28 apr 2020 11:24 28 aprile 2020

Riorientare l’export in periodi pandemici e postpandemici

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In questa fase di incertezza rilevante sugli andamenti economici dei nostri paesi target colpiti dal virus, si impongono alcune riflessioni sull’opportunità di riconfigurare o riorientare le esportazioni.  

Riorientare l’export in periodi pandemici e postpandemici

Anche se tali decisioni dipendono dalle specificità intrinseche di ciascun prodotto - servizio e dai mercati di destinazione, alcuni aspetti possono avere una valenza generalizzata.

In previsione di un considerevole calo della domanda estera, peraltro già ampiamente registrata da quella interna, nel caso dei prodotti stagionali come quelli agroalimentari, si impongono valutazioni di costi/benefici basate su schematici studi di fattibilità. Per valutare se sia conveniente diversificare la produzione (convertendo ad esempio il vino in distillati), ovvero se sia preferibile sostenere - in attesa di una ripresa della domanda nel prossimo futuro, e a condizione di avere spazi sufficienti a magazzino - gli oneri finanziari di un incremento delle scorte. Come nel caso delle mozzarelle congelate in quanto ora invendibili.

Nell’ipotesi di volere ampliare la penetrazione in mercati esteri in cui si è già presenti, ovvero di estendere l’export su mercati di nuovi paesi, per compensare la caduta di quello interno, si dovranno prendere decisioni che impongono di riesaminare numerosi set di dati, talora non facili da reperire o stimare. A cominciare dalla valutazione della efficacia relativa, e dei limiti eventuali (o potenzialità) delle soluzioni di export attivate nei periodi pre-pandemici: e-commerce, canali di intermediazione distributiva, logistica, assistenza post-vendita, ecc.

Tra i primi fattori da considerare:

  • la misura nella quale la domanda estera sia stata seppur temporaneamente bloccata dagli effetti anche indiretti del lockdown
  • se nel frattempo i prodotti/servizi possano essere stati importati da produttori competitor di altri paesi
  • quali iniziative di marketing vanno implementate per recuperare le percentuali di penetrazione perdute.

Andrà inoltre tenuto conto che uno degli effetti del lockdown è stato quello di rendere i consumatori più propensi ad operare tramite piattaforme di e-commerce. Anche se, ovviamente, non tutti i prodotti si prestano a essere venduti (non pubblicizzati) facendo ricorso anche ai supporti tecnologici più moderni ed efficaci sul piano della comunicazione, televendite in diretta comprese. In particolare nel caso di macchinari e impianti molto spesso oggetto di customizzazione.

Bisognerà inoltre verificare che il supporto istituzionale al contrasto della pandemia non abbia generato anche indirettamente cali di domanda, esaminando le novità legislative attinenti i mercati nazionali di vecchio e nuovo interesse (norme restrittive dell’import, come quelle ascrivibili a misure di interesse nazionale per ragioni sanitarie, ovvero di Golden Power).

L’esame delle misure al riguardo presentate dal WTO fornisce indicazioni relative anche a possibili ampliamenti della domanda di importazione, connesse alla riduzione di dazi recentemente attivate per specifici prodotti. Oltre a tali aspetti di natura normativa, l’export manager dovrebbe anche verificarne il timing applicativo e gli accordi di libero scambio (FTA) recentemente sottoscritti dalla UE.  

La mappa interattiva realizzata dal WTO offre importanti seppure basilari informazioni che andranno affinate per meglio analizzare gli effetti dei dazi, laddove si vogliano implementare politiche di riposizionamento di prezzo dei prodotti da esportare a consumatori/acquirenti, resi sicuramente più attenti al fattore costo dagli impatti psicologici della pandemia.

Non bisogna poi dimenticare di:

  • di ottimizzare l’utilizzo delle garanzie e dei fondi pubblici che recentemente il governo italiano ha reso disponibili per il supporto istituzionale all’export, a cominciare dai nuovi servizi gratuiti dell’Agenzia ICE
  • sfruttare le attività attuali di supporto dedicato all’export, rese operative da Regioni, Camere di Commercio, ecc.

Mentre la possibilità di concedere all’importatore dilazioni di pagamento più lunghe - valutandone l’opportunità sulla base del maggior costo dell’assicurazione del credito all’export (factoring internazionale, società assicurazione pubbliche o private, ecc) – potrebbe comportare maggiorazioni di costi e di affidamenti idonee a essere, appunto, compensate con il ricorso alla garanzia bancaria pubblica.

Da questo punto di vista, anche l’aumentata rischiosità del paese dell’importatore avrà un suo peso in termini di eventuale maggior costo locale dell’import-financing; a motivo degli ingenti incrementi di debito pubblico resisi diffusamente necessari per sopperire agli impatti recessivi della pandemia.

Per potere sopperire a cali della domanda estera diversamente non contrastabili, un’ultima opzione è quella di penetrare in forma indiretta tali mercati, avvalendosi di canali distributivi di soggetti terzi nazionali, cui affidare il prodotto nella misura in cui dimostrino di sapere attivare con successo contatti commerciali nei mercati target.

Massimo Ortolani

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