Con la sentenza dell’8 marzo 2018 (causa C-64/17) la Corte di Giustizia dell’Unione Europea (CGUE) ha chiarito un aspetto riguardante l’utilizzo delle clausole attributive di competenza nei rapporti contrattuali tra parti aventi sede in Stati membri diversi dell’UE. La sentenza è fondamentale per l’operatore economico in quanto le condizioni generali sono uno strumento assai diffuso nell’ambito del commercio internazionale. Inoltre, la Corte riafferma e chiarisce ulteriormente i criteri per qualificare un rapporto contrattuale come “prestazione di servizi” ai sensi dell’art. 7, punto 1, lett. b) secondo trattino, del Regolamento (UE) n. 1215/2012.
Quadro normativo
Il legislatore europeo ha previsto, ai sensi dell’articolo 25 del Regolamento (UE) 1215/2012, la possibilità in un contratto fra parti ubicate in Stati differenti dell’UE di stabilire in via preventiva il giudice competente a decidere eventuali controversie tra esse.
Tale previsione stabilisce una forma di competenza esclusiva valida in presenza di due requisiti:
- da un lato, l’accordo attributivo di competenza deve riguardare un rapporto giuridico determinato;
- dall’altro, l’accordo deve esser concluso o provato per iscritto, oppure in una forma conforme alla prassi seguita dalle parti nei loro reciproci rapporti, oppure, nell’ambito del commercio internazionale, in una forma conforme ad usi che le parti conoscevano o avrebbero dovuto conoscere.
In ogni caso sussiste l’esigenza di verificare che il consenso delle parti sia effettivo, evitando che la clausola di deroga sia posta unilateralmente. Proprio su tale questione si è espressa la CGUE nella sentenza di cui si discute, andando a chiarire ulteriormente il ruolo delle condizioni generali con una pronuncia dalle implicazioni pratiche di sicuro interesse.
Sentenza della Corte di Giustizia dell’Unione Europea (8 marzo 2018 – causa C-64/17)
Il caso riguardava un rapporto di concessione di vendita di fatto (e dunque in assenza di contratto scritto) tra una società belga fornitrice ed una portoghese rivenditrice, avente per oggetto la promozione e la distribuzione in Spagna di attrezzi e utensili per la cucina.
In seguito alla risoluzione improvvisa della collaborazione commerciale da parte della fornitrice belga, la rivenditrice conveniva in giudizio quest’ultima in Portogallo. Tuttavia, la società belga eccepiva il difetto di giurisdizione dei giudici portoghesi, adducendo l’esistenza di una clausola attributiva di giurisdizione a favore del Tribunale di Kortrijk in Belgio presente nelle condizioni generali di vendita, menzionate nelle proprie fatture.
Il giudice portoghese poneva, quindi, alcuni quesiti interpretativi inerenti alla validità di tale clausola attributiva di giurisdizione, nonché sulla corretta qualificazione del contratto di concessione di vendita in esame quale “compravendita di beni” o “prestazione di servizi”, ai sensi dell’art. 7, punto 1, lett. b), primo e secondo trattino, del Regolamento (UE) 1215/2012.
In sintesi, la controversia riguardava la determinazione del foro competente ed in particolare se risultava competente il giudice belga in forza della suddetta clausola derogatoria di competenza, o quello spagnolo alla luce dell’esecuzione del contratto nel territorio spagnolo, o quello portoghese siccome la società distributrice aveva sede in Portogallo.
Di conseguenza, la Corte era chiamata in primo luogo a stabilire la validità della clausola derogatoria di competenza posta nelle condizioni generali di vendita menzionate nelle fatture della società fornitrice e, in caso di risposta negativa, a determinare il foro competente attraverso l’attenta qualificazione del rapporto contrattuale di cui si discute.
La soluzione della Corte di Giustizia dell’Unione Europea
La Corte di Giustizia si esprime con chiarezza sulla non conformità della clausola attributiva di giurisdizione in esame ai criteri formali sopra menzionati di cui all’art. 25 Regolamento (UE) 1215/2012, siccome tale clausola non risulta essere stata oggetto di pattuizione fra le parti, stante il suo inserimento nelle fatture emesse unilateralmente dal fornitore.
Alla luce dell’invalidità della clausola derogatoria di competenza, la Corte ritiene necessario procedere alla corretta qualificazione del rapporto contrattuale fra le parti per poter determinare il foro competente ai sensi dell’art. 7 del Regolamento (UE) 1215/2012.
A tal fine è fondamentale l’individuazione dell’obbligazione caratteristica di detto contratto: secondo la Corte, perché si possa parlare di compravendita di beni l’obbligazione caratteristica deve essere la consegna dei beni; al contrario il contratto si configura come prestazione di servizi se l’obbligazione caratteristica corrisponde allo svolgimento di un’attività in cambio di un corrispettivo. Così, dopo aver confermato che per attività si intendono soltanto atti positivi non meramente omissivi e che il corrispettivo può configurarsi come remunerazione in forma di vantaggio concorrenziale e di accesso agli strumenti pubblicitari, al know-how e ad altri vantaggi, la Corte conclude che il rapporto contrattuale in esame debba esser qualificato come prestazione di servizi.
Pertanto, secondo la Corte, il foro competente è quello del luogo della prestazione principale dei servizi, come indicato nel contratto o, in assenza, il luogo dell’esecuzione effettiva del contratto stesso o, in caso di impossibilità di tale determinazione, il luogo del domicilio del prestatore dei servizi.
Conclusioni
La sentenza analizzata ha certamente un risvolto pratico rilevante per gli operatori economici nel commercio internazionale, siccome sancisce l’invalidità delle clausole di deroga del foro inserite nelle condizioni generali contenute nelle fatture. In particolare, dalla sentenza deriva che questa prassi si rivela del tutto vana, poiché tali clausole non risultano essere state oggetto di pattuizione fra le parti, stante il loro inserimento nelle fatture, che sono documenti emessi unilateralmente e dunque non hanno natura contrattuale.
Pertanto, l’insegnamento che si ricava dai principi statuiti dalla Corte di Giustizia è dato dalla necessità di stipulare un contratto per iscritto, al fine di poter rendere valida ed efficace una clausola attributiva di giurisdizione. Infatti, in assenza di pattuizione, in caso di controversia le parti potrebbero trovarsi a dover chiedere una decisione ad un giudice del tutto inaspettato e lontano dalla materia del contendere.
Del resto, l’applicazione pratica dei principi della sentenza in esame alla vicenda di cui trattasi conferma la sussistenza di tali rischi: in un rapporto di concessione di vendita privo di contratto scritto tra una società belga fornitrice ed una portoghese rivenditrice, avente per oggetto la distribuzione di prodotti in Spagna, può risultare inaspettatamente competente un giudice spagnolo in caso di controversia, per il fatto che il contratto ha avuto esecuzione effettiva in tale Stato.
Avv. Paolo Lombardi - Dott. Andrea Longo