Il Pil mondiale nel 2024 è cresciuto, secondo le stime del Fondo Monetario Internazionale (FMI), del 3,3% (3,5% nel 2023). Nel 2024, la crescita economica è rimasta robusta negli Stati Uniti (+2,8%) e in Cina (+5%) e ha segnato un modesto recupero nell’UE27 (dallo 0,4 all’1%).
La debolezza del settore manifatturiero nelle principali economie avanzate è stata compensata dalla dinamica positiva dei servizi e dalla crescita della manifattura nelle economie emergenti.
Secondo il Rapporto annuale dell’Istat, gli andamenti più recenti mostrano segnali di rallentamento della crescita economica globale e un notevole aumento dell’incertezza, legati soprattutto all’annuncio o all’adozione di politiche commerciali protezioniste. L’economia italiana si caratterizza per una specializzazione manifatturiera e un elevato orientamento all’export che la rendono particolarmente sensibile all’evoluzione del quadro economico internazionale, presentando tuttavia un grado di vulnerabilità contenuto e una buona resilienza del tessuto produttivo, formato prevalentemente da piccole e medie imprese
Nel 2024, secondo le stime del FMI, il commercio mondiale di beni e servizi in volume è cresciuto del 3,8% (1% nel 2023), sostenuto dal contributo positivo della Cina e delle altre economie asiatiche. Un apporto importante alla crescita degli scambi internazionali di servizi è stato dato dalla ripresa dei flussi turistici internazionali, tornati quasi ai livelli precedenti la pandemia. Secondo le previsioni del World Economic Outlook di aprile del FMI, gli aumenti delle tariffe e delle barriere non tariffarie dovrebbero ridurre l’espansione dell’interscambio mondiale di beni e servizi nel 2025 all’1,6%.
La riduzione dell’inflazione ha consentito la discesa dei tassi di interesse: ad aprile 2025, la Banca Centrale Europea ha deciso il settimo taglio consecutivo, portando il tasso sui depositi al 2,25% dal 4% raggiunto a settembre 2023. Negli Stati Uniti, invece, il tasso overnight resta al 4,5%, riflettendo l’andamento più sostenuto di domanda e prezzi e il timore dell’impatto inflazionistico delle tariffe decise dall’amministrazione federale.
Pil in Europa e in Italia
I tassi di crescita dell’UE27 e dell’UEM risentono della stagnazione dell’economia tedesca e dell’andamento modesto della crescita in altri paesi, tra cui l’Italia. Nell’UE27 si è avuta una ripresa dei consumi in linea con il recupero dei redditi reali, ma anche una debolezza della produzione manifatturiera e delle esportazioni di beni, la cui dinamica è stata inferiore a quella della domanda mondiale.
La crescita del Pil italiano è stata inferiore rispetto a Francia e Spagna (rispettivamente 1,2% e 3,2%), mentre la Germania ha sperimentato il secondo anno consecutivo di contrazione (-0,2%, nel 2023 -0,3%). Nel 2024, il contributo degli investimenti fissi lordi alla crescita del Pil nazionale è stato poco più di un decimo di punto, inferiore a quello della Spagna (0,4 punti), anche se in Francia e Germania gli investimenti hanno contribuito in modo negativo (rispettivamente per 0,3 e 0,6 punti percentuali).
I principali indicatori congiunturali segnalano un indebolimento delle prospettive di crescita per il 2025 (dal 3,3 al 2,8%, secondo il FMI) in conseguenza delle politiche commerciali attuate dagli Stati Uniti e alle risposte degli altri Paesi, ma l’impatto potrebbe essere più ampio, nel caso di un aggravamento delle tensioni geopolitiche. Le previsioni attuali del FMI sono di un rallentamento di un punto percentuale della crescita del Pil negli Stati Uniti e in Cina, e leggermente inferiore nelle maggiori economie europee.
La Banca d’Italia (Proiezioni macroeconomiche per l’economia italiana, 4 aprile 2025) e il MEF (Documento di Finanza Pubblica - Relazione annuale sui progressi compiuti nel 2024, 9 aprile 2025) indicano una crescita del Pil pari allo 0,6% nel 2025, mentre il FMI prevede una crescita dello 0,4%. Il quadro che caratterizza l’attuale situazione internazionale rende tuttavia ogni previsione soggetta ad ampi margini di incertezza.
Occupazione, produttività e deficit pubblico
L’occupazione è cresciuta in Italia nel 2024 (+1,6%), ma la sua dinamica settoriale, a fronte di una più modesta crescita del valore aggiunto, ha contribuito a determinare una flessione dello 0,9% nella produttività del lavoro misurata per occupato e dell’1,4% per ora lavorata. Nel 2024, è diminuita anche la produttività totale dei fattori, che misura il contributo della conoscenza e dell’innovazione all’incremento di efficienza dei processi di produzione. Tra 2019 e fine 2024 l’occupazione è cresciuta del 3,8%, come in Germania, ma meno che in Francia e in Spagna.
In Italia l’incidenza delle “Risorse umane in scienza e tecnologia” (occupati con un titolo universitario e/o che lavorano come professionisti e tecnici in ambito scientifico e tecnologico) pari a quasi il 40% degli occupati nel 2023, è inferiore di circa 10 punti percentuali rispetto a Germania e Spagna e 17 punti rispetto alla Francia.
Nel 2024 il deficit pubblico in Italia si è ridotto dal 7,2 al 3,4% del Pil. Il saldo primario (al netto della spesa per interessi) è tornato in avanzo dopo quattro anni; l’incidenza del debito pubblico è tuttavia salita lievemente, al 135,3% del Pil, per la bassa crescita del Prodotto interno lordo a prezzi correnti e l’aumento della spesa per interessi. Tra le altre principali economie europee, si è avuta una riduzione marginale del deficit in Spagna e un lieve peggioramento in Francia e Germania.
Andamenti settoriali e produzione industriale
Nel 2024, la crescita è stata sostenuta dalle costruzioni, settore in cui il valore aggiunto in termini reali è aumentato dell’1,2% (+6,9% nel 2023). Gli ingenti incentivi fiscali negli scorsi anni e, più di recente, gli investimenti legati al PNRR hanno dato un forte impulso al settore.
Un contributo positivo alla crescita reale del valore aggiunto nazionale è arrivato anche dall’agricoltura, grazie a una crescita del 2% (-5,3% nel 2023).
Nell’industria in senso stretto il valore aggiunto in volume in Italia si è ridotto dello 0,1% nel 2024, dopo la contrazione dell’1,8% nel 2023. Nell’industria manifatturiera si è avuta una diminuzione dello 0,7%, che segue un calo dell’1,2% nel 2023.
All’interno della manifattura, il valore aggiunto è aumentato in misura sostenuta nelle industrie farmaceutica e chimica (+8,7 e +6,7% rispettivamente), mentre si è ridotto di oltre il 7% nella fabbricazione di mezzi di trasporto e nel settore tessile. Rispetto al 2019, nel 2024 il valore aggiunto in volume dell’industria in senso stretto in Italia risulta più basso dell’1,2%, mentre è più alto dello 0,5% nella manifattura.
Tra le altre principali economie dell’UE, solo la Spagna ha recuperato i livelli pre-pandemici (+0,6% nell’industria in senso stretto e +10,1% nella manifattura), mentre in Germania il valore aggiunto si è ridotto del 6,3% per l’industria in senso stretto e dell’1,6% per la manifattura.
Nel 2024, la produzione industriale in volume in Italia è diminuita del 4% rispetto al 2023 (quando già era calata del 2%); per l’UE27 si è avuta una riduzione del 2,4%. Nel primo trimestre 2025 la produzione nazionale è cresciuta dello 0,4%, per la prima volta dal secondo trimestre 2022.
Tra le maggiori economie europee, la contrazione della produzione industriale nel 2024 ha riguardato soprattutto Italia e Germania (-4,6%) e solo marginalmente la Francia (-0,1%), mentre la Spagna ha registrato un aumento dello 0,5%. Il raggruppamento di industrie più colpito è stato quello dei beni strumentali, componente ciclica legata agli investimenti, con una contrazione rispetto all’anno precedente pari al 5,7% in Italia e al 5,5% in Germania.
Scambi con l’estero
Nel 2024, il valore delle esportazioni di beni dell’Italia, invariato nel 2023, si è ridotto di 4 decimi di punto dopo la forte crescita del biennio 2021-2022. L’incidenza delle esportazioni di beni sul Pil è scesa al 26,3%.
La riduzione del valore delle esportazioni di beni è il risultato di una contrazione dell’1,9% delle vendite dirette verso i paesi UE e di un aumento dell’1,2% di quelle verso gli altri mercati. Si sono ridotte le esportazioni di merci italiane verso Francia e Germania, che insieme assorbono oltre il 40% delle vendite intra-UE, e sono aumentate quelle verso Spagna e Paesi Bassi.
Per i mercati extra UE, si sono ridotte le esportazioni verso Stati Uniti (principale mercato), Svizzera e Cina, ma questa diminuzione è stata compensata dall’aumento dell’export verso Regno Unito, Turchia e diversi mercati emergenti.
Sono cresciute le vendite di prodotti alimentari, chimici, farmaceutici e delle altre industrie manifatturiere, compresi i mobili. La flessione delle vendite ha toccato soprattutto i prodotti del tessile, abbigliamento e calzature, i metalli e i prodotti in metallo, i macchinari e i mezzi di trasporto.
Il valore delle importazioni di beni è andato riducendosi (dopo il picco registrato nel 2022 a causa dei prezzi dell’energia): nel 2024 è diminuito del 3,9% in Italia, del 4,8% in Francia e del 3% in Germania, ed è aumentato leggermente in Spagna (+0,4%).
Il saldo commerciale italiano è tornato positivo per 34 miliardi nel 2023 e ha sfiorato i 55 miliardi nel 2024.
Il principale rischio sull’export è rappresentato dall’inasprimento dei dazi da parte degli Stati Uniti, anche per i suoi effetti indiretti sulla domanda mondiale, sulle catene di fornitura, per il riorientamento delle esportazioni della Cina e di altri concorrenti sui mercati terzi. Un irrobustimento della congiuntura europea, tuttavia, può contrastare questi effetti.
Fonte: Istat (Rapporto annuale 2025)