19 aprile 2019

Contratti di agenzia internazionale nella UE: Il giudice competente

di lettura

Quando il rapporto di agenzia internazionale sfocia in contenzioso (ma non solo in tal caso) diventa indispensabile individuare il giudice nazionale competente a dirimere la controversia ai sensi del Regolamento Bruxelles I-bis coordinato anche con le norme processuali nazionali. Tra queste ultime, anche quelle italiane che prevedono, per l’agente-persona fisica, la competenza inderogabile del giudice del lavoro.

Contratti di agenzia internazionale nella UE: Il giudice competente nelle controversie

Accade spesso che il rapporto tra preponente ed agente, esauritosi, sfoci in contenzioso. Se il rapporto presenta elementi d’internazionalità diventa indispensabile individuare con certezza il giudice competente a dirimere la controversia. Ma è comunque bene conoscere già al momento della stipula del contratto qual è il giudice competente, non fosse altro perché, conoscendolo, si conoscono le sue norme nazionali sui conflitti di leggi alla stregua delle quali si individua la legge applicabile al contratto internazionale. Si tratta di problemi ai quali può ovviarsi nella maggior parte dei casi, già convenendo contrattualmente la competenza giurisdizionale, meglio se esclusiva, e, se possibile, anche il diritto applicabile. E va da sé che, nella prassi, chi ha maggior potere contrattuale tende ad imporre il foro e la propria legge nazionale. 

Qui si esaminano i rapporti con agenti operanti all’estero, all’interno dell’Unione Europea, presupponendo che l’azienda preponente sia domiciliata in Italia.  

Normativa cardine in tema di giurisdizione internazionale all’interno dell’UE è il Regolamento UE cosiddetto “Bruxelles I-bis”, ossia n. 1215/2012 del 12 dicembre 2012 concernente la competenza giurisdizionale, il riconoscimento e l’esecuzione delle decisioni in materia civile e commerciale che si applica alle azioni giudiziarie proposte a partire dal 10 gennaio 2015 in luogo del Reg. c.d. “Bruxelles I” [(CE) n. 44/2001] e, a risalire, della Convenzione di Bruxelles del 1968. 

Coordinamento tra Regolamento Bruxelles I-bis e norme processuali italiane in tema d’agenzia

Il Codice di procedura civile italiano (c.p.c.) stabilisce che sono soggette al “rito del lavoro” (artt. 409 c.p.c. e ss) le controversie relative ai rapporti di agenzia ove l’attività dell’agente si concreti “in una prestazione di opera continuativa e coordinata, prevalentemente personale, anche se non a carattere subordinato” (art. 409 c.p.c.). Si tratta dell’agente-persona fisica oppure, si ritiene, dell’agente-società di persone costituita da due o più soggetti che svolgono tutti l’attività di agente. 

Qui rileva il comma 4 dell’art. 413 c.p.c., secondo cui tali controversie sono di competenza del tribunale “in funzione” di “giudice del lavoro” nella cui circoscrizione si trova il domicilio dell’agente, e il comma 8, secondo cui sono nulle le clausole intese a derogare a tale competenza.  

Occorre considerare che il Regolamento Bruxelles I-bis, in quanto diritto dell’Unione europea, prevale sul diritto nazionale tanto che, in caso di contrasto, i giudici sono tenuti a disapplicare la norma nazionale, applicando in sua vece la norma comunitaria. Qui, però, siamo di fronte ad una norma italiana inderogabile a tutela dell’agente-persona fisica in quanto lavoratore. È perciò il caso di approfondire cosa accade qualora il contratto individui il giudice competente e cosa, invece, ove non l’individui.

Clausola di attribuzione della competenza ad uno specifico giudice

In materia contrattuale il Regolamento Bruxelles I-bis attribuisce alla volontà delle parti piena autonomia nell’attribuzione della competenza alle autorità giudiziarie di uno Stato membro, o come avviene più di frequente nella prassi, ad uno specifico giudice nazionale. La clausola, detta “di proroga” di competenza deve rispettare soltanto alcuni requisiti di forma (scritta e non solo), dettati dall’art. 25.

Dunque, in omaggio alla prevalenza del diritto dell’Unione europea sui diritti nazionali, le parti sono libere, nel contratto, di attribuire la competenza al giudice che preferiscono, straniero o italiano che sia, anche diverso da quello del domicilio dell’agente individuato dall’ordinamento italiano come giudice con competenza funzionale inderogabile nelle controversie tra preponente e agente-persona fisica. Tuttavia, in quest’ultimo caso, ove l’attribuzione di competenza sia a favore di un foro italiano, le parti non possono agire davanti al giudice ordinario, ma sono necessariamente tenute ad adire il giudice del lavoro.     

Individuazione del giudice competente in assenza di una clausola di attribuzione di competenza 

In assenza di una scelta del foro nel contratto, l’individuazione del giudice competente si fa più complessa. 

Da una parte, l’art. 4 del Regolamento Bruxelles I-bis individua un criterio generale di competenza secondo cui le persone domiciliate nel territorio di uno Stato membro possono SEMPRE essere convenute davanti alle autorità giudiziarie di tale Stato membro (il c.d. “foro generale del convenuto”), restando irrilevante la loro cittadinanza (e, a corollario, si precisa che, per le società e persone giuridiche si fa riferimento, alternativamente, al luogo della sede statutaria, dell’amministrazione centrale o del centro d’attività principale). Il che fa dipendere la determinazione del giudice da quale delle parti, preponente o agente, instauri il giudizio, anche se, più spesso, è l’agente ad agire.  

D’altra parte, però, in alternativa alla regola del “foro del convenuto”, il Regolamento individua anche una serie di competenze speciali tra le quali, in materia contrattuale [art. 7, par. 1, lett. a)] anche il foro “del luogo di esecuzione dell’obbligazione dedotta in giudizio”. In pratica, chi instaura il giudizio (presupponendo che sul tema non sia stato ancora instaurato ALCUN giudizio) può scegliere se citare davanti al giudice del domicilio del convenuto (ex art. 4) oppure davanti al giudice del luogo dell’esecuzione dell’obbligazione dedotta in giudizio, con ciò intendendosi, [ex art. 7, par. 1, lett. b) secondo trattino] “nel caso di prestazione di servizi, il luogo, situato in uno Stato membro, in cui i servizi sono stati o avrebbero dovuto essere prestati in base al contratto”; e, per quanto riguarda i rapporti di agenzia, il giudice è quello del Paese in cui l’attività dell’agente è stata o avrebbe dovuto essere svolta.

Esaminiamo, in questo caso, cosa accade a seconda del luogo in cui l’agente è domiciliato.

 Agente domiciliato all’estero in uno Stato membro della UE

Se l’agente è domiciliato in uno Stato membro diverso dall’Italia, l’agente può SEMPRE convenire il preponente domiciliato in Italia davanti ai giudici italiani ex art. 4 del Regolamento. La stessa cosa può fare pure il preponente, agendo davanti al foro estero UE del Paese dell’agente.

In entrambi i casi, l’individuazione dello specifico giudice competente all’interno della struttura giudiziaria del Paese della parte convenuta si effettua integrando il Regolamento Bruxelles I-bis con le norme processuali dello Stato membro ove opera il foro della parte convenuta. 

Non si pongono questioni particolari nel caso dell’agente straniero (UE) con struttura imprenditoriale complessa che citi il preponente in Italia, risultando in tal caso competente il giudice ordinario. La competenza per territorio è individuata dalle disposizioni generali del c.p.c. (artt. 18 e ss): è competente il giudice del luogo in cui l’agente ha sede (c.d. foro generale) o, in alternativa (art. 20 c.p.c.), il giudice del luogo in cui “l’obbligazione dedotta in giudizio è sorta o deve eseguirsi”; e qui giova ricordare che l’esatta individuazione dei fori facoltativi non può essere effettuata a priori, dipendendo dall’oggetto della controversia.

Più complesso è invece il caso dell’agente-persona fisica domiciliato in un Paese UE diverso dall’Italia: non può citare il preponente presso il giudice del lavoro del domicilio proprio (dell’agente) perché in Italia un domicilio non ce l’ha; mentre potrà citare SEMPRE il preponente domiciliato in Italia davanti ai giudici italiani ex art. 4 del Regolamento. È dunque verosimile che l’agente-persona fisica interessato a citare il preponente in Italia, possa ed, anzi, debba farlo davanti al giudice del lavoro del domicilio italiano del preponente.

Inoltre, s’è già visto che l’agente domiciliato in uno Stato membro diverso dall’Italia può convenire il preponente, alternativamente(a scelta dell’agente-attore) anche davanti al foro del Paese in cui l’attività dell’agente è stata o avrebbe dovuto essere svolta, non necessariamente coincidente con il luogo in cui l’agente ha il proprio domicilio. La stessa cosa, naturalmente, potrà fare il preponente-attore (caso, più che altro, di scuola), convenendo l’agente davanti al foro del Paese in cui l’attività dell’agente è stata o avrebbe dovuto essere svolta. 

 Agente domiciliato in Italia

In base all’art. 4 del Regolamento Bruxelles I-bis, l’agente domiciliato in Italia può convenire in giudizio il preponente davanti ai giudici italiani se il preponente è domiciliato in Italia; ed anche il preponente può adire le autorità giudiziarie italiane quando l’agente è domiciliato in Italia.

In entrambi i casi, se il rapporto di agenzia si concreta in un’attività prevalentemente personale dell’agente, è inderogabilmente competente il giudice del lavoro del domicilio dell’agente (artt. 409 e 413 c.p.c). Per l’agente con struttura imprenditoriale complessa sono invece competenti i giudici ordinari, individuati sulla base dei criteri generali del c.p.c. in materia di competenza per valore e territorio. 

In alternativa, sia l’agente che il preponente domiciliato in Italia, ai sensi dell’articolo 7 del Regolamento Bruxelles I-bis, possono convenire la controparte davanti al giudice straniero (UE) del luogo in cui l’attività dell’agente è stata o avrebbe dovuto essere svolta. Ed in tal caso, afferma la Corte di Giustizia UE (cfr. sentenza 3 maggio 2007 in causa C-386/05 Color Drack), l’art. 7 del Regolamento designa direttamente il foro competente senza rinviare alle disposizioni degli ordinamenti processuali nazionali per l’effettuazione della stessa individuazione. Così, l’integrazione delle norme UE con le norme nazionali si riduce ancora, restando confinata ai residui criteri nazionali di materia e valore; in attesa di un unico diritto processuale UE.

Avv. Alessandro Paci 
Avv. Renzo Maria Morresi

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