Le previsioni vendemmiali sono l’appuntamento annuale che delinea, in corso di vendemmia, lo stato dei vigneti e presenta le previsioni relative alla produzione e alle tendenze del settore vino.
Con un -46% di precipitazione cumulata da inizio anno a fine luglio rispetto alla media degli ultimi 30 anni, il 2022 si è distinto come l'anno più siccitoso dal 1800 ad oggi, aggravato anche dalle temperature più calde delle ultime cinque decadi.
La siccità e il caldo record non hanno compromesso il vigneto Italia che, all'avvio della campagna vendemmiale, promette uve di qualità, con una quantità che supera la media degli ultimi 5 anni (+3%).
Grazie alle provvidenziali piogge di agosto e all’importante lavoro di ricerca e applicazione di enologi e produttori (che hanno reso la vite sempre più resiliente alle avversità climatiche e metereologiche), la produzione 2022 dovrebbe attestarsi intorno ai 50,27 milioni di ettolitri di vino, la stessa quantità dello scorso anno (50,23 milioni di ettolitri). Questo volume, alla luce di quanto accade in Francia e Spagna, permette all’Italia di mantenere saldamente il primato produttivo mondiale.
La qualità delle uve va da buona a ottima. Molto dipende dalle aree di riferimento, mai come in questa stagione il giudizio quanti-qualitativo è a macchia di leopardo e questo è dovuto essenzialmente a un clima estremo che ha pesantemente condizionato alcune aree.
- Nel Nord Ovest si assiste alla importante flessione della Lombardia, seguita da quella più moderata del Piemonte e della Liguria mentre si stima in crescita la Valle d’Aosta.
- A Nord-Est sembrano in moderato recupero rispetto allo scorso anno sia Trentino Alto Adige che Emilia Romagna, mentre perdite di lieve entità potrebbero esserci in Veneto; in Friuli Venezia Giulia ci si attendono volumi analoghi allo scorso anno.
- Più omogenea la situazione al Centro dove si assiste al deciso recupero produttivo di Umbria e Toscana, seguito da un più moderato aumento di disponibilità di prodotto nelle Marche e nel Lazio.
- Al Sud il lieve aumento produttivo della Puglia si contrappone alla leggera flessione della Sicilia mentre per l’Abruzzo, al momento, si prevede una produzione stabile così come per il Molise e la Calabria. In crescita anche Basilicata e Sardegna.
In questa congiuntura climatica eccezionale il vigneto Italia ha prodotto uve caratterizzate da gradazioni potenziali medio alte. Particolare attenzione è rivolta ai tenori polifenolici delle uve a bacca rossa che determinano potenziali aspettative di eccellenza per i vini da invecchiamento. Dal punto di vista fitosanitario, la situazione del vigneto italiano appare generalmente ottima, con rarissimi attacchi di patogeni.
Le "rese valoriali" del vigneto Italia - secondo un'analisi realizzata dall'Osservatorio Uiv - registrano performance nettamente inferiori rispetto a quelle francesi, che segna una redditività tripla per ogni ettaro coltivato (16,6mila euro vs 6 mila) e per ogni ettolitro prodotto (294 vs 82 euro). I margini di miglioramento per garantire una remuneratività direttamente proporzionale alla qualità prodotta, sono ancora ampi.
Passando ad analizzare la domanda, si evidenzia una buona tenuta dell’export nella componente valore (sostenuto dall’andamento dell’euro debole rispetto al dollaro Usa e con una forte componente inflattiva di base data dall’impennata dei costi di produzione ed energetici) mentre sul fronte consumi si osserva una decisa frenata degli acquisti nei canali della Distribuzione moderna, bilanciata dalla totale riapertura dell’Horeca.
Nel primo semestre dell’anno i principali Paesi (Russia esclusa, data la scelta sovietica di oscurare i dati dall’inizio della guerra) hanno visto calare globalmente i volumi dell’1%, dovuto a un mix di positività sulla componente spumante (+9%) e negatività sul segmento vini fermi confezionati (-3%), con gli sfusi a saldo zero.
Sulla variabile valore, complice anche l’apprezzamento del dollaro americano sull’euro, il dato globale segna +4%, ma anche qui la dinamica vini spumanti/fermi è a doppia cifra: rispettivamente +19% per le bollicine, contro 0,4% per gli still wines.
Fonte: Ismea