Con l’eccezione della Cina, che ha pienamente recuperato i livelli di attività precedenti la pandemia nel secondo semestre 2020, tutte le principali economie mondiali sono state interessate da una fase recessiva, relativamente meno intensa negli Stati Uniti (-3,5 per cento) rispetto ai paesi europei (con cadute comprese tra il -11 per cento della Spagna e il -4,9 per cento della Germania).
A inizio 2021 le prospettive economiche globali, sebbene ancora caratterizzate da elevata incertezza, indicano un graduale miglioramento, grazie anche all’avvio delle campagne vaccinali in quasi tutti i paesi. Le più recenti previsioni del Fondo Monetario Internazionale, che hanno rivisto al rialzo la dinamica del Pil globale per il 2020 (-3,5 per cento), stimano che l’economia mondiale quest’anno crescerà del 5,5 per cento.
Il contributo della domanda estera netta alla crescita del Pil è stato negativo per tutte le principali economie dell’Area euro, con un impatto meno accentuato per l’Italia e la Germania (rispettivamente per -0,8 e -0,9 punti percentuali) rispetto a Francia e Spagna (-1,5 e -1,9 punti).
La produttività del lavoro per ora lavorata ha registrato in Italia un incremento del 2,7 per cento nel nostro Paese, a fronte di variazioni sostanzialmente nulle nelle altre tre grandi economie europee. In particolare, in Italia il guadagno di produttività è stato minimo (+0,3 per cento) nella manifattura, mentre ha segnato un forte incremento (+2,9 per cento) nel comparto delle costruzioni. La situazione è molto diversificata nel terziario, ma con un calo complessivo delle ore lavorate dell’11,8 per cento si è determinato un aumento della produttività oraria del lavoro particolarmente sostenuto (+4,2 per cento) e del tutto anomalo rispetto alle tendenze del settore servizi.
In un anno caratterizzato da enormi difficoltà in quasi tutti i comparti produttivi, la performance di competitività relativa, colta dall’“Indicatore sintetico di competitività” (ISCo, sintesi degli andamenti di produzione industriale, fatturato estero e grado di utilizzo degli impianti), evidenzia come durante la fase di lockdown si sia determinata una tendenza alla divaricazione della performance relativa dei settori:
- quelli che l’anno precedente avevano registrato dinamiche migliori (ad esempio alimentari, bevande, elettronica) hanno poi manifestato una parziale tenuta
- mentre quelli già meno performanti (ad esempio tessili, abbigliamento, pelli, automobili) hanno continuato a perdere terreno.
Tale tendenza si è invertita nella seconda metà dell’anno, grazie alle riaperture delle attività e al recupero della domanda estera, che ha favorito in particolare il comparto dei mezzi di trasporto.
Export
La flessione delle esportazioni del 2020 è stata diffusa e ha colpito comparti rilevanti del modello di specializzazione italiano: macchinari (-12,6 per cento), tessile abbigliamento e pelli (-19,5 per cento), mezzi di trasporto (-11,6 per cento).
Sono invece aumentate le esportazioni dei settori legati al contrasto della pandemia o meno coinvolti dai provvedimenti di lockdown, quali farmaceutica (+3,8 per cento) e agroalimentare (+1,0 per cento per alimentari, bevande e tabacco, +0,7 per cento per l’agricoltura).
Dopo il rallentamento del biennio 2018-2019, le esportazioni italiane in valore hanno pesantemente risentito degli effetti economici della pandemia (-9,7 per cento, una caduta comunque meno ampia di quella registrata nel 2009, superiore al 20 per cento), con contrazioni di pari entità verso i mercati Ue e verso quelli extra Ue.
Tuttavia l’Italia non sembra avere perso competitività sui mercati esteri: le quote sulle importazioni mondiali sono rimaste sostanzialmente invariate. Secondo un’analisi Constant Market Share gli esportatori italiani hanno difeso la propria posizione sui mercati internazionali grazie soprattutto a due fattori:
- la struttura merceologica e geografica delle nostre esportazioni (i prodotti di punta del modello di specializzazione italiano non hanno perso peso − o ne hanno acquistato − sulle importazioni mondiali, mentre i mercati di destinazione delle merci italiane non hanno perso dinamismo rispetto a quelli dei paesi concorrenti)
- la capacità di competere con successo su prezzi e qualità dei beni.
Considerando i primi cinque partner commerciali dell’Italia (Germania, Francia, Regno Unito, Stati Uniti, Russia e Cina), tra fine 2019 e fine 2020 il loro peso sull’export settoriale ha subito poche variazioni nella gran parte dei comparti; fanno eccezione i mezzi di trasporto (-20 punti percentuali, in gran parte dovuti alla caduta dell’export verso gli Stai Uniti) e il farmaceutico (che ha incrementato l’incidenza verso la Germania). Per le bevande, i prodotti alimentari e i mobili, l’incidenza complessiva dei primi cinque mercati è aumentata superando il 50 per cento del totale delle vendite all’estero.
La contrazione è molto più accentuata e diffusa verso Francia (-11,7 per cento), Regno Unito (-11,1 per cento), Russia (-9,9 per cento) e Spagna (-16,7 per cento). Il calo dell’export verso la Cina è invece molto contenuto (-0,6 per cento), grazie alle vendite di prodotti chimici e in metallo, mentre quelle di prodotti farmaceutici è all’origine della crescita delle esportazioni in Belgio (+4,3 per cento).
Fonte: Rapporto sulla competitività dei settori produttivi (Istat, 2021)