Nel mondo degli affari non è raro che i buyer giapponesi rappresentino importatori o retailer sia del Sol Levante, sia della Corea del Sud; è frequente nel food and beverage e in altri settori.
Un piano di export per il Far East dovrebbe tener conto di questa opportunità: la ricerca di partner commerciali e la ricerca di buyer diretta al Giappone può, in molti casi, aprire le porte anche per la distribuzione in Corea del Sud.
Il punto operativo da curare è la gestione del rapporto con i buyer giapponesi, legati alle tradizioni locali anche nelle negoziazioni internazionali, attenti alle relazioni umane e orientati a rapporti professionali di lunga durata.
Fidelizzando il rapporto, il buyer giapponese può diventare una preziosa fonte di informazioni per anticipare i trend di mercato e aumentare l’incisività dell’azione export. Può segnalare nuovi prodotti non ancora considerati dall’esportatore nella sua offerta per l’estero, come nel caso dell’olio EVO che, sebbene non abbia attualmente un consumo significativo nel mercato (e per questo non viene ancora proposto dall’esportatore), gode di un programma di sostegno pubblico e viene richiesto dai buyer con l’obiettivo di spingerne la distribuzione e il consumo.
Come promuovere i prodotti in Corea del Sud?
Poter contare su consolidate relazioni commerciali con i buyer giapponesi, tuttavia, non è sufficiente. Sostenere l’ingresso in un nuovo mercato significa progettare il corretto posizionamento dei prodotti e lavorare sulla credibilità aziendale e sulla brand awareness.
Se inseriamo la Corea del Sud nell’export plan, siamo chiamati ad allocare un budget adeguato per la promozione e a strutturare un modello di sostegno alle vendite (dalla presenza sulle piattaforme digitali al customer care dedicato, ai servizi post-vendita).
La distribuzione sarà oggetto degli accordi con i buyer che coprono sia il mercato giapponese che sudcoreano, vanno quindi coordinate le azioni di marketing e le tempistiche al fine di ottimizzare le sinergie esistenti.
Ricordiamo che, dal 2011, tra UE e Corea del Sud esiste un accordo commerciale che ha eliminato i dazi doganali sul 98,7% dei prodotti e altre barriere all’esportazione. L’accordo ha permesso nei primi cinque anni dalla firma di aumentare l’export UE del 55% e alle aziende esportatrici di risparmiare 2,8 miliardi di dazi doganali.
Strategie export multi-point attraverso la leva della distribuzione
La catena di export si costruisce mediante relazioni commerciali con i buyer della distribuzione; è la modalità che consente di avere opportunità su più aree e di coprire capillarmente i singoli territori.
Se questa è la modalità scelta dall’azienda esportatrice, è bene mappare i singoli Paesi obiettivo considerando anche le interazioni tra diversi Paesi di sbocco consentiti dalla operatività dei buyer. Il vantaggio è duplice:
- si acquisiscono informazioni sui fabbisogni di import di mercati più ampi
- si possono gestire i flussi di export mediante un numero inferiore di contratti con i buyer di settore.
Non sempre l’azienda italiana è disposta ad adottare la strategia di export mediante la distribuzione locale, particolarmente se parliamo di catene di una certa dimensione, in quanto teme di essere troppo condizionata su prezzi e condizioni generali di vendita, o di non avere la capacità produttiva adeguata a soddisfare tutte le richieste.
Nei casi in cui tale strategia sia desiderabile e perseguibile, la leva dei rapporti commerciali multi-point è la forma più efficiente di sviluppo export. Nella fase di selezione dei mercati obiettivo per l’export è bene considerare le opportunità multi-point e analizzare la struttura distributiva dei mercati di sbocco:
- nei casi di estrema concentrazione, le condizioni contrattuali saranno spesso dettate dalla controparte
- nei casi di parcellizzazione si aprono maggiori spazi di negoziazione per l’esportatore.
Libano e Medio Oriente
Molte delle dinamiche appena descritte nell’esempio Giappone – Corea del Sud, si presentano anche in Medio Oriente. Complice la normativa, che spesso impone limitazioni alla partecipazione estera a joint-venture o alla costituzione di società in loco, conviene far riferimento ad operatori locali.
Molti imprenditori e buyer sono attivi sull’intera regione. Il Libano è considerato un’importante porta di accesso all’area: non è insolito fare un accordo con operatori libanesi per esportare in altri Paesi del Medio Oriente, o in alcuni paesi del Nord Africa.
ll buyer o partner commerciale libanese chiede spesso di strutturare l’offerta per singolo Paese di sbocco, spesso con un livello importante di personalizzazione (il che ad esempio per il fashion e il design, si traduce in linee dedicate, sempre per ingenti volumi di import).
Raffaella Còndina