Lo Studio Unioncamere – Istituto Tagliacarne si divide in due sezioni: la prima analizza le caratteristiche principali delle imprese esportatrici italiane; la seconda punta a identificare, attraverso modelli predittivi, le imprese potenzialmente esportatrici.
Un'impresa viene considerata esportatrice se ha svolto attività commerciale oltre i confini nazionali, sia che si tratti di vendita di prodotti fisici che di servizi a clienti esteri.
Il manifatturiero rappresenta circa l’80% del totale delle esportazioni nazionali. Seguono, nel 2021, il commercio (con il 16,8% del valore delle esportazioni totali) e le attività professionali, scientifiche e tecniche (con circa l’1%-2%).
Nel periodo 2015 - 2021, hanno operato ininterrottamente sul territorio italiano 743.533 imprese; di queste hanno esportato 216.401 imprese:
- 122.519 sono esportatrici occasionali (hanno esportato tra uno e tre anni, nel corso del settennio considerato)
- 57.587 pienamente esportatrici (il 26,6% del totale esportatrici che ha esportato tutti e sette gli anni)
- 36.295 esportatrici regolari (hanno esportato tra i quattro e i sei anni, nei sette anni analizzati).
Le regioni del Nord generano la stragrande maggioranza del valore delle esportazioni totali, guidate dalla Lombardia, che nel 2021, da sola, produceva il 33,6% del totale delle esportazioni nazionali; seguono il Veneto (13,7%), l’Emilia-Romagna (13,1%), il Piemonte (11,6%) e la Toscana (8,4%). Ben inferiori i contributi delle regioni meridionali (solo Campania e Puglia superano stabilmente l’1% di quota sul totale dell’export nazionale).
Le grandi imprese, con più di 250 occupati, rappresentano il segmento più rilevante dal punto di vista dei volumi, registrando, nel 2021, quasi 230 miliardi di export, su un totale nazionale di 447 miliardi.
Seguono le imprese medio-grandi (tra i 50 e i 250 addetti), responsabili per 135,9 miliardi di euro esportati nel 2021; le piccole imprese (meno di 50 addetti), con quasi 70 miliardi; le microimprese (meno di 10 addetti), con meno di 15 miliardi di euro.
Le microimprese costituiscono la percentuale più elevata di imprese esportatrici (48,2%), seguito dal 38,8% delle piccole e dal 10,9% delle medie imprese. Le grandi imprese costituiscono solo il 2,1% del totale.
Imprese potenziali esportatrici
Gli analisti hanno cercato di stimare la propensione delle imprese non esportatrici a intraprendere attività sui mercati esteri e, nel caso delle esportatrici occasionali, la loro probabilità di consolidarsi come esportatrici regolari o consolidate.
Le imprese potenzialmente esportatrici identificate sono oltre 17mila, suddivise in due gruppi.
- Possono essere considerate aspiranti esportatrici (pur non essendo attualmente esportatrici, possiedono le caratteristiche compatibili con le imprese che invece esportano) 5.601 imprese che passano da non esportatrici a esportatrici occasionali: 2.619 operano nel settore della manifattura e 2.982 in quello del commercio export-oriented.
- Le esportatrici emergenti (hanno esportato tra 1 e 3 anni durante il settennio, pertanto definite “occasionali”) che hanno il potenziale per diventare esportatrici regolari, o addirittura consolidate sono 11.427: 5.000 operano nell’industria e 6.427 nei servizi export-oriented.
Caratteristiche delle aspiranti esportatrici
L’analisi regionale evidenzia una forte polarizzazione delle aspiranti esportatrici in Lombardia che, da sola, concentra oltre 1.120 imprese (il 20% del totale). Seguono il Veneto (637 imprese, 11,4%), la Toscana (496 imprese, 8,9%), l’Emilia-Romagna (495 imprese, 8,8%), il Piemonte (474 imprese, 8,5%) e la Campania (431 imprese, 7,7%).
Le prime dieci province per numero e quota di imprese aspiranti esportatrici sono: Milano (5,4%), Torino (4,3%), Napoli (4,0%), Roma (3,8%), Brescia, Vicenza, Padova, Firenze. Con quote inferiori allo 0,1% del totale: Gorizia, Crotone, Nuoro e Oristano.
Relativamente ai settori, oltre un terzo delle aspiranti esportatrici opera all’interno del commercio all'ingrosso (Ateco 46, per il 33,5% del totale) e del commercio all'ingrosso e al dettaglio e riparazione di autoveicoli e motocicli (Ateco 45, 18,9%); relativamente importante è anche il peso delle attività legate alla fabbricazione di prodotti in metallo (Ateco 25, 11,0%), alle industrie alimentari (Ateco 10, 5,6%), all’industria del legno e dei prodotti in legno e sughero (Ateco 16, 4,6%) e alla riparazione, manutenzione e installazione di macchine ed apparecchiature (Ateco 33, 3,5%).
Caratteristiche delle imprese esportatrici emergenti
Le imprese esportatrici emergenti - che già esportano, ma che mostrano un potenziale per consolidarsi - sono pari a 11.427 unità (ben 10.902 hanno elevata probabilità di evoluzione in esportatrici regolari e consolidate).
L’analisi regionale vede la Lombardia guidare la classifica con oltre un quarto del totale delle esportatrici emergenti (3.136 unità, pari al 27,4% del totale), seguita dal Veneto (1.296 imprese, 11,3%), dall’Emilia-Romagna (1.006 imprese, 8,8%), dal Piemonte (985, 8,6%) e dalla Toscana (982 imprese, 8,6%).
A livello provinciale, Milano si posiziona prima (con 1.109 imprese emergenti, il 9,7% del totale nazionale), seguita da Roma (519 imprese, 4,5%), Torino (480 imprese, 4,2%), Napoli (437 imprese, 3,8%) e Brescia (370 imprese, 3,2%). Chiudono la Top ten Firenze, Monza e Brianza, Bergamo, Vicenza e Padova. Le ultime in classifica sono, con meno di dieci imprese emergenti ciascuna, Isernia, Rieti e Oristano.
Il 43,9% di queste imprese (5.020 in valore assoluto) appartiene al settore del commercio all’ingrosso e al dettaglio, riparazione di autoveicoli e motocicli (sezione G del codice Ateco) e oltre un terzo (il 38,8%, 4.432) alle attività manifatturiere (C). Seguono i settori delle costruzioni (3,9%, 450 imprese), quello relativo alle attività professionali, scientifiche e tecniche (417 imprese, 3,6%), i servizi di informazione e comunicazione (2,0%, 226) e i rami di attività collegati al noleggio, agenzie di viaggio e ai servizi di supporto alle imprese (1,7%, 191).
Conclusioni
“Emerge dunque con chiarezza come le imprese potenzialmente esportatrici rappresentino non solo una riserva latente di crescita per il sistema produttivo nazionale, ma anche un obiettivo concreto e raggiungibile per le politiche pubbliche.
Investire nel rafforzamento strutturale e nella progressiva attivazione internazionale di queste realtà significa non soltanto ampliare la base esportatrice del Paese, bensì anche accrescere la competitività complessiva del tessuto imprenditoriale italiano in uno scenario economico e geopolitico sempre più complesso e incerto”.
Il Report è stato realizzato con il coordinamento scientifico del Prof. Maurizio Vichi (Sapienza, Università di Roma) e da un gruppo di lavoro del Centro Studi Guglielmo Tagliacarne coordinato da Alessandro Rinaldi e composto da Giacomo Giusti, Damiano Angotzi, Marco Gentile, Annamaria Giuffrida e Davide Mariz.
Fonte: Unioncamere