L’utilizzo ottimale delle ingenti risorse che arriveranno da Bruxelles i prossimi anni presuppone un piano di riforme e un salto di qualità in termini di produttività, che consentirebbe di accelerare il recupero nei prossimi tre anni (+3,8% medio annuo tra il 2021 e il 2023) e portare la crescita del Pil italiano in linea con quella degli altri paesi dell’Eurozona.
L’economia italiana nel breve termine
La pandemia lascia in eredità per l’Italia una caduta dell’8,9% del Pil nel 2020. Nel corso dell’anno sono stati “persi” 150 miliardi di euro di Pil, 108 miliardi di consumi, gli occupati sono 435mila in meno, l’indebitamento pubblico è passato dai 27,9 miliardi del 2019 a 156,3 miliardi.
La dimensione degli impulsi fiscali è significativa: dopo il 6,6% di Pil di politiche espansive del 2020 (108 miliardi), il 2021 si sta avviando verso un impulso di poco inferiore, pari al 5% (85 miliardi). A questi importi, va sommato il contributo NGEU che gli analisti stimano in circa 10 miliardi nell’anno in corso (all’Italia sono potenzialmente allocati 209 miliardi di euro da spendere in sei anni).
Nonostante la volontà espressa dal precedente governo di spendere almeno 81 miliardi di queste risorse aggiuntive nei primi tre anni, e nonostante l’impegno del nuovo esecutivo a innovare le procedure per renderle più efficaci, Prometeia adotta un’ipotesi di cautela che nel 2021-2023 considera una realizzazione di circa il 70% di quanto pianificato.
Dai fondi europei NGEU Prometeia si attende in media, nei primi tre anni, il contributo di un punto percentuale al Pil nazionale che recupererà il livello pre-crisi nel quarto trimestre 2022. Faremo peggio di altri paesi (Germania e Francia), ma molto meglio rispetto alle due crisi precedenti, quando i livelli pre-crisi non erano ancora stati recuperati nel 2019, a oltre 10 anni dallo scoppio della prima. In questo contesto, lo spread Btp-Bund potrà scendere sotto i 90 punti base a fine 2023.
Scenari con orizzonte al 2030
I fondi del NGEU rappresentano un fondamentale strumento per uscire dalla crisi, ma sono forse ancora più importanti nel medio termine, come occasione per intraprendere quell’ammodernamento delle infrastrutture, materiali e immateriali, da molto tempo frenato nel nostro Paese da vincoli strutturali e da carenza di risorse.
Nello scenario di base Prometeia ipotizza che l’utilizzo dei fondi europei faciliti la messa in campo di importanti riforme che da anni l’economia italiana stenta ad adottare, oltre ad avviare riallocazioni verso settori più innovativi così favorendo una ripresa della produttività.
In questo scenario, nel 2030 il livello del Pil italiano potrebbe essere al di sopra di quello del 2019 del 10,5%, con un debito pubblico al 135% del Pil: una prospettiva cautamente ottimista che, nella seconda metà del decennio, vede una crescita del Pil pro-capite in linea con quella dei maggiori paesi dell’area.
Nel secondo scenario, l’utilizzo dei fondi europei si traduce in uno stimolo temporaneo di domanda, non accompagnato da riforme strutturali né in grado di avviare una trasformazione produttiva verso settori con livelli di produttività più elevati. L’economia italiana non riesce a colmare il gap di crescita che si è progressivamente formato negli ultimi 25 anni: il Pil sarebbe superiore al livello 2019 solo del 5,8%, con il debito pubblico ancora al 151% del Pil. Uno scenario non drammatico, ma tale comunque da relegarci tra le economie deboli dell’area.
In entrambi gli scenari Prometeia ipotizza una politica monetaria che rimanga ultra-accomodante.
Periodo | Pil Italia | Pil Eurozona | Pil mondo |
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2021 | +4,7% medio annuo | | |
2021 - 2023 | +3,8% medio annuo | +3,6% | +4,6% |
2024 - 2030 | +1,2% medio annuo | + 1,3% | +3,2% |
Non solo Stati Uniti e Cina hanno sperimentato un andamento dell’attività economica nel 2020 migliore rispetto all’area euro (rispettivamente -3,5%, +2,2% e -6,8%), ma registreranno anche una crescita superiore nel 2021. Le stime Prometeia indicano un tasso di crescita al 6,2% negli Stati Uniti, 8,6% in Cina e 4,2% nell’Eurozona.
Contribuisce a questa divergenza uno stimolo fiscale senza precedenti negli Stati Uniti – circa 15% del Pil nel 2020, mentre quello recentemente approvato è pari a circa il 9% del Pil – e un forte aumento degli investimenti da parte di aziende pubbliche in Cina.
Fonte: Prometeia