Siamo dell'avviso che lo studio del nostro modello di business aziendale, al fine di una sua evoluzione per adattarsi ai mercati esteri, debba sempre avvenire prima dell’eventuale piano aziendale.
Business Plan
Il business plan (BP), infatti, è un documento strategico importantissimo, ma piuttosto statico, laborioso, non di semplice realizzazione, che poco si presta ai requisiti di snellezza e adattamento dettati dalla mappatura dei mercati e dalla molteplicità delle forme di internazionalizzazione che si hanno a disposizione oltre i confini nazionali.
Il BP viene realizzato in particolare con due obiettivi ben definiti che guardano spesso soprattutto il mondo esterno all'azienda:
- permettere a tutti i soggetti promotori dell'iniziativa (nel nostro corso l'espansione all'estero) di meglio comprendere il proprio business, rimarcando rischi e conseguenze delle scelte a medio/lungo termine, e di stabilire gli obiettivi da raggiungere affinché la direttiva internazionale intrapresa abbia successo
- persuadere i finanziatori a prendere parte al progetto, investendo quanto richiesto dal piano.
È vero che il patrimonio di informazioni che si devono raccogliere in una fase iniziale di scouting estero, le analisi di mercato compiute e la definizione dello scenario competitivo prefigurato risulteranno utili anche per costituire la base della parte descrittiva del BP, il cosiddetto executive summary, ma il cuore del piano, ovvero il conto economico previsionale, l’andamento dello stato patrimoniale legato al paese target e ancor di più la stima dei flussi di cassa attribuibili a costi e ricavi contestualizzati geograficamente non sono così semplici da formulare.
Sono necessarie conoscenze e professionalità spesso assenti in una piccola impresa o saturate da compiti di B&A irrimandabili e devono essere impostati con un taglio differente a secondo di chi sarà il principale destinatario del piano (la proprietà, il management, le varie tipologie di invertitori esterni – banche, private equity, business angel, Simest, ecc.). Ogni interlocutore è attento ad aspetti diversi, secondo i propri obiettivi specifici (una banca vorrà vedere un ritorno veloce dell'investimento, un private equity una crescita del valore aziendale molto spinta, e così via).
Non è un compito banale, insomma, né a nostro avviso obbligatorio o irrinunciabile, specie se nel nostro percorso di export non si sta procedendo tramite Investimento Diretto Esteri, ma, come accade nella quasi totalità dei casi per le PMI, si stanno inizialmente esplorando modalità di vendita indiretta, alleanze strategiche, oppure anche vendite dirette tramite una forza di vendita propria o, sempre più spesso, una piattaforma e-commerce.
Business Model Canvas e Value Proposition Canvas per l'estero
Riteniamo che, almeno in una fase iniziale, sia fondamentale concentrarci sulla triade prodotto (o servizio), mercato, azienda e su come questi tre oggetti siano correlati tra loro. Per far questo è più semplice e più efficace, fare ricorso agli inflazionati, ma indubbiamente utili strumenti visuali offerti dal Business Model Canvas (BMC), al fine di costruire una visione globale di come l'azienda dovrà logicamente disporsi per poter crescere all'estero, e al Value Proposition Canvas (VPC), per focalizzarsi poi sullo studio dei nuovi profili di clienti esteri e su come i nostri prodotti/servizi dovranno soddisfare esigenze e bisogni che probabilmente divergono da quelli dei nostri clienti abituali. Così facendo risulta coperto con facilità e immediatezza almeno il primo dei due obiettivi del BP precedentemente esposti, ovvero la correzione del business aziendale in ottica di espansione estera.
Non è scopo di questo articolo soffermarci nella descrizione dei due canvas, ma dovrebbe risultare intuitivo come analizzare in azienda, con tecniche di brainstorming (la stampa in formato extra-large degli schemi, l'utilizzo di suggestivi post-it colorati e così via) che coinvolgano tutte le figure manageriali salienti, tutte le nove aree chiave con cui l'azienda costruirà valore, lo distribuirà e ne intercetterà una parte (in termini di incremento di utili) per lo sviluppo commerciale estero.
Essendo molto probabile, soprattutto in una fase iniziale, il coinvolgimento di intermediari locali, ragionare visivamente in termini di BMC aiuta a individuare quali saranno le risorse e le attività strategiche più influenzate dall'alleanza, come questa agevolerà i canali e le relazioni per indirizzare i nuovi segmenti di clientela stranieri e le sinergie rintracciabili al fine di costruire una proposta di valore innovativa.
Il VPC, in seguito, aiuterà a costruire l'identikit del cliente ideale straniero e quali delle caratteristiche dei nostri prodotti (tangibili ma anche intangibili, emotive , ...) riescono a neutralizzare i bisogni del cliente e arrecare dei vantaggi, grazie anche alla proposizione congiunta della partnership.
Il BMC e il VPC sono in definitiva dei riduttori di complessità, perché ci obbligano a focalizzarci solo sugli elementi fondamentali da tenere sotto controllo e ci permettono di mappare un modello di business esaustivo e semplice.
Questa attività normalmente si concretizza attraverso qualche incontro preparatorio in azienda e uno congiunto con il partner estero (anche per via telematica, condividendo con piattaforme opportune la "tela" in formato digitale).
Risulterà inoltre propedeutico per la redazione di un business plan, qualora la penetrazione nel mercato estero presupponesse investimenti da validare con strumenti più tradizionali e abitualmente riconosciuti dai promotori istituzionali.
I blocchi dei Revenue Streams e della Cost Structure infatti guideranno la costruzione degli economics, non fermandoci al puro stadio previsionale del conto economico dei prossimi 3-5 anni, ma includendo l'analisi previsionale sia patrimoniale che finanziaria.
Fabrizio Fenu