Multinazionali a controllo estero residenti in Italia
Nel 2021 cresce il fatturato delle imprese a controllo estero residenti in Italia: +30,7% rispetto al 2020 e +14,7% rispetto al 2019. Dopo il crollo del 2020, forte aumento anche degli scambi con l’estero: +25,9% export e +33,3% l’import.
Nel 2021, le multinazionali a controllo estero registrano in Italia un netto recupero in termini di fatturato e valore aggiunto rispetto al periodo pre pandemico. I risultati economici sono superiori alle altre imprese residenti che comunque hanno registrato incrementi significativi.
Provenienti da 111 Paesi, le multinazionali estere sono attive in Italia con 17.641 controllate (+12,9% rispetto al 2020) occupano meno di 1,7 milioni di addetti (+10,7% rispetto al 2020 e +10,1% rispetto al 2019), fatturano quasi 716 miliardi di euro (+30,7% e +14,7%), producono un valore aggiunto di oltre 153 miliardi (+26% e +14,2%) e sostengono una spesa in Ricerca e sviluppo di 5 miliardi (+23,4% e +18,6%).
La crescita di valore aggiunto più consistente si registra nel settore della manifattura e, in particolare, nel settore della fabbricazione di veicoli, rimorchi e semirimorchi (+113,8% rispetto al 2020). In forte ripresa anche la metallurgia (+77,2%), la fabbricazione di mobili (+59,6%) e la confezione di articoli di abbigliamento e fabbricazione di articoli in pelle (+45,4%).
Nei Servizi crescono, rispetto al 2020, i settori che erano stati particolarmente colpiti dalla crisi, ma non recuperano i livelli pre pandemici: alloggio e ristorazione (+74,0%% rispetto al 2020, -36,4 rispetto al 2019) e trasporto e magazzinaggio (+34,2% e -16,5%).
Seppur con un numero limitato di unità giuridiche (0,4% del totale delle imprese italiane), le multinazionali estere incrementano il loro contributo ai principali aggregati economici nazionali dell’industria e dei servizi con:
- 9,4% degli addetti (+0,6 punti percentuali rispetto al 2019 e +0,7 p.p. rispetto al 2019)
- 20,3% del fatturato (+1,2 p.p. e +1,0 p.p.)
- 17,1% del valore aggiunto (+0,6 p.p. e +0,9 p.p.)
- 32,7% della spesa in Ricerca e sviluppo (+5,9 p.p. e +6,7 p.p.).
Le esportazioni delle imprese di gruppi multinazionali esteri presenti in Italia raggiungono quasi 163 miliardi di euro (+25,9% rispetto al 2020 e +15,0% rispetto al 2019) e le importazioni 205 miliardi (+33,3% rispetto al 2020 e +16,4% rispetto al 2019), offrendo dunque un contributo significativo all’interscambio commerciale italiano. Infatti, realizzano il 34,2% delle esportazioni nazionali di merci (+1,9% rispetto al 2020) e attivano il 52,1% delle importazioni (+1,8%).
I settori manifatturieri più forti nell’interscambio con l’estero sono i medesimi sia per le esportazioni che per le importazioni: fabbricazione di prodotti farmaceutici di base e preparati farmaceutici (71,7% per l’export e 85,3% per l’import), fabbricazione di autoveicoli, rimorchi e semirimorchi (59,9% e 70,8%), fabbricazione di prodotti chimici (44,1% e 53,3%).
Gli Stati Uniti sono il Paese con il più elevato numero di addetti delle multinazionali a controllo estero residenti in Italia (oltre 333mila); seguono Francia (oltre 307mila) e Germania (oltre 213mila).
Multinazionali italiane
Le multinazionali italiane confermano la presenza all'estero in 172 Paesi con 24.887 controllate estere, che occupano meno di 1,7 milioni di addetti (-2,3%) e fatturano 477 miliardi (-4,5%). Il calo è dovuto esclusivamente a cambiamenti nella proprietà, che da italiana diventa estera.
Le affiliate all'estero di multinazionali italiane realizzano il 37,3% del loro fatturato su mercati diversi dal Paese di localizzazione dell’impresa. In particolare, si confermano quote notevoli di fatturato nelle esportazioni verso l’Italia nei settori del Made in Italy: 44,9% per le industrie tessili e confezione di articoli di abbigliamento, 35,4% per la fabbricazione di articoli in pelle e 25,5% per la fabbricazione di mobili e altre industrie.
La quota di fatturato destinata al Paese estero in cui è realizzata la produzione è particolarmente rilevante nella fabbricazione di macchine e apparecchiature (73,1%) e nella fabbricazione di apparecchiature elettriche e per uso domestico non elettrico (70,8%).
Per le controllate estere di gruppi multinazionali italiani, gli Stati Uniti perdono il primato come principale Paese di localizzazione degli investimenti italiani all’estero per le attività industriali e in testa alla graduatoria troviamo la Romania (oltre 90mila addetti) seguita dalla Cina (oltre 69mila). Per il settore dei Servizi al primo posto figura il Brasile (oltre 81mila addetti), seguito dagli Stati Uniti (oltre 72mila addetti) e dalla Germania (oltre 64mila).
Cresce la propensione all’investimento dei grandi gruppi industriali italiani
Nel biennio 2022-2023, rispetto al precedente, aumenta la propensione all’investimento estero dei gruppi italiani di grande dimensione, dell’Industria (+4,4%) e dei Servizi (+13,2%).
Il 51,1% dei principali gruppi multinazionali italiani attivi nell’Industria (+4,4% rispetto al biennio precedente) e il 53,8% di quelli dei Servizi (+13,2%) hanno realizzato o progettato per il 2022-2023 (biennio preso in considerazione dalla Rilevazione sulle attività estere delle imprese a controllo nazionale) un nuovo investimento per attività di controllo all’estero.
L’Ue14 si conferma la principale area di localizzazione dei nuovi investimenti di controllo all’estero delle multinazionali italiane sia nell’Industria (24,6%) sia nei Servizi (34,6%). I gruppi del settore dell’Industria a seguire scelgono Stati Uniti e Canada e Altri Paesi Asiatici, Vicino e Medio-Oriente, Oceania (16,5%). Nei Servizi seguono gli Altri Paesi Europei (con il 17,2%) e Stati Uniti e Canada (14,2%).
I nuovi investimenti di controllo all’estero realizzati o progettati nel 2022-2023 sono finalizzati, tanto per le imprese industriali che per quelle attive nei Servizi, soprattutto alla produzione di merci e servizi (35,9% e 31,8% rispettivamente) e alla distribuzione e logistica (26,6% e 21,1%).
Per il 76,8% dei gruppi multinazionali italiani dell’Industria e per il 79,2% di quelli attivi nei Servizi la motivazione prevalente per nuovi investimenti all’estero è:
- la possibilità di accedere a nuovi mercati
- l’Aumento della qualità o sviluppo di nuovi prodotti (21,8% e 29,1% rispettivamente)
- l’Accesso a nuove conoscenze o competenze tecniche specializzate (19,3% e 21.5%).
Nel 2021, il 62,5% dei gruppi industriali e il 61,1% dei gruppi attivi nei Servizi hanno dichiarato di operare all’estero attraverso accordi commerciali. Seguono con percentuali più contenute gli accordi di produzione (18,7% e 14,2% rispettivamente), le Joint-venture (14,9% e 18,1%) e le Partnership tecnologiche con imprese o centri di ricerca (3,9% e 6,7%).
Fonte: Istat (Struttura e competitività delle imprese multinazionali anno 2021 - 16 novembre 2023)