L’Italia, forte di un alto valore di vendite estere di prodotti lavorati - a fronte di un import composto in larga misura da prodotti agricoli o comunque in fasi iniziali di lavorazione - presenta un saldo commerciale in positivo (€ 4,6 miliardi) e si posiziona al nono posto tra gli esportatori mondiali e all’ottavo tra gli importatori.
Il 2022 si prospetta essere un anno ancora di crescita (+19,5% tra gennaio e marzo rispetto allo stesso periodo dello scorso anno), pur mostrando rischi al ribasso legati alle incognite del contesto internazionale e agli aumenti di prezzo delle materie prime agricole.
Il conflitto in Ucraina ha portato a un deterioramento del mercato delle materie prime agricole a cui si sommano condizioni meteo non favorevoli, rincari dei costi di fondamentali input produttivi per la filiera agroalimentare, quali energia e fertilizzanti, e strozzature nella logistica. Russia e Ucraina, insieme, forniscono più del 30% dell’export mondiale di grano, circa il 20% di quelle di mais e l’80% di olio di girasole. L’esposizione italiana a tali beni è riferibile al 50% di olio di girasole, al 17% di mais e al 4% di grano.
Composizione settoriale export italiano di agroalimentare 2021 (€ mld)
Fonte: Elaborazioni SACE su dati Istat
La categoria “Altro” include: prodotti della lavorazione di granaglie, amidi e prodotti amidacei (€ 1,5 mld), prodotti per l'alimentazione degli animali (€ 1 mld), piante vive (€ 0,8 mld), pesce, crostacei e molluschi lavorati e conservati (€ 0,5 mld), pesci e altri prodotti della pesca; prodotti dell'acquacoltura (€ 0,3 mld), prodotti vegetali di bosco non legnosi (€ 0,2 mld), animali vivi e prodotti di origine animale (€ 0,1 mld), legno grezzo (€ 35 mln) e piante forestali e altri prodotti della silvicoltura (€ 3 mln).
Export
Nel 2021 le vendite oltreconfine hanno continuato il percorso di crescita toccando il massimo storico di € 52 miliardi (+11,1% rispetto all’anno precedente).
Nel 2021 le esportazioni verso la Germania, con un peso del 16% sul totale del settore, sono cresciute del 7,6% a € 8,4 miliardi. Quasi la metà dell’export verso il Paese si compone di bevande, altri prodotti alimentari e prodotti di colture permanenti.
Gli Stati Uniti accolgono l’11% delle nostre vendite di agroalimentare per un valore di € 5,6 miliardi, di cui € 2,4 miliardi di bevande.
Segue con lo stesso valore di export la Francia verso cui esportiamo principalmente altri prodotti alimentari, prodotti delle industrie lattiero casearie e prodotti da forno e farinacei.
Altri mercati rilevanti per l’agroalimentare Made in Italy sono Regno Unito, in lieve crescita nonostante alcune criticità burocratiche e logistiche legate alla Brexit e Giappone, grazie anche alle facilitazioni legate all’accordo commerciale tra Giappone e Ue entrato in vigore a fine 2019.
Significativi anche gli incrementi nel 2021 dell’export di agroalimentare verso Polonia (+35,6% rispetto al 2019), Cina (+44,3%) e Corea del Sud (+51,5%).
La crescita del reddito disponibile determina un cambiamento delle abitudini alimentari verso prodotti di maggiore qualità come quelli Made in Italy.
Vino
I vini sono un comparto rilevante dell’export agroalimentare italiano (13,6%, 24,3% considerando “solo” alimentari e bevande). Le vendite oltreconfine di vino hanno chiuso il 2021 con un incremento del 12,4% rispetto all’anno precedente (per un valore di € 7,3 miliardi).
A guidare l’ottima performance sui mercati esteri sono i vini fermi (€ 5,2 miliardi, +9,1%), seguono gli spumanti (€ 1,8 miliardi, +23,7%) con il prosecco che è cresciuto del 31,5% nel 2021.
Il consumo di vini è atteso crescere nel biennio 2022-2023 in media del 3,1%. Si confermano mercati dai consumi in crescita gli Stati Uniti (primo mercato di destinazione del nostro export di vini), Cina e Giappone.
In Germania, seconda geografia per valore del nostro export, i consumi di vino per il prossimo biennio saranno sotto la media di previsione.
Canada e Regno Unito rappresentano un buon connubio di consumi e quota di mercato.
In Svizzera e Belgio invece il nostro posizionamento enologico oltreconfine sembra destinato a flettersi.
Spiccano tra i “mercati minori” dove le imprese italiane potranno cogliere sempre maggiori opportunità: Norvegia, Finlandia, Messico e Repubblica Ceca.
Nel 2021 la Russia ha rappresentato il 12° mercato di destinazione per le esportazioni di vini italiani (con € 149 milioni, pari al 2,1% del totale di vini esportati), dietro al Giappone e davanti alla Cina, con una crescita (+18,4% rispetto al 2020) superiore alla media.
Olio d’oliva
La produzione italiana di oli d’oliva quest’anno è stimata in 315 mila tonnellate (+15,2% rispetto alla precedente campagna). Per l’Italia le esportazioni in valore di olio d’oliva, nel 2021, hanno rappresentato il 3% delle vendite estere del settore agroalimentare.
L’export di olio d’oliva segna una dinamica di crescita pluriennale (+5,5% nel 2021 dopo un anno di pandemia più che positivo: +6,6% rispetto al pre Covid) e ha chiuso l’ultimo anno con un valore esportato pari a € 1,5 miliardi: oltre l’80% dell’export di olio d’oliva è costituito dall’olio extravergine, altro elemento ascrivibile all’ottima qualità dell’olio italiano che può vantare 49 denominazioni Dop, Igp e Stg.
In media, nelle geografie in esame i consumi di olio d’oliva sono attesi crescere del 4% nel biennio 2022-2023.
Il comparto dell’olio d’oliva è caratterizzato da una forte concentrazione internazionale: Stati Uniti, Germania, Francia e Giappone rappresentano il 55,8% dell’intero export italiano di olio d’oliva; in ciascuno di questi Paesi l’Italia è presente con una quota in media del 40%, con un picco di quasi il 60% in Germania (verso cui il valore di export nel 2021 ha raggiunto quasi i € 200 milioni) e che vede gli Stati Uniti principale mercato di destinazione (€ 450 milioni).
Pasta
A livello mondiale nel 2021 sono state prodotte 16,9 milioni di tonnellate di pasta, di cui oltre il 30% nell’Ue, seguono il resto dell’Europa e l’America Latina con circa il 18% ciascuna, l’Africa e il Nord America (rispettivamente 14% e 13%).
L’Italia è il primo produttore mondiale con 3,9 milioni di tonnellate prodotte e una quota del 23%, seguita dagli Stati Uniti, con una produzione di circa 2 milioni di tonnellate (12% la sua quota), dalla Turchia con 1,9 milioni di tonnellate (quota pari all’11%).
Le esportazioni in valore di pasta nel 2021 hanno rappresentato il 5,8% delle vendite estere del settore agroalimentare (il 10,4% del solo comparto alimentare). Quasi il 70% delle esportazioni del settore sono costituite da paste alimentari non cotte né farcite non contenenti uova, il 20% da paste alimentari, ripiene di carne o di altre sostanze, anche cotte o preparate diversamente. Sono 5 le denominazioni Dop, Igp e Stg di cui gode il comparto della pasta.
Per il biennio 2022-2023 i consumi di pasta Made in Italy per le sue maggiori destinazioni estere sono attesi crescere in media del 4%, in linea con i consumi di olio e un punto superiore a quello del vino. Fra i mercati a maggior crescita di consumi, Germania, Francia e Spagna, ma in ottica futura è soprattutto il Brasile a fornire ottime prospettive.
Buone anche le previsioni per i Paesi dell’Europa del Nord e dell’Est: Danimarca, Polonia, Repubblica Ceca, ma soprattutto Finlandia presentano una crescita molto positiva dei consumi futuri, dimostrandosi già mercati ben presidiati.
Forte crescita attesa, ancora una volta, per i consumi cinesi e canadesi che, nonostante non presentino ancora un alto presidio dell’export italiano, si candidano a divenire importanti mercati di sbocco. Un buon mix di presenza italiana e di consumi in crescita è fornito da Israele e dai Paesi del Golfo.
Fonte: Focus on Agroalimentare - SACE (Maggio 2022)