Multinazionali estere in Italia
Nel 2019 le multinazionali estere in Italia consolidano il loro contributo alla crescita del sistema produttivo italiano. Le multinazionali estere sono attive in Italia con 15.779 controllate. Rispetto al 2018:
- il numero di addetti cresce di oltre 64mila unità (+4,4%)
- il fatturato di quasi 30 miliardi (+5,0%)
- il valore aggiunto di circa 10 miliardi (+7,6%)
- la spesa in Ricerca e sviluppo di oltre mezzo miliardo (+14,7%).
Seppur con un numero limitato di imprese (pari allo 0,4% del totale delle imprese italiane), le multinazionali estere contribuiscono in modo significativo ai principali aggregati economici nazionali dell’industria e dei servizi con l’8,7% degli addetti (+0,4 punti percentuali rispetto al 2018), il 19,3% del fatturato (+0,8 punti), il 16,3% del valore aggiunto (+0,8 punti) e il 26% della spesa in Ricerca e sviluppo (+2,4 punti).
Di particolare rilevanza è l’apporto agli scambi di merci con l’estero, con quote del 32,1% per le esportazioni (+2,7 punti) e del 50,7% per le importazioni (+1,7 punti). Una quota rilevante dei flussi commerciali provenienti dalle multinazionali è relativa agli scambi intragruppo (39,3% per le esportazioni e 58,8% per le importazioni).
- Per le esportazioni i settori manifatturieri più coinvolti sono: fabbricazione di prodotti farmaceutici di base e preparati farmaceutici (79,9%), fabbricazione di coke e prodotti derivanti dalla raffinazione del petrolio (49,4%) e chimica (48,9%).
- Per le importazioni, le quote maggiori di presenza delle multinazionali si registrano nella fabbricazione di prodotti farmaceutici di base e preparati farmaceutici (89,4%) e nella fabbricazione di prodotti chimici (56,3%).
Nel 2019 le multinazionali estere in Italia crescono soprattutto nel settore della manifattura (+7% il fatturato; +4,9% il valore aggiunto), in particolare nella confezione di articoli di abbigliamento e fabbricazione di articoli in pelle e simili (+27,5% di fatturato) e nella fabbricazione di apparecchiature elettriche e apparecchiature per uso domestico non elettriche (+20,9%).
Gli Stati Uniti sono il paese con il più elevato numero di addetti a controllo estero in Italia (quasi 305 mila); seguono Francia (oltre 289 mila addetti) e Germania (oltre 203 mila addetti).
A livello settoriale la graduatoria cambia; la Francia è in testa nell’industria non manifatturiera (settore energetico e estrattivo in particolare), con quasi 12mila addetti, seguita a notevole distanza dal Regno Unito con quasi 4mila addetti.
Multinazionali italiane
Le multinazionali italiane sono presenti in 173 paesi con 24.765 controllate (+4,2% rispetto al 2018), occupano quasi 1,8 milioni di addetti (-1%) e fatturano circa 567 miliardi (+3,7%).
Le affiliate estere attive nell'industria (9.652 unità, un numero molto minore rispetto alle 15.113 affiliate attive nei servizi) confermano una maggiore rilevanza economica: impiegano infatti oltre un milione di addetti (56,8% del totale) e realizzano quasi 321 miliardi di fatturato (56,6% del totale).
Nella manifattura, si rilevano performance positive nella fabbricazione di apparecchiature elettriche e apparecchiature per uso domestico non elettriche (+2,3% in termini di addetti; +12,7% di fatturato) e nelle industrie alimentari, delle bevande e del tabacco (+1% di addetti, +13,9% di fatturato).
Gli Stati Uniti conservano il primato come principale paese di localizzazione degli investimenti italiani all’estero (oltre 161mila addetti nell’industria e quasi 71mila nei servizi); al secondo posto la Romania per l’industria, con quasi 93mila addetti impiegati, e il Brasile per i servizi, con oltre 69mila addetti.
Le affiliate italiane all'estero realizzano il 28,6% del loro fatturato tramite vendite su mercati diversi dal paese di localizzazione. Le controllate estere delle multinazionali italiane attive nei settori tradizionali del Made in Italy confermano quote notevoli di fatturato nelle esportazioni verso l’Italia, seppur in flessione rispetto al 2018:
- industrie tessili e confezione di articoli di abbigliamento, di articoli in pelle e pelliccia (53,0%, -0,6 punti rispetto al 2018)
- fabbricazione di articoli in pelle e simili (40,9%, -5,6 punti rispetto al 2018)
- fabbricazione di mobili e altre industrie manifatturiere (30,3%, -9,9 punti rispetto al 2018).
Investimenti italiani all’estero
Il 52,5% dei principali gruppi multinazionali italiani attivi nell’industria e il 44,1% di quelli dei servizi hanno realizzato o progettato per il biennio 2020-2021 (biennio preso in considerazione dalla Rilevazione sulle attività estere delle imprese a controllo nazionale) un nuovo investimento di controllo all’estero.
Più contenuta, anche se rilevante, è la propensione all’investimento estero dei gruppi multinazionali di medio-grande dimensione (16,5% nell’industria e 20,3% nei servizi) e dei gruppi multinazionali di piccola dimensione, con una quota del 9,1% nell’industria e del 6,2% nei servizi.
L’area Ue15 si conferma la principale area di localizzazione dei nuovi investimenti di controllo all’estero delle multinazionali italiane sia nell’industria (20,8%) sia nei servizi (32,0%); seguono, per l’industria, Stati Uniti e Canada (18,4%), Altri Paesi asiatici, Vicino e Medio-Oriente e Oceania (13,0%), Altri Paesi europei (12,4%).
Per i gruppi attivi nei servizi, dopo l’area Ue15, si posizionano Stati Uniti e Canada e Altri Paesi europei con il 13,1%, Altri Paesi asiatici, Vicino e MedioOriente e Oceania (11,1%).
I nuovi investimenti di controllo all’estero realizzati o progettati nel 2020-2021 sono finalizzati soprattutto alla produzione di merci e servizi (31,4% e 33,1% rispettivamente) e alla distribuzione e logistica (25,4% e 18,6%). Seguono, per le imprese attive nell’industria, il marketing, vendite e servizi post vendita, inclusi i centri assistenza e i call center (21,0%), e, per le imprese attive nei servizi, i Servizi informatici e di telecomunicazione ed Engineering e altri servizi tecnici (12,0%).
Per l’81,3% dei gruppi multinazionali italiani dell’industria la motivazione prevalente alla base dei nuovi investimenti all’estero nel periodo 2020-2021 è la possibilità di accedere a nuovi mercati. I gruppi industriali ritengono determinanti altri due fattori: accesso a nuove conoscenze o competenze tecniche specializzate (18,9%) e l’aumento della qualità e lo sviluppo di nuovi prodotti (17,0%). Il costo del lavoro interessa invece soltanto il 12,3% dei gruppi.
Anche per i gruppi multinazionali attivi nei servizi la motivazione prevalente per i nuovi investimenti è l’accesso a nuovi mercati (81,9%), seguono l’aumento della qualità e lo sviluppo di nuovi prodotti (33,9%) e l’accesso a nuove conoscenze o competenze tecniche specializzate (22,7%). Anche nei servizi il costo dei lavoro non è considerato una motivazione importante (2,9%).
Fonte: Istat - Struttura e competitività delle imprese multinazionali 2019