23 maggio 2013

India: la riforma nel retail

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Le catene internazionali di supermercati e i grandi distributori stranieri del retail multi marca, possono effettuare IDE fino al 51% in partnership con player locali.

India: la riforma nel retail

L’India ha approvato, il 14 settembre 2012, una importante riforma in tema di liberalizzazioni (“FDI in Multi Brand Retail Trade”). Si è trattata di una decisione storica, destinata ad attrarre investimenti stranieri e a sostenere quelli domestici che avrà un forte impatto in un settore che ha un turnover stimato intorno ai 450 miliardi di Euro.

Attualmente il comparto risulta dominato dal retail non organizzato (in particolar modo dai kirana shops, piccoli negozietti che vendono merce di vario tipo e che sono presenti in tutte le località indiane) che rappresenta più del 90% del mercato complessivo. Fino all’introduzione della riforma, la distribuzione multi marca estera non poteva accedere direttamente al mercato indiano e poteva vendere solo attraverso la formula Business to Business: infatti, alcuni player internazionali quali Wal-Mart e Carrefour erano presenti in India tramite Joint Ventures nel formato cash-and-carry.

Già nel 2011 New Delhi aveva provveduto ad introdurre tale legge, ma la protesta che ne seguì da parte di commercianti indiani e Governatori locali costrinse il Governo a fare marcia indietro: alcuni mesi dopo però, è enttrata in vigore la norma che attualmente consente investimenti stranieri pari al 100% nel commercio al dettaglio di prodotti monomarca.

Considerate le difficoltà riscontrate, il Governo ha quindi deciso di ripresentare la legge sul retail multi marca con alcune limitazioni per gli investitori, che intendono favorire i piccoli commercianti locali. Tra queste:

  • la possibilità di effettuare l’investimento solo nelle città con almeno un milione di abitanti
  • l’investimento minimo da parte dell’investitore straniero, per l’implementazione di nuovi progetti, deve essere pari a 76 milioni di Euro (di cui almeno la metà deve essere destinato allo sviluppo delle infrastrutture)
  • l’obbligo, da parte degli investitori stranieri interessati a comprare progetti esistenti o catene di distribuzione al dettaglio, di destinare ulteriori investimenti per una cifra di almeno 38 milioni di Euro per la creazione di infrastrutture aggiuntive
  • i grandi distributori devono rivolgersi ai piccoli commercianti indiani per approvvigionarsi per almeno il 30% delle risorse
  • la scelta per l’attuazione della legge dipende da ogni singolo Stato (attualmente la legge è in vigore negli stati di Maharashtra, Delhi, Jammu e Kashmir, Haryana, Rajasthan, Uttarakhand, Andhra Pradesh e Assam).

Le ripercussioni derivanti dalla riforma nel multi brand retail saranno sicuramente molto positive, dal momento che sarà in grado di:

  • attrarre investimenti fino a 2.2 miliardi di Euro nel 2013 e nel 2014, secondo il Governo di New Delhi
  • generare ben 10 milioni di posti di lavoro nell’arco di 10 anni, diventando così il più grande settore organizzato in termini di occupazione  (è stato stimato che l'impatto degli IDE nella vendita al
  • dettaglio sarà molto più ampio in termini di occupazione di quello che ha avuto il settore IT)
  • modernizzare il settore retail e la “cold chain”, con una migliore conservazione dei prodotti
  • avere un impatto positivo nei settori collegati al retail
  • garantire maggiori vantaggi per i consumatori che avranno più possibilità di scelta
  • migliorare la supply chain
  • assicurare uno sviluppo infrastrutturale
  • garantire una maggiore trasparenza nel settore agricolo, fino ad ora dominato dagli intermediari
  • portare ad un calo dell’inflazione, causata soprattutto dalle carenze dal lato dell'offerta.

Le sfide da affrontare per gli investitori stranieri sono articolate. Innanzitutto è bene considerare che, secondo molti analisti di mercato, ci vorranno circa 15 anni prima che i formati multi-brand diventino la tendenza nel Paese, considerando la specificità del retail in India.

In secondo luogo, bisogna considerare le problematiche relative a location e affitto: si reputa fondamentale trovare la location giusta sia per i negozi che opereranno in maniera indipendente sia per quelli che saranno situati all’interno dei malls (è importante tenere a mente che l’affitto rappresenta una buona parte dei costi del retailer).

L’India rappresenta la più grande frontiera rimasta nel retail e diversi sono i comparti in cui si profilano concrete opportunità di business, in particolar modo per quanto riguarda food (si prevede che il mercato retail del food possa sperimentare un tasso di crescita del 30% nei prossimi anni), elettronica, lusso e gioielli, abbigliamento ed accessori, che insieme costituiscono quasi l’80% del retail organizzato in India.

Anche il settore arredamento, il cui giro d’affari nel 2011 ha superato i 6 miliardi di Euro, presenta interessanti possibilità per gli investitori stranieri: nel 2016 il suo turnover dovrebbe addirittura raddoppiare e non a caso il gigante del settore, IKEA, ha già intrapreso i passi decisivi per l’accesso al mercato.

Proprio alcune settimane fa, New Delhi ha dato il via libera al gruppo svedese per l’apertura di dieci punti vendita nelle principali città indiane, entro i prossimi dieci anni; l’investimento complessivo da parte di IKEA (il più grande nel settore retail mai autorizzato dal Governo) ammonta a circa 1.5 miliardi di Euro e la stessa multinazionale ha già fatto intendere che questa è solo la prima fase di una operazione che porterebbe all’apertura di altri 15 nuovi stores nel giro dei prossimi 20 anni.

Alessandro Fichera

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