Nel 2024, la produzione mondiale di vino è stimata in 226 milioni di ettolitri, in calo del 4,8% sul 2023, mentre i consumi si attestano a 214 milioni di ettolitri (-3,3%).
L’Italia è in controtendenza: +15,1% nella produzione rispetto al 2023 (posizionandosi in testa alla classifica mondiale) e +0,1% nei consumi, con 37,8 litri pro-capite all’anno.
L’Italia è il primo esportatore di vino per quantità (21,7 milioni di ettolitri nel 2024) e il secondo per valore (8,1 miliardi di euro) dietro alla Francia (11,7 miliardi).
Il saldo commerciale in 20 anni è cresciuto a un tasso medio annuo del 5,5%, passando da 2,6 miliardi di euro del 2004 ai 7,5 miliardi dello scorso anno.
Il 2024 per i maggiori produttori italiani di vino si è chiuso senza variazioni (+0,3% sul 2023) con un maggiore aumento sul mercato estero (+0,7%). Spiccano le buone performance oltreconfine dei vini frizzanti (+9,1%).
I maggiori produttori di vino si attendono per il 2025 una crescita delle vendite complessive del +1,7%, +2% l’export. Non si arresta l’ottimismo delle bollicine (+4,4% i ricavi complessivi), soprattutto oltreconfine (+6,1% l’export), mentre i vini fermi si aspettano un +0,9% (+1,2% l’export).
Geografia del vino
Il Veneto si conferma la prima regione vinicola d’Italia, concentrando un quarto dei quantitativi di vino italiano prodotto (il valore supera il 20% del totale nazionale). Il Veneto guida anche le esportazioni (più del 35% dell’export italiano) doppiando il Piemonte e la Toscana ferme al 15%. Grandi esportatori anche i produttori piemontesi (63% del fatturato), i toscani (59,5%) e gli abruzzesi (58,7%).
Per produzione in seconda posizione la Puglia, (volume pari al 16,1% del totale, valore 12,6%).
Per Piemonte e Toscana il peso in volume, compreso tra il 4 e il 5% del totale, raddoppia in valore (per entrambe le regioni prossimo al 10% di quello italiano).
Alle aziende toscane tocca il più alto Ebit margin (16,4%), il miglior Roi alle abruzzesi (7%), con il Piemonte in seconda posizione (6,4%).
Per Roe brillano Puglia e Lombardia (6,6% in entrambi i casi); quest’ultima eccelle anche in termini di Ebit margin (seconda posizione con il 10,9%)), ma con una modesta apertura oltreconfine (export pari al 24,3%).
Nel 2024 sono in crescita soprattutto le imprese friulane (+8,2% le vendite complessive e +7,1% oltreconfine) e toscane (+2,3%; +4,6%). Ottimismo per il 2025 per le aziende abruzzesi (vendite complessive +7,5%).
Imprese più dinamiche
La leadership di vendite nel 2024 resta appannaggio del gruppo Cantine Riunite-GIV, con fatturato a € 676,6 milioni (+0,6% sul 2023). Al secondo posto si conferma il polo vinicolo Argea (€ 464,2 milioni, +3,3%), seguita da IWB con € 401,9 milioni (-6,3% sul 2023). Fatturato 2024 superiore ai 300 milioni di euro anche per la cooperativa romagnola Caviro (385,2 milioni) in calo del 9% sul 2023.
Nella fascia di ricavi compresi tra i 200 e 300 milioni di euro ci sono dieci società: la toscana Antinori (fatturato 2024 pari a 261,6 milioni di euro, +7,4% sul 2023), la cooperativa trentina Cavit (253,3 milioni di euro, -5,2%), La Marca, specializzata nella produzione di spumanti, con fatturato 2024 pari a 251 milioni di euro (+11%), la veneta Herita Marzotto Wine Estates (248,2 milioni di euro, -2,8%), il Gruppo Collis (219,3 milioni di euro, +4,7%), la trentina Mezzacorona (212,3 milioni, -2,5%), la cooperativa Terre Cevico (211,3 milioni, +7,4%), la Zonin 1821 (209,3 milioni, +7,8%), la Mack & Schühle (205,6 milioni, +19,3%) e la piemontese Fratelli Martini (200,1 milioni, -8,3%).
Alcune aziende hanno una quota di export molto elevata, in alcuni casi quasi totalitaria: Fantini Group tocca il 96,1%, Ruffino il 93,3%, Argea e Pasqua superano il 90%.
Osservando la redditività (rapporto tra risultato netto e fatturato), il 2024 vede in testa la veneta Herita Marzotto Wine Estates (17,8%), seguita dalla toscana Antinori (12%) e da un’altra veneta, Mionetto, che registra un utile su fatturato del 9,2%.
L’assetto proprietario del settore vinicolo italiano resta fortemente ancorato alla dimensione familiare: il 65% del patrimonio netto è detenuto da famiglie (quota che sale all’81,5% se si considerano anche le cooperative). Gli investitori finanziari partecipano al 10,7% dei mezzi propri, banche e assicurazioni per il 5% e fondi di private equity per il 4,1% del patrimonio netto.
Per affrontare il futuro, gli investimenti in capitale umano sono ritenuti essenziali per il 55% circa degli operatori, più di quelli tecnologici, focalizzati sull’intelligenza artificiale e automazione (importanti per un terzo delle imprese)
Maggiori preoccupazioni degli operatori
In un contesto di minore reddito disponibile, il calo atteso dei consumi di vino e una ricomposizione degli stessi (indotta dal ricambio generazionale e dal diffondersi di modelli salutistici) preoccupano, rispettivamente, il 70% e 60% delle aziende.
Altrettanto timore suscita l’incertezza sulle decisioni dell’amministrazione americana di imporre dazi sulle importazioni di vino. Per oltre i tre quarti delle imprese intervistate le difficoltà della domanda possono essere superate con l’apertura a nuovi mercati.
Il 50% delle imprese considera una minaccia per il settore il nuovo Codice della Strada. Il 30% teme gli effetti del cambiamento climatico.
Fonte: Area Studi Mediobanca (Maggio 2025)