comunitarie sulla libere concorrenza un contratto di rete non solo è necessario provare che l’”alleanza/rete” è stata realizzata con questo scopo, ma che non sussistano ipotesi di esclusione ex art. 101.3 TFU.
Avv. Marco Tupponi