A livello mondiale, l’industria robotica viene stimata a un valore di 260 miliardi di dollari nel 2030: è l’effetto della transizione 4.0 e della ricerca di efficienza e di aumento della produttività.
Anche l’Italia sta investendo in questo comparto, è il secondo mercato UE dopo la Germania e il sesto al mondo per installazioni robotiche, e non soltanto nelle grandi imprese, ma anche a livello di piccole e medie.
L’Italia è anche protagonista nella ricerca e nella produzione di macchine robotiche: la competenza ingegneristica viene riconosciuta a livello mondiale, così come la customizzazione per il singolo cliente.
Le applicazioni sono le più varie, dalla manipolazione (di materiali, carico e scarico, pallettizzazione,…) ai processi produttivi (saldatura, fresa, verniciatura,…) ai “robot collaborativi” ovvero versioni leggere e facili da programmare nonché sicuri per interagire con un operatore senza particolari barriere.
Il comparto delle macchine utensili, robot e automazione - secondo i dati di preconsuntivo del centro studi di Ucimu - nel 2023 vede un valore della produzione di 7.560 milioni di euro con un incremento annuo del 3,8%. Le esportazioni sono cresciute del 10,3% per un valore di 3,825 milioni di euro che fa attestare la quota di export al 50,6%.
Le previsioni per il 2024 sono di un incremento della produzione dello 0,5% e di un incremento dell’export del 6,4%.
I costruttori italiani di macchine robot sono in prevalenza PMI con eccellenze ingegneristiche, fortemente internazionalizzate (media export intorno al 70%). Realtà di piccole e medie dimensioni che si strutturano quali “multinazionali tascabili” sviluppando strutture commerciali complesse, spesso con filiali estere a supporto dello sviluppo e della gestione dei clienti in loco.
Strategia per l’export
La principale difficoltà nell’esportazione di macchine robotiche è rappresentata dal fatto che sono necessari investimenti in diversi Paesi per raggiungere risultati apprezzabili. Certamente vi sono mercati con una richiesta più importante, come gli Stati Uniti, tuttavia il piano deve selezionare una rosa di Paesi piuttosto ampio sin dalle prime fasi.
Il secondo aspetto strategico è l’individuazione dei canali di promozione per intercettare potenziali clienti. Per il mercato nord-americano è interessante il marketplace Machines Italia di Ice (machinesitalia.org) che, pur non essendo specifico per la robotica, promuove l’innovazione italiana in mercati ad alto potenziale.
È necessario avere una rete vendita nei mercati-obiettivo che collabori strettamente con gli ingegneri italiani anche nelle fasi di preventivazione e di customizzazione. Sul punto, le PMI spesso devono “fare il salto” da una cultura tecnica a un’impostazione che introduca figure quali export manager preparati e agenti in loco affidabili.
Al di là del macchinario proposto, i clienti esteri si aspettano un alto contenuto di formazione tecnica e di assistenza continuativa, esigenze a cui si può rispondere con i digital twin, che consentono di interagire a distanza con il tecnico locale il quale avrà una esperienza immersiva potendo così imparare e capire le procedure senza rischi per il funzionamento della macchina sino al termine dell’addestramento.
Le imprese italiane della robotica vengono considerate eccellenze da parte delle aziende interessate al comparto, tuttavia nella check-list dei buyer ci sono alcuni punti che non vengono sempre soddisfatti e che portano a scegliere un fornitore di un Paese terzo. I principali riguardano l’interazione nella lingua locale e la presenza di un servizio di assistenza in loco.
Per quanto riguarda la lingua, sebbene nella fase di primo contatto e di confronto tra ingegneri per valutare preventivo e customizzazione l’inglese rimanga la lingua veicolare, le aziende chiedono ai fornitori formazione tecnica per i loro addetti alla produzione (tecnici e non solo) nonché assistenza continuativa per l’adeguamento dei processi produttivi, e dunque la presenza di personale che parli perfettamente la lingua del mercato obiettivo, e che sappia interagire anche con tecnici e maestranze, è una variabile che pesa fortemente nella scelta del fornitore estero.
Relativamente alla rete di assistenza in loco, questa è la variabile che più spesso fa perdere la vendita alle imprese italiane: quand’anche il buyer consideri migliore la tecnologia italiana, nessuna azienda ritiene accettabile un fermo-macchina di molte ore o addirittura giorni (in attesa degli ingegneri del fornitore), dunque preferirà il fornitore che abbia una rete di assistenza (diretta oppure in partnership con una rete esterna capillare nel mercato obiettivo) che possa ridurre al minimo il blocco della produzione.
Spesso le aziende esportatrici ritengono che quanto sopra comporti un aggravio di costi: in realtà, si tratta di riprogrammare la “filiera commerciale” e definire una struttura di costi e ricavi efficienti, anzi a fronte delle maggiori vendite è più probabile ottimizzare la marginalità.
Raffaella Còndina