Secondo un recente studio condotto dalla Deutsche Bank, i due Paesi nel 2020 rappresenteranno rispettivamente la seconda e la terza economia mondiale dopo gli Stati Uniti e, da un punto di vista demografico, non può passare inosservato come la somma delle due popolazioni raggiunga i 2 miliardi e 700 milioni di persone, ovvero circa il 35% della popolazione mondiale.
Negli ultimi anni, la Cina ha continuato il suo formidabile processo di espansione economica, con tassi di crescita inimmaginabili, mentre l’India, seppur mantenendosi su livelli più che accettabili, ha sperimentato un rallentamento del proprio sviluppo. Oggi, il vento è cambiato:
- la Cina appare in fase di netta decelerazione
- mentre l’India ha ripreso con vigore il proprio percorso e sono molti gli analisti internazionali che prefigurano per gli anni a venire un sorpasso di New Delhi ai danni di Pechino, sia da un punto di vista economico che da un punto di vista demografico.
Effettivamente, analizzando le più recenti statistiche, ci si accorge che il panorama non è più lo stesso: il Fondo Monetario Internazionale ha evidenziato come:
- la crescita cinese, che nel 2014 si è attestata al 7.4%, nel 2015 e 2016 dovrebbe sperimentare un calo pari al 6.8% e al 6.3%;
- l’India, invece, il cui PIL ha raggiunto il +7.3% nel 2014, secondo le proiezioni aumenterà fino al +7.5% sia nel 2015 che nel 2016 (e dovrebbe toccar quota +7.7% nel 2017 e +7.8% nel 2018). Di fatto, già nell’ultimo trimestre, l’economia del Subcontinente ha scavalcato quella cinese ed entro la fine dell’anno il sorpasso appare inevitabile.
Al di là del sorpasso, vi sono ulteriori aspetti di particolare interesse: non solo l’outlook dell’FMI nei confronti dell’India è decisamente più ottimistico rispetto a quello della Cina (e si tratta della prima volta nel giro degli ultimi decenni), ma la stessa India continuerà a rimanere, anche per il futuro, il Paese con il maggior tasso di crescita tra i principali grandi Paesi cosiddetti “emergenti” e con le prospettive economiche più brillanti.
Analizzando infatti i dati relativi al 2015, ci si rende conto di come tra gli altri BRICS, Brasile e Russia attraversino un momento di difficoltà (le stime indicano un -3.4% per la Russia e un -1.5% per il Brasile) e il Sudafrica si attesti attorno al +2%; tra le altre principali economie mondiali, gli Stati Uniti raggiungono il +2.5% e l’Eurozona il +1.5%.
Ma, tornando al confronto tra Cina e India, cosa fa pendere l’ago della bilancia nei confronti dell’India in questo momento, oltre ai tassi di crescita? Diverse sono le considerazioni in merito:
L’età della popolazione
Quella cinese è in netto calo rispetto a quella indiana: la popolazione in età lavorativa (tra i 15 e i 59 anni) scenderà in Cina dai 930 milioni attuali agli 817 milioni nel 2050, mentre salirà in India da 674 a 940 milioni; tutto ciò si tradurrà, di conseguenza, in un aumento dei costi del lavoro nel mercato cinese, erodendone la competitività.
I consumi domestici
Se in Cina i consumi in rapporto al PIL si attestano attorno al 49.6%, in India schizzano fino al 70.4%: proprio l’espansione del mercato interno e l’elevata propensione al consumo sono stati i principali key driver dell’attuale crescita del Subcontinente.
La sovracapacità produttiva
In Cina la domanda non cresce e il mercato non riesce a assorbire l’eccesso di capacità produttiva, mentre tutto l’opposto accade in India.
L’eccesso di investimenti interni lordi
Nel 2014 la cifra degli investimenti pubblici in relazione al PIL è stata del 46% in Cina, rispetto al 31.6% dell’India: per cui, se la Cina oggi ha pochi margini per poter stimolare la propria economia attraverso tali investimenti, l’India, al contrario, è in grado di accogliere un’enorme quantità di miliardi in particolar modo nel comparto infrastrutturale.
Il debito
Quello cinese è aumentato del 101% dal 2007 al 2014, mentre in India solo del 5%: l’India ha dunque maggiori possibilità di sviluppo.
La bolla immobiliare cinese
I prezzi degli immobili in Cina, che hanno già sperimentato un netto calo, dovrebbero continuare a scendere ed un eventuale scoppio della bolla avrebbe pesanti ripercussioni su tutta l’economia globale; in India non vi è questo tipo di problema.
La deflazione
La diminuzione del livello generale dei prezzi potrebbe davvero creare gravi problemi in Cina; l’India, al contrario, sta attuando le necessarie misure volte al controllo dell’inflazione.
In definitiva, quello che sta accadendo e che potrebbe avvenire in maniera ancora più evidente negli anni a venire, è che il rallentamento economico cinese sta costringendo investitori ed esportatori internazionali ad allargare il proprio raggio d’azione per la ricerca di nuovi mercati e l’India, forse mai come in passato, rappresenta oggi la più valida alternativa.
Il Subcontinente non è un mercato semplice (ammesso che ve ne siano) e ha ancora molta strada da fare, ma gli sforzi impressi e le riforme implementate dal Governo di Narendra Modi al fine di migliorare la facilità di doing business, contesto economico e competitività iniziano a vedersi in maniera eloquente: giusto per fare un esempio, l’India nel 2016 ha fatto un salto di 12 posizioni nell’ “Ease of Doing Business Index” stilato dalla World Bank (dopo un lungo periodo di discesa) e, continuando in questo modo, non potrà che fare significativi miglioramenti anche per i prossimi anni. A tal proposito, le parole del Ministro delle Finanze locale, Arun Jaitley, che ha parlato di India come “nuovo motore della crescita globale” sono l’emblema dell’ottimismo che si respira oggi a New Delhi.
Alessandro Fichera