Secondo i dati ISTAT, prima della pandemia, circa il 13% dei pernottamenti annui è avvenuto in zone montane, mentre la spesa dei turisti stranieri per le vacanze in montagna ammontava nel 2019 a quasi 2 miliardi di euro.
Gli sport invernali, elemento di punta dell’offerta, dipendono fortemente dall'affidabilità della neve ed è quindi importante comprendere gli impatti e i rischi dei cambiamenti climatici per una efficace progettazione di politiche e strategie di gestione del rischio.
L'aumento delle temperature invernali implica una stagione sciistica più breve e uno spostamento della linea naturale di affidabilità della neve verso quote più elevate. Mancanza di neve, diminuzione del manto nevoso e altezza non adeguata della neve comportano una minore presenza di visitatori e ricavi ridotti.
Per l'Italia un rialzo di 1°C della temperatura sarebbe sufficiente a spostare la linea naturale di affidabilità della neve mettendo in pericolo tutte le stazioni sciistiche del Friuli Venezia Giulia e circa il 30 per cento di quelle venete, lombarde e trentine. L'Alto Adige sarebbe il paese maggiormente colpito. Minori ripercussioni per il Friuli Venezia Giulia, dove il turismo invernale è meno rilevante, e per la Valle d'Aosta in quanto le stazioni sciistiche si trovano ad altezze superiori.
La ricerca di Banca d’Italia “Turismo invernale e cambiamento climatico” si propone di dare evidenza del rapporto tra condizioni della neve e turismo invernale nelle più importanti regioni alpine italiane in termini di flussi (skipass e pernottamenti) nelle ultime 20 stagioni.
I risultati indicano una relazione significativamente positiva tra gli skipass e la copertura nevosa. Migliori condizioni di innevamento tendono a corrispondere anche a più pernottamenti.
I modelli climatici prevedono cambiamenti ancora maggiori nei prossimi decenni, inclusa una riduzione del manto nevoso, soprattutto alle quote più basse. Gli impatti del clima sul turismo invernale potrebbero essere sostanziali e particolarmente gravi per le stazioni sciistiche a bassa quota.
Innevamento artificiale
L'innevamento artificiale rappresenta ancora oggi la strategia di adattamento dominante, ma i risultati dello studio di Banca d’Italia confermano studi precedenti secondo i quali non è cruciale nel sostenere i flussi turistici. Inoltre, i costi di innevamento artificiale aumenteranno in modo non lineare con l’aumento delle temperature e, se le temperature aumenteranno oltre una certa soglia, l'innevamento artificiale non sarà più praticabile. La neve artificiale può ridurre le perdite finanziarie dovute a occasionali inverni carenti di neve, ma non può proteggere dalle tendenze sistemiche a lungo termine verso inverni più caldi.
In questo scenario sono cruciali le strategie basate sulla diversificazione delle attività e gli investimenti per ridurre la dipendenza dell'economia montana dalle condizioni della neve. Ad esempio, aumentando l'impegno nel turismo annuale, stimolando e promuovendo il turismo estivo, organizzando gare sportive invernali, congressi, eventi educativi e salutistici.
Fonte: Banca d’Italia (Climate change and winter tourism: evidence from Italy | Gioia Maria Mariani e Diego Scalise)