12 maggio 2016

Suggerimenti pratici per la tutela del marchio in Cina

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Circa i 2/3 dei prodotti contraffatti, confiscati dalle autorità doganali americane e inglesi, provengono dalla Cina.  Si spiega, alla luce di questi dati, l’incertezza delle aziende straniere nell’affrontare un mercato difficile e complesso come quello cinese.

Suggerimenti pratici per la tutela del marchio in Cina

Nonostante le normative cinesi in materia di marchi presentino alcune similitudini con quelle vigenti in numerosi altri paesi, tuttavia, la criticità principale consiste nel riconoscimento del principio secondo il quale chiunque deposita per primo una domanda di registrazione è ritenuto il legittimo titolare del marchio e può, pertanto, godere, a pieno titolo, della tutela prevista dalla legge. 

Ciò ha consentito il proliferare del numero di richieste di deposito di alcuni dei marchi maggiormente rappresentativi a livello mondiale, da parte di numerose aziende locali interessate unicamente a trarre vantaggio dalla loro posizione e costringere così i legittimi titolari, interessati ad operare in territorio cinese, a “ri-acquistare” il proprio marchio o ad intraprendere costose ed estenuanti battaglie legali per ottenere il diritto di usare il marchio nel Paese. 

Nel 2012, ad esempio, la società statunitense Apple, Inc. è stata costretta a pagare $60 milioni ad una società locale, Proview Technology, che, per prima, aveva provveduto a registrare il marchio “iPad” in Cina. Analogamente, a tre mesi dall’entrata sul mercato del viagra, una società farmaceutica cinese ha pensato bene di depositare presso il China Trademark Office (CTO) la domanda di registrazione del marchio in lingua cinese. La società americana, Pfizer, titolare del marchio, ha tentato, per oltre 10 anni, di impedire alla società cinese la vendita del prodotto sul mercato interno senza, tuttavia, mai riuscire nell’impresa. 

Il fenomeno del trademark hijacking è ormai diventato una prassi estremamente diffusa in Cina: marchi famosi, quali Facebook, J.Crew, Kardashian, Justin Bieber, Chivas e Oprah Winfrey sono attualmente detenuti da società cinesi, che li utilizzano per il commercio di una varietà di prodotti diversi. 

Il fenomeno ha spinto così numerose aziende straniere a modificare le proprie strategie commerciali e a procedere alla registrazione dei propri marchi presso il CTO, indipendentemente, dalla loro effettiva commercializzazione in territorio cinese.
A giudizio di molti esperti, infatti, il sistema più efficace per combattere il fenomeno della contraffazione consisterebbe  proprio nel depositare e registrare in maniera preventiva i propri marchi ed i propri brevetti. 

In Cina, infatti, anche i brevetti, così come i marchi, devono venire registrati presso le competenti autorità locali al fine di ottenere la piena tutela prevista dalla legge. Estremamente importante in proposito è che tutta la documentazione relativa alla richiesta di deposito del brevetto sia adeguatamente tradotta in lingua cinese, affinché possa essere accettata dall’ufficio competente. Una traduzione poco accurata potrebbe, infatti, rendere la richiesta di brevetto difficile da tutelare e soggetta ad azioni di invalidità. 

Diversa, invece, la disciplina prevista dalle normative cinesi sul diritto d’autore, la cui tutela non è soggetta ad alcun deposito preventivo. Tuttavia, poiché le normative ne prevedono la facoltà, è divenuta prassi consolidata procedere alla registrazione anche delle opere protette da diritto d’autore. Sarebbe, pertanto, buona regola procedere alla registrazione anche di eventuali loghi, parole stilizzate e opere artistiche, compresi eventuali modelli (come e’ stato, ad esempio, per il disegno a riquadri scozzese di Burberry). Vale la pena sottolineare come l’eventuale registrazione delle opere protette da diritto d’autore possa rappresentare altresì una valida alternativa alla protezione del marchio e possa essere utilizzata anche a titolo di prova negli eventuali casi di violazione. 

Qualunque azienda, interessata al mercato cinese, dovrebbe seriamente valutare l’opportunità di registrare il proprio copyright presso le competenti autorità locali. 

Come gestire con successo il proprio brand, senza, tuttavia, cadere nelle numerose insidie proposte dal mercato cinese e compromettere così le proprie strategie commerciali, svalutando il valore del marchio e riducendo il vantaggio competitivo? 

Può risultare interessante analizzare le principali tendenze presenti in Cina in materia di marchi e prendere in esame i principali suggerimenti offerti dai maggiori esperti legali nel settore dopo aver ripercorso le strategie adottate dalle aziende leader a livello mondiale.

I dati

Tra il 2007 e il 2013, in Cina, sono stati registrati oltre 5 milioni di marchi. Dal 2007, il numero di marchi registrati è cresciuto del 213%. Nel 2013, il numero complessivo di marchi registrati in Cina è stato, decisamente, superiore a qualunque altro paese al mondo. Secondo i dati ufficiali resi noti nel 2013, il China Trademark Office ha pubblicato ben 860.935 marchi, seguito dagli Stati Uniti con 242.418, dal Brasile con 178.761, dalla Corea del Sud con 106.274 e dalla Turchia con 102.310.

Registrazione singola o multi-classe?

Come anticipato in precedenza, in Cina vige il principio del first to file, ai sensi del quale colui che per primo provvede al deposito della domanda di registrazione ottiene il diritto esclusivo ad usare il marchio opportunamente registrato presso l’ufficio locale. Nessun altro soggetto e’ pertanto autorizzato ad utilizzare il marchio, senza il preventivo consenso del suo titolare. 
L’unico modo per ottenere una protezione completa del proprio marchio comporta, tuttavia, la ripetizione della registrazione per ogni singola classe e sottoclasse prevista dal sistema cinese. 
Esemplificativi in proposito i casi che hanno riguardato rispettivamente le aziende titolari dei marchi Budweiser e Mercedes-Benz

  • la prima, e’ intenta ad impedire la vendita, in territorio cinese, delle scarpe Budweiser, dopo che un imprenditore locale aveva provveduto a registrare il suddetto marchio nella relativa classe merceologica
  • mentre la seconda, è costretta ad assistere alla commercializzazione dei prodotti più diversi (dall’abbigliamento agli elettrodomestici), tutti debitamente contrassegnati dal marchio Ben Chi, traduzione in lingua cinese del termine Mercedes-Benz

Il sistema vigente in Cina prevede, infatti, ben 45 classi merceologiche diverse, ciascuna delle quali si compone di ulteriori e numerose sottoclassi.

Le difficoltà del linguaggio

Oltre alle difficoltà derivanti dal sistema della proprietà intellettuale, occorre altresì tener ben presente la complessità rappresentata dell’alfabeto cinese. La lingua cinese, infatti, e’ composta da 48.000 caratteri, 8.000 dei quali vengono usati con regolarità. Esistono, inoltre, 3 diverse forme di caratteri ed almeno 4 diversi toni, a seconda del dialetto impiegato, tutti in grado di modificare il significato di una parola. Il sistema maggiormente utilizzato da cosiddetti hijackers prevede proprio la manipolazione della forma, del suono o del significato di un marchio nella lingua cinese. Questo spiega il perché in Cina i marchi che funzionano meglio sono quelli che trasmettono in maniera univoca ed inequivocabile il significato del brand, senza doverlo tradurre alla lettera o copiarlo foneticamente.

Suggerimenti per approccio positivo al mercato cinese

Dopo un’attenta analisi delle principali valutazioni pubblicate in tema di registrazione del marchio in Cina, abbiamo individuato alcuni punti chiave per un approccio positivo al mercato cinese:

Registrazione anticipata

Alla luce di quanto indicato in precedenza sul sistema del first-to-file e al nuovo impulso trasmesso dall’ufficio marchi cinese, finalizzato ad accelerare le tempistiche per la gestione delle numerose richieste di registrazione, sembra opportuno suggerire alle aziende straniere di valutare l’opportunità’ di procedere alla registrazione dei propri marchi con largo anticipo rispetto all’ingresso effettivo dei prodotti sul mercato.

3-D

I marchi che aspirano ad ottenere successo in Cina devono necessariamente tenere conto dei 3 elementi di cui si compone la lingua cinese: forma, suono e significato. La semplice traduzione letterale di un marchio occidentale può, pertanto, rivelarsi inadeguata al mercato cinese. Se si desidera creare un marchio di successo può risultare estremamente  utile soffermarsi, in particolare, sul significato del marchio, sul suo aspetto grafico e sul quello fonetico.

Adozione di rigorose misure anti-contraffazione

Il sistema più efficace per combattere il fenomeno della contraffazione consiste nell’adottare un approccio sistematico, che permetta alle aziende non solo e non tanto di punire i singoli trasgressori, ma soprattutto, di identificare e colpire coloro che progettano e sviluppano nuove pratiche di contraffazione.

Cooperare con le autorità doganali

Un ruolo determinante nella lotta alla contraffazione può essere svolto anche dagli uffici doganali. Vale la pena, allora, investire parte delle proprie risorse nell’ “educazione” degli agenti doganali, fornendo loro gli strumenti necessari per consentire loro di individuare, con maggiore facilità, eventuali prodotti contraffatti.

Registrazione della licenza d’uso del proprio marchio

Nel caso la strategia commerciale dell’azienda straniera preveda la concessione di una licenza d’uso del proprio marchio ad un soggetto terzo, le normative vigenti in Cina prescrivono che il relativo contratto da stipularsi obbligatoriamente in forma scritta debba essere depositato a cura del licenziante presso l’ufficio marchi, entro 3 mesi dalla sua conclusione. E’ prevista, inoltre, la possibilità per il licenziatario di effettuare il pagamento delle relative royalties, direttamente, in valuta estera.

Le novità in materia di proprietà intellettuale

Nel tentativo di combattere il fenomeno della contraffazione e della registrazione fraudolenta, favorendo altresì procedure piu’ rapide e sicure, il Governo cinese ha introdotto una serie di modifiche alla normativa vigente in materia di proprietà intellettuale, che sono entrate in vigore il 1° maggio 2014. Nonostante le buone intenzioni, alcuni tra gli esperti consultati sul tema si sono dimostrati particolarmente scettici in proposito, facendosi portavoce della preoccupazione che i tribunali e gli organi amministrativi locali possano essere realmente intenzionati a dare esecuzione alle nuove disposizioni legislative. Tra queste vale la pena sottolineare le seguenti: 

Riduzione delle tempistiche per la revisione delle domande di registrazione dei marchi

Prima dell’entrata in vigore delle nuove disposizioni erano soliti trascorrere fino a 24 mesi dalla data di deposito della domanda alla sua effettiva approvazione da parte di CTO. Ai sensi della nuova legge, il China Trademark Office è tenuto a rispettare il limite massimo di 9 mesi per la verifica di ciascuna domanda. Nel tentativo di dare immediata esecuzione alla legge, il CTO ha provveduto nei mesi che hanno preceduto la sua entrata in vigore ad assumere centinaia di nuovi esaminatori, che sono stati chiamati a disbrigare le pratiche di registrazione ad un ritmo decisamente elevato. Sfortunatamente la scarsa competenza degli esaminatori, assunti in fretta e furia per far fronte ai nuovi impegni, ha dato luogo ad una serie di decisioni, quanto meno sorprendenti, per la loro evidente infondatezza. La più “originale” è forse stata quella che ha visto respingere la domanda di registrazione di un marchio depositato in lingua spagnola, in quanto contenente l’articolo “Las” già presente in un altro marchio precedentemente registrato in Cina.  L’unico aspetto positivo sinora riscontrato consiste nell’impegno che l’ufficio marchi sta dimostrando nel tentativo di onorare il limite dei 9 mesi imposto dalla nuova normativa.

Possibilità di depositare una sola domanda in grado di estendere la protezione a più classi merceologiche

Fino all’entrata in vigore della nuova legge la normativa cinese prevedeva l’obbligo di depositare una domanda per ciascuna classe merceologica. Nel caso si avesse voluto estendere la protezione di uno stesso marchio a più prodotti o servizi era pertanto necessario procedere al deposito di tante domande quante erano le classi merceologiche, a cui si riferiva il marchio in oggetto. Con l’entrata in vigore della nuova legge, questo non è più necessario con ovvi vantaggi, anche da un punto di vista prettamente economico.

Pene più severe per chi viola i marchi

Nel tentativo di combattere il fenomeno della contraffazione e di aumentare la tutela a favore dei legittimi titolari, le nuove disposizioni prevedono un sensibile inasprimento delle pene. In particolare, le pene pecuniarie ricevono un proprio specifico rico-noscimento nell’ambito delle nuove leggi, che forniscono i seguenti criteri per il calcolo degli eventuali danni:

  • danni effettivamente subìti a seguito della violazione del marchio;
  • in alternativa (qualora il calcolo dei danni effettivamente subìti risulti di difficile previsione), verranno presi in considerazione i vantaggi economici ottenuti dal soggetto, che ha posto in essere le condotte violative;
  • qualora nessuno dei precedenti criteri possa essere utilizzato, si procederà al riconoscimento a favore del titolare del marchio di una somma analoga a quella a cui avrebbe avuto diritto in presenza di un regolare contratto di licenza.

Nel computo dei danni risarcibili verranno incluse anche le spese, sostenute dal titolare del marchio per ottenere giustizia. Le nuove leggi hanno, altresì, provveduto ad innalzare il tetto massimo dei danni che il giudice è autorizzato a liquidare, qualora l’entità del risarcimento non possa essere stabilita attraverso l’impiego dei criteri sopra enunciati: si  passa dai 60.000 euro, previsti dalla normativa precedente, agli attuali 360.000 euro. E’ stata, infine, riconosciuta la possibilità per il giudice di comminare sanzioni pecuniarie di natura penale, per i casi di guadagni derivanti dall’uso illegittimo del marchio o dalla sua registrazione fraudolenta.

Requisito della buona fede e della correttezza

Nell’ottica di debellare il fenomeno della contraffazione e della registrazione fraudolenta, è stato espressamente sancito il rispetto del principio della buona fede e della correttezza nella presentazione della domanda di registrazione di un marchio e nel suo successivo utilizzo. 
Tali principi sono stati estesi anche alle agenzie per la registrazione dei marchi, che pertanto saranno tenute a respingere quelle registrazioni che sanno o dovrebbero sapere essere fondate sulla mala fede. In caso di violazione, è prevista l’applicazione di sanzioni amministrative e ammende. E’ stata, inoltre, introdotta una nuova causa di rigetto della domanda di registrazione, per il caso in cui il marchio risulti identico o simile a quello di un soggetto con cui il depositante ha intrattenuto rapporti di affari, commerciali, contrattuali o di altra natura. L’obiettivo della norma consiste, evidentemente, nell’impedire la registrazione di un marchio utilizzato ma non ancora registrato in Cina da parte di un soggetto terzo venuto a conoscenza del marchio a causa dei suoi precedenti contatti diretti o indiretti con il titolare.

Ampliamento del concetto di violazione

Le nuove disposizioni in materia di marchi hanno provveduto ad estendere il concetto di violazione fino a farvi rientrare anche i comportamenti intenzionalmente posti in essere allo scopo di facilitare la realizzazione della violazione di un marchio.

I marchi notori

A differenza di quanto stabilito nella normativa precedente, la nuova disciplina richiede, espressamente, che sia il titolare del marchio a promuovere un’azione volta ad ottenere il riconoscimento dello status di marchio notorio, ogniqualvolta ritenga di aver subìto una violazione dei sui diritti sul marchio. 
Vengono, inoltre, indicati i casi in cui debbano essere respinte le richieste di registrazione di marchi simili a marchi notori e le circostanze in presenza delle quali l’uso di marchi simili dovrà essere vietato. E’ previsto, infine, il divieto di utilizzare l’indicazione “marchio notorio” sui prodotti, sulle confezioni o sul materiale pubblicitario in occasione di attività promozionali o eventi fieristici. In caso di violazione sono previste ammende, che possono raggiungere i $16.000.

Obbligo di registrazione del contratto di licenza

La normativa in vigore prima dell’approvazione della nuova legge prevedeva l’obbligo a carico dei titolari di un marchio di registrare i contratti di licenza d’uso del marchio presso il CTO, entro 3 mesi dalla data di sottoscrizione dell’accordo. In caso di mancato rispetto dei termini indicati, tuttavia, non erano previste specifiche misure sanzionatorie e, conseguentemente, molto spesso il deposito dei contratti di licenza non avveniva oppure avveniva in ritardo. Ai sensi delle nuove disposizioni, la mancata registrazione comporta l’inopponibilità’ della licenza ai terzi in buona fede. Inoltre, la nuova legge non richiede che venga depositato l’intero contratto di licenza, ma la sola comunicazione di alcuni dati, tra cui, in particolare, l’identità delle parti, lo scopo e la durata dell’accordo.

Combinazione di suoni

La riforma ha, infine, ammesso la possibilità di registrare anche materiali audio, una novità per il diritto cinese. E’ stato, infatti, deciso che anche una combinazione di suoni, capaci di differenziare le merci di un soggetto da quelle di un altro, potrà essere registrata quale marchio presso il CTO.

Conclusioni

Dopo alcuni mesi dall’entrata in vigore della nuova legge sui marchi, ci siamo chiesti se la situazione fosse effettivamente migliorata. Queste alcune delle considerazioni raccolte:

I requisiti previsti per la registrazione dei marchi sono davvero divenuti più severi? 

Dopo aver inizialmente richiesto il deposito obbligatorio delle procure in originale e delle domande di registrazione firmate dal titolare, l’ufficio marchi cinese è tornato sui suoi passi, accontentandosi delle semplici copie delle procure e delle domande firmate da soggetti debitamente autorizzati. 
Per i casi di opposizione l’ufficio continua invece a richiedere il deposito degli originali delle procure. Per entrambi i casi, è, inoltre, previsto l’obbligo di depositare una copia del documento di registrazione della società, che procede con la richiesta di deposito o di opposizione, come ad esempio, la copia dell’atto costitutivo. Ad oggi, il Trademark Review and Adjudication Board (TRAB) non ha modificato la prassi vigente prima dell’entrata in vigore della nuova legge e continua, pertanto, ad accettare copie dei documenti originali. Non è dato sapere al momento se tale prassi subirà dei cambiamenti in futuro.

E’ possibile procedere al deposito online della domanda di registrazione del marchio? 

La nuova legge prevede la possibilità di procedere al deposito online della domanda di registrazione; tuttavia questa procedura è ad oggi disponibile unicamente per le società residenti in Cina e non per quelle estere. L’utilità di questa soluzione risulta alquanto discutibile.

Il marchio è divenuto generico? 

La nuova legge sui marchi identifica una nuova causa di invalidità per i marchi registrati: qualora diventino generici, il titolare ha tempo due mesi per depositare la propria risposta.

Nel deposito multi-classe, la domanda può essere scissa in più parti? 

Esistono numerose incertezze sul punto. La normativa attuale permette la scissione, unicamente, nel caso in cui venga formulata un’obiezione, da parte dell’ufficio marchi, in merito ad alcuni dei beni indicati nella domanda. Questo determina un riduzione sensibile della flessibilità, che gli originali legislatori intendevano, invece, conferire alla nuova legge. In base a quest’ultima e alle disposizioni attuative, non sembra, pertanto, consentito operare la scissione della domanda multi-classe, in presenza, ad esempio, di opposizione, che coinvolge una sola classe. In questo caso, l’opposizione determinerà la sospensione dell’intera domanda, sino alla conclusione della procedura, anche se alcune della classi non risultano oggetto di opposizione.

Avv. Stefano Linares

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