Pertanto, a partire da tale data, i contratti di vendita tra una parte italiana ed un parte brasiliana, avendo entrambi i Paesi ratificato la suddetta Convenzione, saranno direttamente regolati dalla medesima.
Si tratta di un grosso passo in avanti per le relazioni commerciali con il Brasile, che negli ultimi anni ha adottato numerose riforme (da ultimo la riforma del codice civile del 2003) e che, tenuto conto anche del considerevole aumento delle sue esportazioni verso l’Europa, è destinato a diventare un interessante partner commerciale anche per l’Italia.
Gli imprenditori italiani con relazioni commerciali di importazione e/o esportazione con il Brasile potranno ora contare su una disciplina uniforme della vendita internazionale, superando così le barriere giuridiche tra i due Stati e riducendo i costi di transazione e i rischi connessi all’applicazione di normative diverse.
La Convenzione di Vienna, che si applica esclusivamente alle vendite internazionali, cioè ai contratti di vendita di beni mobili quando le parti hanno sede in paesi diversi, contiene una disciplina uniforme di molti aspetti della vendita internazionale, quali le norme sulla formazione del contratto, sui diritti ed obblighi del venditore e del compratore, le conseguenze in caso di inadempimento di tali obbligazioni, il passaggio del rischio, il risarcimento del danno, ecc..
Principali differenze tra legge brasiliana e Convenzione di Vienna
La legge domestica brasiliana sulla vendita, contenuta nel Codice Civile Brasiliano, contiene alcune differenze rispetto alla disciplina della vendita internazionale contenuta nella Convenzione di Vienna.
L’entrata in vigore della Convenzione di Vienna in Brasile costituisce una rassicurazione per l’investitore italiano, che prima poteva vedersi applicare al proprio contratto di compravendita con una controparte brasiliana, una legge sostanzialmente diversa da quella a lui più familiare come quella contenuta nella Convenzione di Vienna.
Prima dell’adesione del Brasile, l’applicazione della Convenzione di Vienna non era affatto scontata:
- o le parti prevedevano espressamente che a regolare il contratto di compravendita fosse la legge italiana (avendo l’Italia ratificato la Convenzione di Vienna quest’ultima sarebbe stata direttamente applicabile al contratto di vendita)
- o, in assenza di scelta tra le parti, si doveva determinare quale fosse la legge applicabile al contratto in base alle norme di diritto internazionale privato (nei casi in cui tali norme portavano all’applicazione della legge di un paese contraente la Convenzione, ad esempio l’Italia, si sarebbe applicata la Convenzione di Vienna; nei casi in cui tali norme portavano alla applicazione di un paese non aderente alla Convenzione – ad esempio, sino al 31 marzo 2014, il Brasile - la Convenzione di Vienna non si sarebbe applicata, ma si sarebbe viceversa applicato il Codice Civile Brasiliano. Tale rischio ricorreva in particolare quando il venditore aveva la sua sede in Brasile.
Nel Codice Civile Brasiliano, per fare un esempio sulle principali differenze con la Convenzione di Vienna, è completamente assente il concetto di inadempimento essenziale, principio fondamentale presente invece nella Convenzione di Vienna. Il concetto di inadempimento essenziale si basa sul pregiudizio delle legittime aspettative contrattuali della parte danneggiata, prevedendo che “una violazione del contratto commessa da una delle parti costituisca inadempimento essenziale, quando cagiona all’altra parte un pregiudizio tale da privarlo sostanzialmente da ciò che essa aveva diritto di attendersi ai sensi del contratto, salvo che la parte inadempiente non abbia previsto tale risultato né una persona ragionevole nelle stesse circostanze avrebbe potuto prevederlo”.
A tale nozione la Convenzione di Vienna ricollega conseguenze giuridiche di particolare rilievo, ad es. il venditore e/o il compratore potranno dichiarare risolto il contratto in caso di inadempimento dell’altra parte solamente se tale inadempimento è essenziale (cfr. artt. 49 e 64 Convenzione Vienna). Tale previsione è in linea con il principio generale che sta alla base della Convenzione, secondo cui il rimedio giuridico della risoluzione del contratto dovrebbe essere possibile soltanto come estrema ratio.
Nel Codice Civile Brasiliano non vi è nulla di simile. Anzi, la regola generale è che l’inadempimento di un’obbligazione, dà diritto all’altra parte, a sua scelta, a richiedere l’adempimento o la risoluzione del contratto, salvo in entrambi i casi il diritto al risarcimento dei danni.
Convenzione di Vienna: vizi di conformità della merce e denuncia dei vizi
Tra gli aspetti della vendita internazionale disciplinati dalla Convenzione di Vienna un ruolo di rilievo è dato alla disciplina dei vizi di conformità della merce. Tale disciplina, contenuta all’art. 35 della Convenzione di Vienna, stabilisce che il venditore debba consegnare beni di quantità, qualità e tipo conformi a quelli richiesti dall’acquirente, che siano disposti o imballati conformemente alle previsioni contrattuali. Pertanto, i beni devono considerarsi difettosi:
- se risultano inidonei all’uso al quale servono abitualmente cose dello stesso tipo
- ovvero se risultano inidonei allo specifico uso al quale il compratore intende adibirli, sempreché quest’ultimo sia stato portato a conoscenza del venditore
- se non possiedono le qualità dei beni che l’acquirente ha presentato al compratore come campione o modello
- ed infine, se non sono disposti o imballati secondo il modo usuale per beni dello stesso tipo o, in difetto di un modo usuale, in un modo che sia comunque adeguato per conservarli e proteggerli.
Qualora i beni risultino difettosi, per non perdere la relativa garanzia l’acquirente deve denunciare al venditore i difetti specificandone per quanto possibile la natura, entro un tempo ragionevole dal momento in cui li ha scoperti o avrebbe dovuto scoprirli e comunque entro due anni dalla presa in consegna della merce (cfr. art. 39 Convenzione Vienna).
Il momento in cui i vizi devono essere scoperti va stabilito in base all’art. 38 della Convenzione di Vienna in base al quale “il compratore deve esaminare i beni o farli esaminare nel più breve tempo possibile avuto riguardo alle circostanze”.
Se il contratto implica il trasporto di beni, l’esame può essere differito fino al momento dell’arrivo dei beni alla loro destinazione. Pertanto giunta a destinazione la merce dovrebbe essere ispezionata nel più breve tempo possibile. A questo proposito la giurisprudenza nazionale ed internazionale, ritiene che possa essere considerato tempestivo e quindi ragionevole l’esame della merce effettuato entro 15 giorni dalla consegna.
La denuncia dei vizi ai sensi della Convenzione di Vienna, sebbene non possa limitarsi ad una generica affermazione che la merce sia viziata, ma debba specificare quantomeno di che vizio si tratta, non richiede, per la sua validità una particolare forma (ben potrebbe ad es. essere fatta via telefono), né un termine determinato entro il quale deve essere fatta.
Occorrerà di volta in volta, tenendo conto delle circostanze concrete del caso, valutare la ragionevolezza del termine entro il quale una denuncia dei vizi è stata effettuata.
E’ principio ormai consolidato che tale valutazione debba tenere presenti fra l’altro la natura dei beni oggetto della compravendita. Ad esempio, se i beni oggetto della compravendita sono deperibili, il tempo ragionevole entro il quale la denuncia deve essere effettuata è in generale più breve di quello entro il quale deve essere fatta la denuncia di conformità di beni non deperibili. Nel determinare se una denuncia è tempestiva, inoltre, si deve tener conto degli usi nonché delle pratiche instauratesi tra le parti.
La giurisprudenza prevalente, anche straniera, ha ritenuto, con riguardo a beni durevoli (ad es. ceramiche, specchi, calzature ecc..) che un periodo di un mese (o al massimo due, salvo peculiari circostanze) decorrente da quando il compratore ha potuto (o avrebbe potuto e dovuto) esaminare la merce, possa ritenersi congruo, ritenendo invece tardiva la denuncia fatta oltre 3 mesi dopo la consegna.
Possibili deroghe alla Convenzione di Vienna
Le parti hanno la facoltà, oltre che di escludere l’applicazione della Convenzione di Vienna al proprio contratto di vendita internazionale, di derogare ad alcune disposizioni contenute nella Convenzione (tali disposizioni sono infatti sempre derogabili dalle parti).
Il venditore italiano avrà di regola interesse a prevedere nel contratto una disciplina in parte diversa da quella sopra descritta in tema di difetti conformità della merce venduta ad es. prevedendo che la denuncia per vizi conformità debba essere fatta per iscritto nonché specificare il termine, a giorni e/o a mesi, entro quando vada fatta la denuncia. A tal fine sarà opportuno regolare specificatamente tale aspetto nel proprio contratto di compravendita.
Infine, sarà in ogni caso opportuno per il contraente italiano prevedere espressamente che il contratto di compravendita sia sottoposto alla legge italiana, affinché sia quest’ultima a disciplinare una serie di questioni non coperte dalla Convenzione che pure rilevano nell’ambito di un rapporto di compravendita internazionale (quali ad esempio la validità e l’efficacia di un’eventuale clausola penale, la validità della cessione del credito, il passaggio di proprietà, ecc..)
Avv. Mariaelena Giorcelli