In Italia, le coltivazioni viticole rappresentano una componente essenziale dell’agricoltura nazionale, un vero e proprio simbolo della nostra cultura enogastronomica. I dati più recenti indicano che il 5% della Superficie Agricola Utilizzata (SAU) nazionale è utilizzata per coltivare viti.
I dati regionali con riferimento al 2018, evidenziano il primato delle regioni del Nord-est, a cui spetta il 43% della produzione di vino nazionale, con il picco del 23,8% del solo Veneto. A seguire le regioni del Sud con il 28%, dovuto però quasi esclusivamente alla Puglia, che detiene il 18,1% della produzione nazionale. Le altre regioni a grande vocazione vinicola sono l’Emilia-Romagna (13,6%) e la Sicilia (9,2%).
La produzione di vino stimata per l’annata agraria 2019-2020 è pari a poco meno di 50 milioni di ettolitri. Si consolida il primato italiano in merito alla produzione mondiale di vino, con una quota di mercato pari al 16,7%, davanti alla Francia (14,3%) e alla Spagna (11,7%).
L’andamento delle esportazioni continua il suo trend espansivo: nel 2019 il valore delle esportazioni di vino prodotto da viti italiane è stato di oltre 6,4 miliardi di euro, in crescita del 3,4% rispetto al 2018 e del 41,3% rispetto al 20115.
Nel 2019, dei 49,9 milioni di ettolitri di vino prodotto in Italia quasi 34 milioni riguardavano il vino certificato DOP o IGP. A partire dal 2015, la produzione di vini DOP ha accentuato la sua quota di mercato rispetto a quella di vini IGP: nel 2019 il rapporto tra i rispettivi livelli produttivi è quasi di 2 a 1, mentre nel 2010 le due produzioni erano quasi in equilibrio.
Il comparto vinicolo nazionale sta oggi attraversando una fase di forte incertezza determinata da diversi fattori preesistenti alla pandemia, oltre che da elementi di preoccupazione rispetto alle dinamiche future del settore: le incognite sui dazi statunitensi, le ricadute di Brexit, la recessione globale e le crescenti difficoltà di esportazione di vini in Russia, che ha introdotto norme più stringenti a fine giugno 2020 sia in materia di etichettatura che di soglie di gradazione.
Tipologie di vino
Dal punto di vista delle modalità con le quali si eseguono le lavorazioni, ovvero in relazione al ricorso a tecniche e procedimenti per coltivare le viti, ottenere le uve e produrre il vino in termini di impatto sull’ambiente, rispetto della tradizione, aderenza a normative di settore, rispetto di disciplinari o a attenzione a specifiche filosofie e teorie produttive, sussistono attualmente i vini convenzionali, i vini biologici, i vini biodinamici, i vini naturali e i vini vegani.
- L’agricoltura biologica è un sistema di produzione agricola definito e disciplinato a livello comunitario dai regolamenti CE n. 834/2007 e CE n. 889/2008. Non utilizza prodotti chimici di sintesi (fertilizzanti, diserbanti, insetticidi, anticrittogamici) per la concimazione dei terreni, per la lotta alle piante infestanti, ai parassiti animali e alle malattie delle piante; inoltre vieta l’uso di organismi geneticamente modificati (OGM).
- La principale organizzazione mondiale di produttori biodinamici è la Demeter (che si richiama esplicitamente al pensiero di Rudolf Steiner), che verifica e approva il prodotto apponendo il proprio marchio commerciale registrato. Oltre a Demeter si sono diffuse altre associazioni di produttori di vino che utilizzano l’agricoltura biodinamica, senza necessariamente ricorrere alla metodologia antroposofica di Steiner. Tuttavia, non esistono prove verificabili scientificamente di una qualsiasi differenza chimico-fisica tra vino ottenuto per vie tradizionali e con metodi biodinamici.
- Il vino cosiddetto “naturale” è quello prodotto generalmente da quei vignaioli che, pur aderendo a tutti i principi dell’agricoltura biologica e di quella biodinamica, non vogliono aderire a regolamenti o certificazioni. Come per il biodinamico, a oggi non esiste dal punto di vista normativo e legislativo, la definizione di vino naturale.
- Rientrano nella definizione di vino “vegano” quei vini che si sono sottoposti a un processo di verifica, effettuata da un ente terzo, atta a indicare che tutti i processi di produzione, agronomici e enologici, siano stati effettuati non utilizzando qualsiasi prodotto e/o attrezzatura di origine animale.
Vino biologico in Italia
Il metodo di produzione biologico esplica una duplice funzione, provvedendo da un lato a un mercato specifico che risponde alla domanda di prodotti biologici dei consumatori e, dall’altro, fornendo beni pubblici che contribuiscono alla tutela dell’ambiente, al benessere degli animali e allo sviluppo rurale.
- Le uve utilizzate provengono da agricoltura biologica certificata (divieti nell’utilizzo di fitofarmaci, diserbanti, pesticidi e concimanti di sintesi).
- Le pratiche di vinificazione avvengono secondo un disciplinare che impone divieti nell’utilizzo di coadiuvanti e additivi. I pochi prodotti permessi devono avere, ovviamente, origine biologica certificata anch’essi e entro limiti tracciati e ben definiti.
- I livelli di anidride solforosa nel prodotto imbottigliato sono ridotti rispetto al vino "convenzionale" (attualmente 100 mg/l per i vini rossi secchi, e 150 per i vini bianchi secchi).
La domanda di vino biologico da parte dei consumatori è in costante crescita. Il consumo di vino biologico è, infatti, percepito come una scelta di qualità e di garanzia. In Italia, tra il 2010 e il 2018, la produzione di vino biologico risulta più che raddoppiata, essendo passata dai circa 3 milioni di ettolitri del 2010 ai quasi 7,5 milioni di ettolitri del 2018.
Le regioni che nel 2018 hanno associato livelli produttivi elevati a crescite significative rispetto alla produzione del 2010 sono state il Veneto (nel 2018, 739mila ettolitri contro i 157mila del 2010), la Toscana (583mila ettolitri contro 217,5mila), la Puglia (1.747mila ettolitri contro 702,6mila) e la Sicilia (1.782mila ettolitri contro 518mila).
Fonte: Istat Working paper N. 8 2020